La prostituzione, il fisco e il volto umano di un’economia invisibile

C’è un tempo in cui le statistiche si accorgono dei corpi, ed è un tempo delicato, ambiguo, sospeso tra riconoscimento e sorveglianza. Recentemente, nel silenzio solo apparente delle carte amministrative, è emersa una notizia che potrebbe segnare una svolta culturale prima ancora che fiscale: per la prima volta, anche in Italia, le attività di accompagnamento e i servizi sessuali vengono inclusi tra le attività economiche ufficialmente codificate. Un nuovo codice identifica escort, accompagnatori, agenzie di incontri e, in parte, servizi connessi al mondo della prostituzione.La classificazione, nata da un aggiornamento tecnico, potrebbe sembrare un dettaglio burocratico. Eppure, dietro quei numeri, si muovono corpi, storie, silenzi. E la posta in gioco è alta: cosa accade quando lo Stato riconosce, attraverso un codice Ateco, ciò che fino a ieri restava in una zona d’ombra legale e sociale?

Prostituzione legale o solo tollerata

La questione si annoda attorno a un paradosso tutto italiano: la prostituzione, in sé, non è reato. Ma lo sono lo sfruttamento, l’induzione, il favoreggiamento. E proprio per questo la figura del “cliente” è sempre stata protetta da una sorta di invisibilità giuridica, mentre chi organizza, accompagna o semplicemente offre se stesso è spesso lasciato in balia di un sistema contraddittorio, che non tutela né vieta, ma al tempo stesso stigmatizza e sfrutta.Con l’adozione dei nuovi codici statistici, l’intento dichiarato è quello di offrire una fotografia più realistica dell’economia sommersa, in linea con gli standard europei. Ma il rischio è che questa fotografia si trasformi in un atto di accusa: chi si registra, chi apre partita IVA per offrire “servizi di accompagnamento”, si espone non solo al fisco ma, potenzialmente, anche al giudizio penale, se le autorità decidessero di interpretare la sua attività come favoreggiamento o sfruttamento.

Una questione di genere (e di potere)

Non è più, e non lo è da tempo, un fenomeno unicamente maschile. Le statistiche non ufficiali parlano chiaro: sono in crescita le donne che acquistano servizi sessuali, i giovani che si vendono, le coppie che cercano esperienze alternative, le persone LGBTQ+ che trovano nella prestazione sessuale a pagamento, loro malgrado, uno spazio di sopravvivenza. Cambia la domanda, muta l’offerta, si trasforma la cornice simbolica in cui tutto ciò accade. Non si tratta solo di “vendere il corpo”: spesso si vende tempo, ascolto, compagnia. In un’epoca di relazioni sempre più frammentate, in cui l’intimità è diventata oggetto di consumo e la solitudine una pandemia silenziosa, il sesso a pagamento si fa esperienza relazionale paradossale: simulacro di vicinanza, contratto di disponibilità emotiva.E in tutto questo, la dimensione psicologica non può essere ignorata.

Psicologia della domanda: chi è il cliente oggi?

Lontano dallo stereotipo del maschio predatore, il cliente moderno assume forme molteplici. È un uomo solo, talvolta vedovo, che cerca calore umano. È una donna matura, emancipata, che acquista la compagnia di un giovane con cui sentirsi ancora desiderata. È un manager oberato che non ha tempo per coltivare relazioni e preferisce la chiarezza di un accordo. È una persona queer che non trova nel mercato dell’amore gratuito uno spazio sicuro.La motivazione più ricorrente, però, resta la ricerca di un’esperienza di contatto esente dal rischio della delusione. Non si paga solo il corpo: si paga l’assenza del rifiuto. Una forma paradossale di “controllo del rischio emotivo”. L’illusione che tutto possa essere contratto, previsto, contenuto.

E chi vende?

Anche qui, lo scenario è vasto e sfaccettato. Per molte persone, la prostituzione è una scelta consapevole, dettata dalla possibilità di guadagno, dalla flessibilità oraria, o persino da un senso di potere sul desiderio altrui. Ma per altre, moltissime altre, è una forma di sopravvivenza. Dietro a molti profili patinati di escort, si nascondono storie di abusi, traumi, migrazioni forzate, dipendenze, povertà.Il lavoro sessuale può generare forme di dissociazione psicologica: il corpo come luogo scisso, che appartiene al cliente mentre la mente fugge altrove. Alcuni lo raccontano come una forma di automutilazione emozionale, altri come un esercizio estremo di controllo. Tutti, prima o poi, devono fare i conti con l’impatto psichico del continuo attraversamento tra finzione e realtà, tra intimità simulata e distacco reale.Eppure, in certi casi, la prostituzione può essere vissuta come forma di empowerment. Dipende dal contesto, dal grado di libertà, dalla possibilità di scegliere, rifiutare, autodeterminarsi.

Tra regolamentazione e ipocrisia

Il dibattito sulla regolamentazione della prostituzione è antico e mai davvero risolto. La legge Merlin, che nel 1958 ha chiuso le case di tolleranza, si fondava su un’idea di emancipazione e tutela, ma oggi mostra tutti i suoi limiti. La clandestinità non ha liberato le donne: le ha solo rese meno visibili. E forse anche meno protette.Rendere il lavoro sessuale una professione riconosciuta, regolamentata, potrebbe significare dare diritti: accesso alla previdenza, alla salute, alla giustizia. Ma significherebbe anche cambiare lo sguardo. Accettare che la sessualità non è sempre amore, che il corpo può essere luogo di scambio economico, che l’intimità ha molte forme. E che non tutto ciò che è scabroso è per forza ignobile.Il problema è che il nostro sistema legislativo vive ancora una profonda ambivalenza: punisce il contesto, ma non l’atto. Ignora il desiderio, ma controlla il corpo. E dietro la nuova classificazione fiscale si intravede il rischio di un’accettazione solo apparente: si tassa ciò che non si vuole realmente vedere.

Corpi, dati, anime

I nuovi codici statistici sono numeri. Ma le vite che vi si nascondono non lo sono. C’è un mercato – sì – da miliardi. Ma ci sono anche anime in bilico. Persone che danno, prendono, fingono, cercano. Corpi che amano, si dissociano, si vendono. E forse, ogni tanto, si ritrovano.Rendere visibile non basta. Serve uno sguardo umano, consapevole, non giudicante. Serve una cultura che sappia distinguere tra sfruttamento e libertà, tra mercificazione e scelta. E forse, anche, un lessico nuovo: capace di dire il desiderio, senza per forza redimerlo o condannarlo

Egidio Francesco Cipriano

immagini Pixabay

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Egidio Francesco Cipriano

Già docente a contratto presso le Università di Teramo e di Chieti, inizia la sua attività lavorativa e di ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie e nello sviluppo di strumenti software intelligenti, diventa Presidente della Società delle Scienze Informatiche e Tecnologiche e si occupa di Cybersecurity, CyberIntelligence e CyberCrime; è autore di diversi testi, quali “Bullismo e Cyberbullismo – Comprendere per Prevenire” per Amazon, Eucip Business & System Analyst per i tipi di Hoepli e altri; ben presto realizza che l’informatica si pone spesso come una riduzione di quello che l’uomo suppone essere la struttura della sua mente. Inizia così i suoi studi negli USA e in Italia, in ambito psicologico della comunicazione, della psicogenealogia di Annè Ancelin Schützenberger e della PNL non trascurando la Psicologia Analitica di C.G. Jung e le Costellazioni Familiari secondo Bert Hellinger. Laureatosi in Psicologia oltre che in Scienze Pedagogiche consegue in seguito tre master universitari di specializzazione in “Mediazione Familiare e negoziazione del conflitto”, “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” e “Didattica avanzata”. Si specializza in psico teatro per adulti e bambini ed elabora un sistema di Mindfulness transgenerazionale. Negli anni tra la sua esperienza in New York e quella in Italia pratica e si certifica come facilitatore di Terapia Cranio Sacrale e Traumatic Incident Reduction per il trattamento del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Si specializza nella rilevazione del Disturbo Narcisistico di Personalità e nel supporto e recovery delle persone codipendenti da narcisisti ("vittime") . Ha ricoperto il ruolo di E-learning Manager presso la ASL di Taranto progettando e gestendo percorsi formativi in ambito sanitario. E' attualmente vicepresidente dell'associazione Aps Art 21 e presiede il comitato tecnico scientifico dell'osservatorio permanente sulla disabilità (Osperdi) occupandosi anche di Assistive Technology come supporto alle persone diversamente abili.

Di Egidio Francesco Cipriano

Già docente a contratto presso le Università di Teramo e di Chieti, inizia la sua attività lavorativa e di ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie e nello sviluppo di strumenti software intelligenti, diventa Presidente della Società delle Scienze Informatiche e Tecnologiche e si occupa di Cybersecurity, CyberIntelligence e CyberCrime; è autore di diversi testi, quali “Bullismo e Cyberbullismo – Comprendere per Prevenire” per Amazon, Eucip Business & System Analyst per i tipi di Hoepli e altri; ben presto realizza che l’informatica si pone spesso come una riduzione di quello che l’uomo suppone essere la struttura della sua mente. Inizia così i suoi studi negli USA e in Italia, in ambito psicologico della comunicazione, della psicogenealogia di Annè Ancelin Schützenberger e della PNL non trascurando la Psicologia Analitica di C.G. Jung e le Costellazioni Familiari secondo Bert Hellinger. Laureatosi in Psicologia oltre che in Scienze Pedagogiche consegue in seguito tre master universitari di specializzazione in “Mediazione Familiare e negoziazione del conflitto”, “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” e “Didattica avanzata”. Si specializza in psico teatro per adulti e bambini ed elabora un sistema di Mindfulness transgenerazionale. Negli anni tra la sua esperienza in New York e quella in Italia pratica e si certifica come facilitatore di Terapia Cranio Sacrale e Traumatic Incident Reduction per il trattamento del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Si specializza nella rilevazione del Disturbo Narcisistico di Personalità e nel supporto e recovery delle persone codipendenti da narcisisti ("vittime") . Ha ricoperto il ruolo di E-learning Manager presso la ASL di Taranto progettando e gestendo percorsi formativi in ambito sanitario. E' attualmente vicepresidente dell'associazione Aps Art 21 e presiede il comitato tecnico scientifico dell'osservatorio permanente sulla disabilità (Osperdi) occupandosi anche di Assistive Technology come supporto alle persone diversamente abili.

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