Nessuno salva nessuno


Ci sono mani tese che non raggiungono, voci che gridano aiuto solo in apparenza, occhi che cercano senza voler davvero vedere. Esiste un confine sottile e struggente tra l’amore e l’invasione, tra il desiderio autentico di sostenere l’altro e il bisogno segreto, narcisistico, di sentirsi salvatori.

Sien, una giovane prostituta dei bassifondi olandesi, incinta, alcolizzata, madre di una bambina, incarna questa soglia. Vincent Van Gogh la incontra nel 1882. E come spesso accade agli spiriti fragili e infiammabili, proietta su di lei il suo bisogno di senso, di redenzione, di bellezza da scovare nella miseria. Le offre casa, affetto, presenza. Si immagina padre, amante, salvatore. Scrive al fratello Theo con entusiasmo: è pronto a sposarla, a prendersi cura di lei e dei suoi figli. Si sposta in una casa più grande. La dipinge. Le offre tutto ciò che possiede, compreso il suo sogno di redenzione.

Ma Sien non cambia. O forse cambia per un attimo, poi ritorna. Riprende il suo mestiere. Non chiede davvero di essere salvata. Vincent, infine, la lascia. Scriverà a Theo: “Sapevo sin dall’inizio che era una persona persa, ma speravo potesse ritrovare la sua strada. Ora mi rendo conto che era già troppo tardi”. Due decenni più tardi, Sien si getta nel fiume Schelda. Il cerchio si chiude. Nessuno l’aveva salvata. Nessuno poteva.

Una verità scomoda:

L’aiuto non richiesto è spesso dannoso. E l’amore che vuole “aggiustare” è un amore cieco.

Bert Hellinger, nelle sue intuizioni più profonde, ci ha insegnato che esistono ordini nell’aiuto. Non si può offrire ciò che non ci è stato chiesto, non si può sostenere chi non ha scelto di reggersi in piedi. L’aiuto efficace, quello che libera, non nasce dall’impulso o dalla proiezione, ma dall’ascolto e dall’umiltà.

Primo ordine: aiutare solo se si è chiamati.
Secondo ordine: aiutare solo se si è in grado di farlo.
Terzo ordine: aiutare senza sostituirsi.

E in tutto questo, c’è un’implicita preghiera: che l’altro si voglia salvare. Perché nessuno, nemmeno il più amorevole terapeuta, può forzare una liberazione. Ogni intervento che scavalca la volontà dell’altro, ogni tentativo di riscatto costruito sull’idea che “so cosa è meglio per te”, è violenza benintenzionata. È dominio travestito da premura.

E chi fa il nostro mestiere, chi cammina accanto a chi soffre, deve sapere che l’amore terapeutico è fatto di rispetto, attesa e, soprattutto, rinuncia all’onnipotenza. Non siamo chiamati a salvare nessuno, ma a esserci. E quando c’è il permesso, a porgere strumenti, non soluzioni. Le soluzioni – quelle vere – sono sempre un parto interiore. Nessuno le può donare. Nessuno le può imporre.

Oggi è il 25 aprile.

Si celebra la Liberazione. Ma da cosa, davvero, ci si libera? E chi può dirsi libero?

Nel 1945, le truppe alleate – principalmente americani e britannici – entrano in Italia e aiutano a sconfiggere le forze dell’Asse. Una parte degli italiani li accolse come liberatori. I partigiani, molti dei quali giovani e impreparati, avevano già acceso il fuoco del cambiamento. C’è chi dice, tra verità e deliri complottisti, che tra le ombre del potere, alcune forze occulte – mafie, clan, interessi politici – forse agevolarono l’arrivo degli alleati, vedendo nell’occupazione straniera una nuova occasione.

E allora la domanda torna, crudele e attuale: essere liberati da altri, è davvero essere liberi? O è solo un cambio di padrone? La vera libertà non è mai un dono. È una conquista interiore. Una fatica collettiva e individuale. Chi è stato salvato senza aver scelto e guadagnato la salvezza, resta in debito. Resta dipendente. Resta prigioniero.

Come nella vita, così nella storia. Come in terapia, così nella politica. Non si può forzare la libertà. Può esserci solo un accompagnamento, una cornice, un contesto. Ma il passo, la scelta, l’uscita, devono venire dall’interno.

La liberazione più autentica è personale, silenziosa, lenta. È il momento in cui un popolo – o un’anima – dice: “Non voglio più questo giogo”. E lo dice da sola.

È la stessa logica che guida il vero amore: non ti salvo, ma ti tengo la mano se lo vuoi. Non ti spingo, ma cammino accanto a te. Non decido per te, ma rispetto la tua oscurità. Anche se mi ferisce. Anche se ti perdo. Anche se non capisco.

Van Gogh, lasciando Sien, fece un atto di dolore e maturità. Non poteva più nutrire un sogno che lei non condivideva. Non poteva restare a vivere in una casa in cui l’altro restava assente, anche se presente. E in quell’addio c’è la dignità di chi ha capito che l’amore, se non è accolto, non fiorisce. Che la speranza, se non trova terreno, non germoglia. Che anche il dolore dell’abbandono può essere un atto d’amore.

E allora, nei giorni delle celebrazioni e dei ricordi, ricordiamo anche questo:
che la libertà non è una festa, ma un lavoro. Non un evento, ma un cammino.
E che nessun popolo, nessun terapeuta, nessun innamorato può redimere chi non vuole rinascere.

Ma un seme, quello sì, si lascia sempre. Silenzioso. Invisibile. Piccolo. E se un giorno, in un tempo che non conosciamo, l’anima che oggi rifiuta, che oggi si chiude, lo vorrà, quel seme germoglierà. Non per merito nostro. Ma per una misteriosa alchimia della grazia.

Perché certi destini non ci appartengono. E vanno lasciati nelle mani di Dio. O di chi per lui. E l’umiltà, oggi più che mai, è l’unica vera forma di libertà che possiamo offrire e coltivare.

Egidio Francesco Cipriano

Immagine generata da AI con prompt specifico

Egidio Francesco Cipriano

Già docente a contratto presso le Università di Teramo e di Chieti, inizia la sua attività lavorativa e di ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie e nello sviluppo di strumenti software intelligenti, diventa Presidente della Società delle Scienze Informatiche e Tecnologiche e si occupa di Cybersecurity, CyberIntelligence e CyberCrime; è autore di diversi testi, quali “Bullismo e Cyberbullismo – Comprendere per Prevenire” per Amazon, Eucip Business & System Analyst per i tipi di Hoepli e altri; ben presto realizza che l’informatica si pone spesso come una riduzione di quello che l’uomo suppone essere la struttura della sua mente. Inizia così i suoi studi negli USA e in Italia, in ambito psicologico della comunicazione, della psicogenealogia di Annè Ancelin Schützenberger e della PNL non trascurando la Psicologia Analitica di C.G. Jung e le Costellazioni Familiari secondo Bert Hellinger. Laureatosi in Psicologia oltre che in Scienze Pedagogiche consegue in seguito tre master universitari di specializzazione in “Mediazione Familiare e negoziazione del conflitto”, “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” e “Didattica avanzata”. Si specializza in psico teatro per adulti e bambini ed elabora un sistema di Mindfulness transgenerazionale. Negli anni tra la sua esperienza in New York e quella in Italia pratica e si certifica come facilitatore di Terapia Cranio Sacrale e Traumatic Incident Reduction per il trattamento del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Si specializza nella rilevazione del Disturbo Narcisistico di Personalità e nel supporto e recovery delle persone codipendenti da narcisisti ("vittime") . Ha ricoperto il ruolo di E-learning Manager presso la ASL di Taranto progettando e gestendo percorsi formativi in ambito sanitario. E' attualmente vicepresidente dell'associazione Aps Art 21 e presiede il comitato tecnico scientifico dell'osservatorio permanente sulla disabilità (Osperdi) occupandosi anche di Assistive Technology come supporto alle persone diversamente abili.

Di Egidio Francesco Cipriano

Già docente a contratto presso le Università di Teramo e di Chieti, inizia la sua attività lavorativa e di ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie e nello sviluppo di strumenti software intelligenti, diventa Presidente della Società delle Scienze Informatiche e Tecnologiche e si occupa di Cybersecurity, CyberIntelligence e CyberCrime; è autore di diversi testi, quali “Bullismo e Cyberbullismo – Comprendere per Prevenire” per Amazon, Eucip Business & System Analyst per i tipi di Hoepli e altri; ben presto realizza che l’informatica si pone spesso come una riduzione di quello che l’uomo suppone essere la struttura della sua mente. Inizia così i suoi studi negli USA e in Italia, in ambito psicologico della comunicazione, della psicogenealogia di Annè Ancelin Schützenberger e della PNL non trascurando la Psicologia Analitica di C.G. Jung e le Costellazioni Familiari secondo Bert Hellinger. Laureatosi in Psicologia oltre che in Scienze Pedagogiche consegue in seguito tre master universitari di specializzazione in “Mediazione Familiare e negoziazione del conflitto”, “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” e “Didattica avanzata”. Si specializza in psico teatro per adulti e bambini ed elabora un sistema di Mindfulness transgenerazionale. Negli anni tra la sua esperienza in New York e quella in Italia pratica e si certifica come facilitatore di Terapia Cranio Sacrale e Traumatic Incident Reduction per il trattamento del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Si specializza nella rilevazione del Disturbo Narcisistico di Personalità e nel supporto e recovery delle persone codipendenti da narcisisti ("vittime") . Ha ricoperto il ruolo di E-learning Manager presso la ASL di Taranto progettando e gestendo percorsi formativi in ambito sanitario. E' attualmente vicepresidente dell'associazione Aps Art 21 e presiede il comitato tecnico scientifico dell'osservatorio permanente sulla disabilità (Osperdi) occupandosi anche di Assistive Technology come supporto alle persone diversamente abili.

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