La partita tra Freud & Jung
Durante la sua permanenza in Vienna, Jung fu anche oggetto delle spiegazioni di Freud sulla nozione di “libido”, sia in termini generali che particolari; gli fu suggerito che la dementia praecox poteva essere nell’essenza un ritorno all’autoerotismo infantile. Queste spiegazioni lasciarono molto perplesso Jung, che trovò estremante difficile accettare le intuizioni teoriche di Freud; inoltre nacquero una serie di nuovi problemi personali che avrebbero caratterizzato la relazione personale tra Freud e Jung, in quanto quest’ultimo nella sua corrispondenza aveva ripetutamente definito la loro relazione, come quella quasi religiosa tra un padre e un figlio, che ora si poteva dipingere di toni erotici
Fervente sostenitore
Reduce dall’incontro, Jung divenne comunque un fervente sostenitore di Freud presso l’establishment psichiatrico, anche se gli ci volle un mese per poter riprendere la sua corrispondenza con la sua missiva del 31 Marzo 1907. Nella corrispondenza che seguì, Jung ed in particolare nella lettera del 13 Maggio 1907 scrisse di aver sperimentato le idee di Freud in un certo numero di casi, trovandosi ad ammettere che l’autoerotismo fosse un’ovvia ed evidente caratteristica della dementia praecox. Jung presentò una notevole quantità di materiale clinico a cui Freud applicò le sue intuizioni. Le lettere di Freud a Jung sono di particolare importanza in questo senso poiché, per la prima volta, Freud tentò in questo contesto di elaborare un modello per il gruppo patologico dementia praecox-paranoia.
Secondo Freud
In questo contesto, risulta necessario comprendere quello che secondo Freud era il funzionamento dell’apparato psichico; questo risultava da lui descritto come un insieme di sistemi operativi tra loro connessi secondo un ordine fisso, iniziando dal sistema della percezione a garanzia della ricezione degli stimoli provenienti dal mondo esterno o generati dal di dentro per le esigenze dell’organismo stesso. Gli stimoli percepiti venivano condotti attraverso il sistema di memoria che ne attribuiva un significato e un valore affettivo. Una delle dimensioni più profonde del sistema di memoria era l’inconscio, che determinava il profondo significato che avrebbe ricevuto uno stimolo. Strettamente connesso con l’inconscio era il preconscio che determinava l’instradamento o meno verso l’apparato motorio o psichico, dove lo stimolo sarebbe stato neutralizzato o scaricato. Nella prima lettera che indagava il fenomeno della paranoia, Freud cominciò con il seguente esempio: una donna desiderava un rapporto sessuale con un uomo. Il desiderio fu represso, ma riapparve nel seguente modo: ella udiva che la gente diceva di lei che era ansiosa di avere rapporti sessuali e di conseguenza lo negava con veemenza, in quanto calunnia.
Paranoia
Per comprendere il fenomeno, secondo Freud, si doveva distinguere tra le diverse fasi nello sviluppo della paranoia. Pertanto bisognava anche intendere come sorgesse il desiderio per un rapporto sessuale: la pulsione sessuale, che in origine era autoerotica, induceva l’investimento di memorie immaginative di oggetti precedenti, creando così la fantasia sessuale. L’oggetto d’amore, che poi sorgeva, poteva quindi essere represso in vari modi. Tale repressione poteva verificarsi subito prima che il desiderio diventasse cosciente. In questo caso, si era in grado di riconoscere caratteristiche di varie nevrosi. Nella paranoia però, si verificava un diverso tipo di repressione. La libido si ritirava dall’oggetto, diventando nuovamente autoerotica. L’oggetto disinvestito diventava insignificante, in modo
che poteva essere tranquillamente proiettato sul mondo esterno. Questo avvenne nel caso della paziente di Jung oggetto della corrispondenza. Per lei, sembrava essere una semplice osservazione: “La gente dice che io amo il coito”. In un primo momento, la persona in questione era del tutto indifferente a questa suggestione. Ciò che era tipico della paranoia era il fallimento di questa difesa creato dal disinvestimento affettivo e la successiva proiezione della rappresentazione dell’oggetto. La libido non era soddisfatta nella sua regressione alla fase autoerotica e si rivolgeva nuovamente verso l’immagine proiettata. Il desiderio erotico raggiungeva allora il soggetto dal mondo esterno, rendendolo ancora più vulnerabile, poiché per il sistema della percezione tutto ciò che proveniva dal mondo esterno risultava vero. Come conseguenza di ciò, il soggetto si esauriva in una difesa contro l’oggetto reinvestito, che sembrava di percepire continuamente: “La gente dice che io amo il coito Questo è quello che dicono, ma che non è vero”
Frequente masturbazione
Freud esplorò con Jung la Paranoia anche in lettere successive. Jung rispose affermando che anche lui aveva regolarmente incontrato elementi autoerotici nei pazienti con dementia praecox. Questi casi sono stati più volte descritti nelle sue lettere. Egli sottolineava che questi pazienti si masturbavano frequentemente, amavano giocare con i loro escrementi cospargendosi e bevendo urina. Queste erano evidenti regressioni di autoerotismo. Bleuler, con il quale Jung spesso discuteva delle intuizioni di Freud, trovava queste idee più difficili da accettare. Jung si rese ben presto conto che le preoccupazioni personali e le sensibilità emotiva di Bleuler erano qui profondamente coinvolte, ed il tempo della liberazione dal senso di autorità di Bleuler era oramai vicino. Jung fu in effetti molto contento quando poté scrivere a Freud che “Bleuler ha ora accettato il 70% della teoria della libido”. Ad un esame più attento, tuttavia, sembra esserci una notevole differenza tra l’autoerotismo di Freud e quello inteso da Bleuler e Jung. Anche se nelle sue lettere spesso Jung sottolineava che fosse possibile osservare nei pazienti con dementia preacox tutti i tipi di impulsi sessuali perversi e masturbatori, non collegava comunque queste manifestazioni autoerotiche con la perdita della direzionalità dell’oggetto e con la regressione in uno stato del tutto privo d’oggetto. Jung era molto più al ritiro dalla realtà nella fantasia. Egli
infatti scrive:
“Quando lei dice che la libido si ritrae dall’oggetto, intende dire, penso, che si ritrae dall’oggetto reale per normali motivi di rimozione (ostacoli, inappagabilità evidente, ecc.) e si rivolge a una pallida imitazione fantastica del reale, con cui dà poi inizio al suo classico gioco autoerotico. La proiezione verso il concludersi della percezione scaturisce dal desiderio originario di realtà che, quando è inappagabile ecc., si crea la sua realtà per via allucinatoria”.
Jung considerava quindi l’autoerotismo come una fuga nella fantasia che potrebbe anche essere accompagnata da un desiderio di appagamento sessuale autoerotico. Per questo motivo interpretò la proiezione come la realizzazione di un desiderio. Poiché la realtà risultava mancante, il mondo fantasioso veniva proiettato. In questo modo, Jung risolse le difficoltà che accusava con la differenze tra il soddisfacimento allucinatorio del desiderio e la proiezione paranoide. In entrambi i casi, si trattava di una questione di soddisfacimento del desiderio. Nella sua risposta Freud sottolineò questo malinteso:
“Io non ritengo che la libido si ritragga dall’oggetto reale per gettarsi sulla rappresentazione fantastica sostitutiva, di cui poi si serve nel suo gioco autoerotico. Secondo il significato della parola essa infatti non è autoerotica fino a quando ha un oggetto, sia questo reale o fantasticato. Io credo invece che la libido abbandoni la rappresentazione dell’oggetto, e che quest’ultima, essendo appunto rimasta priva di quella carica che la definiva come rappresentazione interna, possa proprio per questo essere trattata come una percezione e proiettata verso l’esterno. Essa allora può, per così dire, venire accolta per un momento freddamente e sottoposta al consueto esame di realtà. ‘Si dice di me che io amo il coito; ora, è proprio quello che si dice, però non è vero.’ Fin qui giungerebbe la rimozione riuscita, allora la libido, resa libera, si manifesterebbe in un qualche modo autoerotico, come nell’infanzia.”
In altre parole, Freud sosteneva che la direzionalità oggettuale scompariva interamente e la libido, così liberata, veniva disinvestita in un autoerotismo privo di oggetto. Nella sua prima lettera sopra analizzata sul problema della paranoia, Freud aveva dato un resoconto più dettagliato di questa idea, affermando che la direzionalità oggettuale origina dal collegare l’istinto sessuale alle immagini mnestiche di oggetti precedenti; nella paranoia questo collegamento potrebbe ancora una volta disintegrarsi. Nella realtà, la visione di Jung era esattamente l’opposto. L’idea di un’immagine disinvestita che potrebbe tornare ad essere
una percezione, gli era un concetto completamente estraneo. Al contrario, Jung incluse il mondo erotico-fantastico nell’autoerotismo. In un sì tale mondo fantastico, le immagini sarebbero così fortemente cariche che diventerebbero allucinate.
Fortemente diversi e inconsapevoli
E’ improbabile che Freud o Jung si rendessero conto di quanto fossero differenti; è anche vero che Freud lamentava che Jung non fosse in grado di considerare l’autoerotismo come privo di oggetto, ma gli mancava probabilmente la consapevolezza delle conseguenze della posizione di Jung. Un’ulteriore differenza o malinteso sorgeva riguardo la distinzione tra dementia praecox e paranoia. Freud li considerava infatti come identici, preferendo comunque usare il termine paranoia. Freud pur ammettendo, sotto l’influenza di Jung, che ci fossero talune differenze tra la dementia praecox, dementia paranoide, e la paranoia, supponeva che queste fossero imputabili solo ad diverso grado con cui il disinvestimento dell’oggetto si qualificasse come una difesa efficace. Uno dei problemi di compatibilità teorica tra i due studiosi si trovava proprio nel modello di sviluppo della patologia, che per Freud era basato sul presupposto che la dementia praecox e paranoia andassero di pari passo. Nel modello Freudiano di disinvestimento, proiezione e reinvestimento delle immagini, ammetteva che il disinvestimento non era osservabile nella paranoia, ma solo in dementia praecox, dove la libido trova il suo sbocco autoerotico. Così da tutta la teoria della proiezione, che era individuata come tipica della paranoia, dipendeva la correttezza del rapporto presunto tra dementia praecox e paranoia. Qui Freud abbandonò l’idea che la proiezione fosse il meccanismo di difesa della paranoia, in quanto si palesò una certa contraddizione tra la proiezione come meccanismo di difesa, e la proiezione come appagamento di desiderio nei sogni così come nelle allucinazioni.
Prigionieri di fantasie, feriti e appagati
Jung, pur essendo di altre idee, non si contrappose né mai attaccò esplicitamente Freud per l’intima connessione che egli poneva tra la dementia praecox e paranoia. In realtà, egli era principalmente interessato alla dementia. Quello che Jung trovò più sorprendente nei suoi pazienti, era la sorta di prigionia, l’essere bloccati all’interno della loro mondo di fantasia. Il problema della distinzione tra due forme di proiezione, che Freud ha formulato sulla base di osservazione della pura paranoia, per lui era semplicemente inesistente. In effetti non condivideva la preoccupazione di Freud riguardo l’individuazione di diversi meccanismi di proiezione, affermando semplicemente che nella dementia praecox, la proiezione consisteva in ‘una miscela folle di appagamento del desiderio e la sensazione di essere feriti’
Dott. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo – Informatico
Bibliografia
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