Il linguaggio segreto del dolore

“— Hai visto il mio taglierino?

— No.

— E questa carta assorbente sporca di sangue trovata in bagno?

— Mi sono tagliata facendo la ceretta.

— Sul fianco? Sul polso? O forse sulla coscia, sotto i jeans?

Silenzio.

— Posso vedere?

— Mamma, basta!

La ragazza si stringe nelle spalle, si tira giù la manica lentamente, troppo lentamente. La pelle è intatta, troppo intatta. Nessun graffio, nessuna cicatrice visibile. Ma ci sono altri segni, quelli che non si vedono.

Il taglierino è sparito. La lametta del rasoio usa e getta non c’è più. Cerotti in un cassetto, anche se nessuno in casa ha parlato di ferite.

La madre sospira. Non vuole saperlo. Vuole saperlo. Non sa cosa dire. Se insistere o far finta di niente. Se aprire un abisso o lasciarlo chiuso.

— Se c’è qualcosa di cui vuoi parlare… io ci sono.

La ragazza annuisce e abbassa lo sguardo. È la tregua di sempre. Fino alla prossima volta.


L’autolesionismo negli adolescenti

L’autolesionismo è un fenomeno complesso, un sintomo di qualcosa di più profondo. Non è solo un comportamento impulsivo o un gesto per attirare attenzione. È spesso l’unico modo che un adolescente trova per esprimere un dolore che non sa nominare, un dolore che a volte non nasce nemmeno con lui.

Perché gli adolescenti si fanno del male?

Ogni taglio è una storia. Ogni bruciatura, un messaggio. Ogni segno nascosto sotto i vestiti è una parola mai detta. Il dolore fisico diventa una fuga da un dolore più grande, più sottile, più difficile da afferrare.

Le cause possono essere molteplici:

  • Sofferenza emotiva intensa: solitudine, rifiuto, senso di colpa, vergogna.
  • Traumi passati: abusi, bullismo, relazioni tossiche, lutti non elaborati.
  • Dissociazione emotiva: alcuni adolescenti si tagliano per “sentire qualcosa” in mezzo a un’apatia soffocante.
  • Pressione sociale e scolastica: il bisogno di essere perfetti, di non deludere, di essere “abbastanza”.
  • Influenza dei coetanei: a volte l’autolesionismo si diffonde nei gruppi, normalizzandosi.

Ma c’è un altro elemento meno visibile, più profondo: il trauma transgenerazionale.

Il peso invisibile delle generazioni passate

A volte il dolore non appartiene solo all’adolescente. È un’ombra lunga, un’eco di ferite mai rimarginate nelle generazioni precedenti. Studi sulla psicogenealogia e sulle neuroscienze hanno dimostrato che i traumi possono trasmettersi attraverso le generazioni, anche senza essere raccontati.

Un nonno che ha vissuto la guerra e ha imparato a sopravvivere senza piangere. Una madre che ha subito violenza ma non ne ha mai parlato. Un padre cresciuto in un ambiente dove la sofferenza era un tabù. Tutto questo può lasciare un’eredità emotiva invisibile, un senso di angoscia senza nome che si trasmette ai figli, fino a manifestarsi in modi inaspettati.

Alcuni adolescenti si portano addosso un dolore che non è solo loro. Sentono un vuoto, un’ansia, una tristezza che non sanno spiegare. E allora il taglio diventa un modo per dare forma a quell’angoscia, per trasformare qualcosa di impalpabile in qualcosa di concreto.

Un comportamento che si autoalimenta

L’autolesionismo può diventare una dipendenza. Il sollievo momentaneo che segue il taglio crea un circuito nel cervello: più ci si fa male, più si sente il bisogno di farlo. È una forma di anestesia emotiva, un meccanismo di controllo su un dolore che altrimenti sarebbe ingestibile.

E come ogni dipendenza, interromperla non è facile. Per alcuni adolescenti, smettere di tagliarsi è come smettere di respirare: impossibile.

Autolesionismo e suicidio: un confine sottile

Molti genitori, quando scoprono che il proprio figlio si autolesiona, temono il suicidio. In realtà, nella maggior parte dei casi, l’intento non è quello di morire, ma di sopravvivere a un dolore interiore insopportabile. Tuttavia, il rischio di escalation è reale: un taglio può diventare più profondo del previsto, un momento di disperazione può trasformarsi in qualcosa di più grave.

Come affrontare il problema?

Come nel dialogo iniziale, il silenzio è il primo ostacolo. Molti adolescenti nascondono il proprio dolore perché temono di essere fraintesi, giudicati o puniti. E molti genitori, spaventati, non sanno come reagire.

Ecco alcune strategie fondamentali:

  • Non reagire con rabbia o paura: il primo istinto potrebbe essere quello di rimproverare, ma la vergogna e il senso di colpa non fanno che aggravare il problema.
  • Ascoltare senza giudicare: una semplice domanda come “Vuoi parlarmene?” può aprire più porte di mille discorsi.
  • Non minimizzare né drammatizzare: dire “è solo una fase” è tanto dannoso quanto reagire con panico.
  • Riconoscere il dolore senza incentivarlo: mostrare empatia, ma senza trasformare l’autolesionismo in un mezzo per ottenere attenzione o affetto.
  • Offrire alternative: scrivere, disegnare, fare attività fisica possono aiutare a incanalare il dolore in modo più costruttivo.
  • Chiedere aiuto a un professionista: uno psicologo può aiutare l’adolescente a comprendere le radici del proprio malessere e trovare strategie più sane per affrontarlo.

Curare la ferita invisibile

Un taglio non è solo un segno sulla pelle. È un messaggio. Un sintomo. Un modo per dire “sto soffrendo” senza usare parole.

E se è vero che il dolore può attraversare le generazioni, è anche vero che la guarigione può fare lo stesso. Ogni famiglia ha il potere di spezzare la catena, di trasformare il silenzio in dialogo, il peso in leggerezza, il dolore in cura.

Non si tratta solo di impedire un gesto, ma di cambiare una storia. E, forse, di riscriverla insieme.

Egidio Francesco Cipriano

Image by Victoria from Pixabay

Egidio Francesco Cipriano

Già docente a contratto presso le Università di Teramo e di Chieti, inizia la sua attività lavorativa e di ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie e nello sviluppo di strumenti software intelligenti, diventa Presidente della Società delle Scienze Informatiche e Tecnologiche e si occupa di Cybersecurity, CyberIntelligence e CyberCrime; è autore di diversi testi, quali “Bullismo e Cyberbullismo – Comprendere per Prevenire” per Amazon, Eucip Business & System Analyst per i tipi di Hoepli e altri; ben presto realizza che l’informatica si pone spesso come una riduzione di quello che l’uomo suppone essere la struttura della sua mente. Inizia così i suoi studi negli USA e in Italia, in ambito psicologico della comunicazione, della psicogenealogia di Annè Ancelin Schützenberger e della PNL non trascurando la Psicologia Analitica di C.G. Jung e le Costellazioni Familiari secondo Bert Hellinger. Laureatosi in Psicologia oltre che in Scienze Pedagogiche consegue in seguito tre master universitari di specializzazione in “Mediazione Familiare e negoziazione del conflitto”, “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” e “Didattica avanzata”. Si specializza in psico teatro per adulti e bambini ed elabora un sistema di Mindfulness transgenerazionale. Negli anni tra la sua esperienza in New York e quella in Italia pratica e si certifica come facilitatore di Terapia Cranio Sacrale e Traumatic Incident Reduction per il trattamento del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Si specializza nella rilevazione del Disturbo Narcisistico di Personalità e nel supporto e recovery delle persone codipendenti da narcisisti ("vittime") . Ha ricoperto il ruolo di E-learning Manager presso la ASL di Taranto progettando e gestendo percorsi formativi in ambito sanitario. E' attualmente vicepresidente dell'associazione Aps Art 21 e presiede il comitato tecnico scientifico dell'osservatorio permanente sulla disabilità (Osperdi) occupandosi anche di Assistive Technology come supporto alle persone diversamente abili.

Di Egidio Francesco Cipriano

Già docente a contratto presso le Università di Teramo e di Chieti, inizia la sua attività lavorativa e di ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie e nello sviluppo di strumenti software intelligenti, diventa Presidente della Società delle Scienze Informatiche e Tecnologiche e si occupa di Cybersecurity, CyberIntelligence e CyberCrime; è autore di diversi testi, quali “Bullismo e Cyberbullismo – Comprendere per Prevenire” per Amazon, Eucip Business & System Analyst per i tipi di Hoepli e altri; ben presto realizza che l’informatica si pone spesso come una riduzione di quello che l’uomo suppone essere la struttura della sua mente. Inizia così i suoi studi negli USA e in Italia, in ambito psicologico della comunicazione, della psicogenealogia di Annè Ancelin Schützenberger e della PNL non trascurando la Psicologia Analitica di C.G. Jung e le Costellazioni Familiari secondo Bert Hellinger. Laureatosi in Psicologia oltre che in Scienze Pedagogiche consegue in seguito tre master universitari di specializzazione in “Mediazione Familiare e negoziazione del conflitto”, “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” e “Didattica avanzata”. Si specializza in psico teatro per adulti e bambini ed elabora un sistema di Mindfulness transgenerazionale. Negli anni tra la sua esperienza in New York e quella in Italia pratica e si certifica come facilitatore di Terapia Cranio Sacrale e Traumatic Incident Reduction per il trattamento del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Si specializza nella rilevazione del Disturbo Narcisistico di Personalità e nel supporto e recovery delle persone codipendenti da narcisisti ("vittime") . Ha ricoperto il ruolo di E-learning Manager presso la ASL di Taranto progettando e gestendo percorsi formativi in ambito sanitario. E' attualmente vicepresidente dell'associazione Aps Art 21 e presiede il comitato tecnico scientifico dell'osservatorio permanente sulla disabilità (Osperdi) occupandosi anche di Assistive Technology come supporto alle persone diversamente abili.

Lascia un commento