
Tecnologie informatiche come ausilii comunicativi e alla vita (quinta parte)
Sia la C.A.A. che l’A.T. fanno in definitiva riferimento al concetto di Ausilio, che può essere largamente inteso come quella apparecchiatura, attrezzatura, accorgimento fisico o virtuale che consenta alla persona diversamente abile di attivare o potenziare un percorso di autonomia possibile, nel rispetto delle potenzialità ed esigenze proprie e dell’ambiente circostante.
L’ausilio come Tecnologia Integrativa
Si tratta quindi di un termine generale che fa riferimento sia all’ambito degli oggetti che a quello delle situazioni e strategie. La persona diversamente abile può rapportarsi mediante una serie di azioni o non azioni, svolte con “modalità” non sempre palesemente comprensibili ed efficaci, il compito dell’ausilio è quello di aumentare l’incisività di queste azioni, compiendo se necessario, una elaborazione o una vera e propria opera di trasduzione di codici espressivi e funzionali. Per questo motivo più che di ausilio è più opportuno parlare di un “sistema ausilio”, un apparato più o meno complesso che riceve segnali particolari dalla persona diversamente abile e li ritrasmette in modo più comprensibile ed efficace all’ambiente
circostante.

L’esperienza comune insegna che l’ausilio viene spesso sbrigativamente identificato solo con l’elemento più potente dell’intero sistema, è infatti tipico il caso dell’elemento computer ritenuto il nucleo realmente importante del sistema ausilio al punto da sottovalutare gli altri elementi. Lo schema sopra proposto può fare chiarezza rispetto al fatto che l’ausilio può essere in realtà un sistema composito in cui i singoli componenti hanno diversi ruoli ma non una minore importanza relativa. L’accesso personalizzato (ad esempio un sensore) è tanto importante quanto l’attuatore (un computer) e quest’ultimo non risolve alcun problema se non è corredato di un software opportuno (elaborazione) e se non fornisce un output nelle forme e nei modi adeguati. V’è inoltre da sottolineare che manifestazioni differenziate della disabilità, spesso anche sovrapposte, possono dare luogo ad una gamma pressoché infinita di quadri funzionali, se ne deduce che non esistono soluzioni “standard” in termini di “sistema ausilio” ; si può tentare una classificazione di massima, ricorrendo anche alle norme ISO per l’individuazione di classi funzionali di ausili, ma la soluzione d’ausilio va sempre necessariamente personalizzata, cucita cioè addosso alla persona e al suo ambiente. La personalizzazione non è data necessariamente da una modifica fisica dell’ausilio, ma può essere costituita da una particolare modalità d’uso, di posizionamento dei sensori d’input e nel caso particolare del software, dalla scelta di una determinata modalità d’interazione. Nell’uso e più propriamente nell’aspettativa d’uso è necessario stabilire un fattore fondamentale che confuta una falsa equazione oramai diffusa tra gli operatori del settore:
persona disabile + ausilio tecnologico = persona normale
Questo postulato spesso utilizzato come motivazione all’uso e come fattore persuasivo, è in realtà rivelatore di un investimento emotivo, anche deresponsabilizzante, verso l’ausilio, attribuendogli il ruolo di risolutore di situazioni complesse. L’eguaglianza in termini sopra esposta è un eccessiva semplificazione che invece di risolvere delle problematiche reali può ulteriormente complicarle. Si pensi ad un contesto lavorativo dove venga richiesto un livello di produttività standard da parte degli impiegati, l’ausilio in questo contesto può essere investito del ruolo di normalizzatore della persona verso l’ambiente, esonerando l’ambiente dall’essere coinvolto in cambiamenti e adattamenti sinergici alla persona. Il processo di integrazione richiede viceversa un contributo attivo nell’adattamento reciproco persona-ambiente; in questo senso gli ausili e il loro impiego possono essere più propriamente indicati non come Assistive Technology ma come Tecnologia Integrativa . Ne consegue la caduta di un altro mito che si è andato affermando nel tempo tra gli operatori del settore
persona disabile + ausilio tecnologico = persona autonoma
Quest’equazione non è generalmente falsa ma non è sempre vera, in quanto un ausilio può ad esempio far superare un’invalidità motoria o un problema di comunicazione, ma relativamente ad un ambiente particolare o abituale; inoltre una condizione meccanica relativa ad una disabilità motoria aggirata attraverso l’uso di una tecnologia non necessariamente può porre rimedio a condizioni di disagio psichico che possono essersi presentate nel tempo secondariamente alla costante convivenza con lo stato di disagio fisico. Quindi l’ausilio è solo un mezzo di autonomia possibile e non certa. Rimane poi ancora aperta la questione dell’accettabilità sociale dell’ausilio; ancora oggi si possono osservare gli sguardi attoniti di chi guarda una sedia a rotelle con il suo proprietario comodamente o meno seduto, s’immagini tali sguardi che tentino d’individuare e comprendere la voce proveniente dalla stessa sedia che manifesta le intenzioni o esigenze del suo occupante che semplicemente le stia pensando e non verbalizzando attraverso il suo apparato fonatorio, ma per mezzo di una sintesi vocale computerizzata. Per l’utilizzo degli ausili è necessario prendere in considerazione quelle che sono le relazioni tra la tecnologia e le abilità fisico cognitive della persona (motorie, sensoriali, percettive, linguistiche) non trascurando come sempre l’ambiente.
Grazie per la pazienza
Dott. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo – Informatico
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