
Sembra fantascienza, e forse lo è. Ma è anche realtà scientifica. Alcuni scienziati cinesi, in un laboratorio dell’Accademia delle Scienze Militari, sono riusciti a introdurre con successo il DNA di un tardigrado all’interno di cellule staminali umane. Il loro obiettivo? Proteggere l’uomo dagli effetti devastanti delle radiazioni, in un mondo sempre più esposto a scenari estremi: dallo spazio profondo ai disastri ambientali, dalle terapie oncologiche ai possibili utilizzi in ambito militare.
Il gene chiave si chiama Dsup, acronimo di damage suppressor. Si trova naturalmente nei tardigradi, minuscoli invertebrati conosciuti per la loro capacità di sopravvivere in condizioni estreme, dal vuoto spaziale ai congelamenti totali. Questo gene è in grado di proteggere il DNA dalle rotture provocate dalle radiazioni ionizzanti. Quando gli scienziati lo hanno inserito in cellule umane in vitro, quasi il 90% di esse ha resistito a dosi normalmente letali di raggi X.
La ricerca, pubblicata da fonti autorevoli come Nature Communications e ripresa anche dalla stampa internazionale, è ancora confinata al laboratorio. Nessun essere umano è stato geneticamente modificato con Dsup, almeno per ora. Ma la possibilità – e la tentazione – è lì, reale come il freddo metallo degli strumenti di laboratorio o il silenzio immobile delle camere sterili.
Sulla soglia del possibile
È qui che il racconto si biforca. Da un lato c’è l’entusiasmo per un’applicazione che potrebbe rivoluzionare l’esplorazione spaziale, migliorare le terapie oncologiche e proteggere il nostro DNA da mutazioni irreparabili. Dall’altro, si affaccia il fantasma della bioetica: dove finisce il progresso e dove comincia la manipolazione? Possiamo potenziare il corpo umano senza alterare la nostra idea di umanità?
Nel 2018, il caso del genetista cinese He Jiankui, che annunciò la nascita di due gemelle geneticamente modificate per resistere all’HIV, ha scosso il mondo. Un’operazione condotta senza trasparenza, senza un consenso pienamente informato, e con conseguenze ancora ignote. Fu condannato, eppure il seme del potenziamento umano era già stato piantato.
L’ibridazione come orizzonte
Alcuni intellettuali parlano di “ibridazione uomo-macchina”, ma qui si apre un altro fronte: quello dell’ibridazione uomo-natura. Perché proprio la biologia – quella più antica, minuscola e apparentemente irrilevante – potrebbe offrirci gli strumenti per superare i nostri limiti. Non è un robot, ma un essere invisibile a occhio nudo, il tardigrado, a indicarci la via. Forse l’evoluzione futura non sarà fatta di chip sottopelle, ma di geni silenziosi e antichi che abbiamo appena imparato a decifrare.
E mentre i laboratori costruiscono futuri possibili,
nei meandri del microcosmo si agita una poesia muta:
un essere d’acqua e resistenza,
che ha visto passare i secoli senza cambiare nome,
che sopravvive dove la vita si spegne,
e sussurra, tra le pieghe della materia:
«Non serve dominare, ma adattarsi».
Non serve correre nello spazio,
ma imparare a esistere nel vuoto.
Il corpo potenziato forse non sarà mai immortale,
ma potrà contenere un ricordo più profondo della terra,
del freddo, del silenzio, della lotta gentile per restare.
E se un giorno saremo in grado di vivere su Marte,
forse sarà grazie a un piccolo essere
che abita già dentro di noi,
nel codice, nella memoria, nella soglia
tra ciò che siamo e ciò che possiamo diventare.
Un’etica della meraviglia
Quello che ci resta da fare, oggi, è osservare con attenzione e senso critico. Non si tratta di essere a favore o contro. Ma di ascoltare. La scienza, come la poesia, è fatta anche di silenzi, di pause, di domande. La più urgente è forse questa: possiamo modificare la nostra specie senza perdere la nostra umanità? O sarà proprio attraverso l’umile tardigrado – il piccolo, il dimenticato, il resistente – che impareremo una nuova forma di equilibrio con l’universo?
Forse il potenziamento più grande non sarà quello del corpo, ma della nostra capacità di ascolto. Della natura. Di noi stessi. Della responsabilità che accompagna ogni innovazione.
Egidio Francesco Cipriano
Immagine generata AI