Lo psicologo risponde
Sono uno psicologo e mi occupo da diversi anni di benessere psico fisico e salute mentale in ambito familiare, scolastico e sanitario. In febbraio e marzo avrei dovuto tenere numerosi seminari in Italia e all’estero, ma ora come ora sto invece affrontando l’ennesimo giorno di quarantena con due bambini piccoli, mia moglie e mia madre nella mia casa in quel di Taranto. Come per molte persone, il mio senso di resilienza sembra essere ogni giorno un po’ più debole del giorno precedente. Le nostre menti sembrano essere consumate dalle idee sulla diffusione del coronavirus e dal suo impatto sulla nostra salute, dei nostri cari, dell’economia e delle relazioni. Come è possibile sostenere la nostra salute mentale e il nostro benessere e quello della nostra comunità reale e virtuale ?
La prima organizzazione
I primi tempi, preso dall’entusiasmo del contrastare l’impatto di ciò che accadeva, ho incominciato a trasformare le mie attività, da fisiche a on line; ho messo subito in funzione un sistema per continuare con le sedute psicologiche singole e di gruppo attraverso aggeggi software e streaming video interattivi; ho sistemato le classi virtuali per continuare, laddove possibile, le attività di formazione per docenti e studenti; ho messo in ordine la contabilità, creato un paio di sistemi di e-learning per la formazione dei nostri medici e infermieri proprio per l’emergenza Covid-19. Con mia moglie abbiamo preparato delle attività possibili per i figli e tanto altro. Tutto questo pare pian piano perdere energia, cala l’entusiasmo, come se la luna di miele di questo nuovo modo di vivere stesse rapidamente esaurendo la sua spinta di reazione all’evento “funesto”. E’ nato il rinnovato interesse per la cucina e il cibo, che seppur creando senso di unione e comunità, ha comportato un certo allargamento delle scorte adipose, si così è corsi al riparo riscoprendo la cyclette con una non certa svogliata partecipazione. Ci siamo inventati lo storytelling intergenerazionale per rinnovare e trasmettere le storie e i miti di famiglia.
Rallentare
Sono anche uno scrittore ma è inverosimile che questo sia il ritiro sabbatico che ho sempre sognato, ho sottovalutato il carico cognitivo ed emotivo che questa pandemia comporta e l’impatto sulla mia produttività, almeno a breve termine. Si sono infatti manifestate difficoltà di concentrazione, bassa motivazione e uno stato di distrazione diffuso. L’adattamento sta richiedendo veramente molto tempo. Ho deciso così di andarci piano prevedendo degli obiettivi più realistici sia per me che per il resto della mia famiglia, in special modo per i bambini. Facendo ricorso al mio “mestiere” ho compreso che bisogna prima consolidare le fondamenta della nostra salute e il benessere mentale, dando la priorità al sonno, evitando l’utilizzo di smartphone e social network in tarda serata e stabilendo delle routine su orari non più guidati più da contingenze dei tempi lavorativi ma da necessità sussurrate dalle reazioni dei nostri corpi.
Mangiare bene
E’ necessario essere consapevoli che potremmo mano mano acquisire abitudini alimentari consolatorie, come l’appoggiarsi all’uso sempre più frequente di bevande alcoliche o concederci eccessive indulgenze facendo dell’eccezione la norma rivolgendoci al cibo spazzatura, chips, salatini e dolcetti che minano man mano anche il nostro sistema immunitario. Potremmo anche concederci altre eccessive indulgenze per gestire lo stress, questo seppure comprensibile, è potenzialmente dannoso sul lungo termine. Esistono numerosissimi metodi per governare la fame consolatoria, tra i quali la MB-EAT.

Campanelli d’allarme
Uno dei modi per gestire i momenti di angoscia che possono affacciarsi anche più di una volta al giorno è quello d’identificare i pensieri chiave e le sensazioni fisiche che tendono a perpetuare ciclo di ansia e la sensazione di essere sopraffatti. Identifichiamo cosi i nostri pensieri: “Perché non riesco a concentrarmi?”, “Perché non riesco a dormire?”, “Se mi ammalo chi baderà ai miei bambini?”, “Come sopravviverò senza lavoro ? E la mia famiglia?”, “Quando finirà ?”. Individuiamo i sentimenti che ne nascono o li hanno generati; vediamo così la frustrazione, la preoccupazione, la tristezza e la paura oltre che le reazioni fisiche che queste generano, come la tensione muscolare, il mal di schiena, il mal di stomaco, la diarrea, i crampi, la sudorazione, l’affanno e quant’altro. A questi campanelli d’allarme, possiamo reagire o pro agire anche prima che si manifestino con una serie di pratiche che possono attenuarli o estinguerli. Si può ricorrere alla mindfulness, alla meditazione, al raccoglimento, allo yoga della risata o semplicemente guardando oltre la finestra, rimirando il cielo come si faceva da bimbi. Approfondiremo presto queste e altre tecniche in una rubrica dedicata di prossima pubblicazione e con live streaming video con risposte in tempo reale.
Spazi e tempi contingentati
Quando siamo molto piccoli, le routine, i modi di fare ciclici, ci stabilizzano e strutturano, essenzialmente ci rassicurano. In effetti le routine aiutano a gestire l’ansia, se si è abbastanza sicure di poterle seguire. E’ generalmente necessario porre dei paletti, dei limiti tra il tempo di lavoro e quello di non lavoro, bisogna creare uno spazio mentale contingentato per il lavoro e per la vita altra, specie quella familiare ma anche quella intima e sessuale. Per chi lavora da casa è bene avere tempi brevi con chiare pause che contribuiscano a sostenere la lucidità del pensiero contrastando un potenziale senso d’irrealtà.

Le buon parole
Le parole, il modo in cui le pronunciamo, come respiriamo, come ci muoviamo, quanto tutto questo racconta di noi e come condiziona i nostri pensieri e l’umore di casa e della nostra famiglia? Provate a pronunciare “oggi ho fatto un buon lavoro, ma sono in casa da tanto” e sentite cosa si genera come sensazione e provate diversamente “sono in casa da tanto, ma oggi ho fatto un buon lavoro”; credo sia veramente diverso. Dobbiamo prendere confidenza con un buon parlare e un buon pensare, formulando così pensieri che generano buoni sentimenti e sensazioni che porteranno a un buon agire.
Le relazioni
Per quanto introversi possiamo essere abbiamo sempre bisogno di relazionarci con gli altri, è una necessità di base per conservare una buona salute mentale e conseguentemente fisica. Possiamo ricreare virtualmente i gruppi che possiamo avere al lavoro, pur con gli stessi pregi e difetti. Siamo in isolamento sociale, ma non abbiamo bisogno di sentirci soli. Un consiglio, è quello di non avere come argomento prevalente le notizie che i media ci forniscono senza sosta sull’andamento dell’epidemia, sui numeri continui e martellanti. Cosa ci giova sapere quante persone si sono infettate oggi? Se proprio si sente la necessità di saperlo, mettiamo la soddisfazione di questo bisogno all’interno di una routine, senza farne costante argomento di relazione. A volte …. prendiamoci del tempo libero dalle notizie opprimenti. Come sono le nostre relazioni in famiglia ? Come erano quelle con il partner prima che l’epidemia ci costringesse a una convivenza continua ? Possiamo ora risolvere i problemi veri o immaginari, guardare oltre la coltre di ciò che era e decidere come avanzare sul percorso intrapreso o indietreggiare ed esacerbare ciò che ci divide in sfavore di ciò che ci unisce. Possiamo in effetti prenderci il tempo per rinvigorire la nostra relazione di coppia e i suoi fondamenti.
Opportunità ?
Visto che tutti o quasi stiamo sperimentando un certo grado di interruzione della vita quotidiana, potremmo anche cogliere l’opportunità per trovare nuovi significati in quella che appare un’esperienza davvero surreale. Ogni volta che siamo costretti a uscire dalle nostre abitudini si manifestano delle nuove occasioni di crescita. L’atto stesso di adattarsi con successo ai cambiamenti e all’imprevedibilità crea flessibilità psicologica , una componente essenziale di una buona salute mentale. E’ forse meglio non sprecare le nostre emozioni e il nostro tempo nel panico delle le ultime notizie. Potremmo invece catalizzarci nel comprendere cosa è realmente importante nella nostra vita preparandoci ad andare avanti per il dopo, più forti, più calmi e più chiari di prima, seppure non senza ferite. Ciò che accade potrebbe essere un rammentarci che nel pianeta che abitiamo ci sono forze più grandi di noi che non si piegano alla nostra volontà. Questo seppure umiliante risulta restituirci la vera dimensione umana, e può rappresentare una svolta significativa nella nostra vita se ci diamo il tempo di assorbire le emozioni e le percezioni di questa esperienza. Possiamo allora riappropriarci di certezze fondamentali e sbarazzarci di falsi miti.

Impermanenza
Possiamo riscoprire il profondo significato dell’impermanenza, del panta rei, riappropriandoci della nostra vulnerabilità che ci definisce come sia come singoli che come specie. La verità è che malgrado il tasso di mortalità di questa pandemia sia considerato relativamente basso, già migliaia di persone hanno perso la vita, con molte altre a venire. Affrontare la nostra impermanenza è un modo potente per liberarci dalla paura e vivere più pienamente. Fare una pausa per riconoscere la fragilità della nostra salute ci incoraggia a compiere un bilancio delle nostre vite e riflettere su come stiamo trascorrendo il nostro tempo limitato, ma potenzialmente ricco, su questo pianeta. Questo che in prima istanza potrebbe terrorizzarci, nella realtà ridona pieno valore ad ogni attimo della nostra vita, che potrebbe essere meglio impiegata che non nel ritrasmettere qualche news sui social. Quali innovazioni possiamo veramente portare nella nostra e nella altrui realtà ? Quanto possiamo alzarci e valorizzare i momenti che passano ?

Interdipendenza
La nostra rete di connessione, come esseri umani, i nostri bisogni e le nostre disponibilità diventano improvvisamente manifesti e indispensabili. La salute personale perde un senso ristretto e si allarga all’altro, salvaguardarsi diventa salvaguardare l’altro. Il nostro comportamento si fonde con quello del nostro vicino, ogni scelta personale influenza la vita dell’altro, come in realtà è sempre stato, solo che ora è palesemente evidente; viaggiare, lavorare, lavarsi accuratamente o non farlo influenza mai come ora se e gli altri. Dobbiamo prenderci cura di noi stessi e fare delle scelte che mostrino considerazione per ogni membro delle nostre comunità. Siamo interdipendenti, è più che evidente. Questa profonda consapevolezza può portare a una svolta personale e globale come mai prima negli ultimi 75 anni, la vita di un’intera generazione.

Gratitudine
La prospettiva di una malattia grave e delle relative cure ci porta già nell’immaginario ad essere grati per chi si potrà prendere cura di noi. Vedere gli altri lottare contro la malattia può ispirarci a prenderci più cura del nostro corpo e ad apprezzare di più, e giudicare di meno, le nostre e la altrui capacità fisiche. Sviluppare la gratitudine amplifica la capacità di godere del momento presente e di ciò che si ha, calmando la bramosia del continuo desiderare quello che non si possiede. Possiamo prendere carta e penna per elencare tutto ciò che possediamo, come valori materiali, sentimenti, principi, relazioni ed accorgerci che per ognuna di queste c’è sempre una connessione con qualcuno a cui poter essere grati.
Possiamo veramente coltivare i valori dell’impermanenza, dell’interdipendenza e della gratitudine, oppure coglierne l’esatto contrario, facendoci sopraffare dall‘ansia, dalla depressione e dalla paura. Sta a noi, ci sono migliaia di abili mezzi da mettere in pratica per sviluppare le prime, come buone attitudini e abilità anche traendole dalle seconde.
Dalle pagine di questo giornale elettronico proveremo ad essere di aiuto, anche istituendo una nuova rubrica di domande e risposte di carattere psicologico volte al benessere e al superamento e integrazione di questo periodo, che come ogni altro passerà, lasciando il terreno per noi e per le nuove generazioni che erediteranno i valori migliori o peggiori che sapremo generare.
Dr. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo
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