
Dialogo semi-serio tra due chiocciole che hanno fatto la storia
C’era una volta un simbolo modesto, dimenticato sulla tastiera, usato più dai ragionieri che dai poeti. Era il 1971 e nessuno sospettava che quella piccola chiocciola, il segno @, avrebbe varcato i confini dell’anonimato per diventare l’ambasciatrice universale della comunicazione. Ray Tomlinson, ingegnere giovane e curioso, lavorava allora su ARPANET, un sistema pensato per collegare computer distanti, in piena Guerra Fredda. E fu lui, quasi per gioco, a scegliere quel segno – la @ – per separare il nome di chi scrive dal luogo in cui si trovava: utente@computer. Un atto piccolo, quasi banale, che però segnò l’inizio di tutto.
@1971:
(con voce timida)
«Non volevo disturbare. Mi usavano per dire ‘al prezzo di’… un po’ nei mercati, un po’ nei conti. E poi arriva quel tizio coi baffi e paf! Mi butta dentro le sue lettere elettroniche!»
@2025:
(scrolla le spire, un po’ stanco)
«Benvenuto nel club, amico. Da quando Tomlinson ti ha lanciato, sei diventato la porta d’ingresso del mondo digitale. Hai perso l’innocenza. Ora passi per milioni di server ogni secondo. Sei spam, sei lavoro, sei amore e truffa, tutto insieme.»
Ma facciamo un passo indietro. All’inizio, quell’invenzione passò quasi inosservata. Nessun applauso, nessuna medaglia. Il capo di Tomlinson gli disse solo: «Meglio non dirlo troppo in giro». Non sembrava nulla di rivoluzionario. Eppure, nel giro di cinque anni, la posta elettronica divenne il 75% del traffico su ARPANET. Le aziende lo capirono prima dei filosofi: comunicare a distanza, in tempo reale, significava guadagnare tempo e soldi. E così, la @, che prima dormiva sonni tranquilli, si svegliò con il peso del mondo sulle spalle.
@1971:
(ancora incredula)
«Io pensavo di servire giusto per qualche messaggio tra colleghi, sai… ‘cena@ufficio’, cose così. Non mi aspettavo di finire tatuata nei cuori delle coppie che si sono conosciute su internet!»
@2025:
(sospira)
«Eh, e adesso ti usano per tutto. Sei nel phishing, nei furti di identità, nelle guerre tra social network. Ti cercano per amarti e per fregarti. Hai visto cosa hai combinato? 333 miliardi di email al giorno, amico mio. E sì, metà di quelle sono pubblicità che nessuno ha chiesto.»
Dietro il sorriso di questo dialogo c’è un fatto serio: la storia della @ è la storia della nostra transizione dal locale al globale, dal privato al collettivo, dal cartaceo al digitale. Quello che era un simbolo per “al prezzo di” è diventato la soglia tra l’io e il mondo. E se Tomlinson non ha mai brevettato la sua invenzione, rimanendo umile (“Stavo solo risolvendo un piccolo problema”), il mondo ha preso la sua creatura e l’ha trasformata. La @ è diventata il timbro della nostra identità digitale. Dove vai, lasci la tua chiocciola: per accedere, per comunicare, per comprare.
@1971:
(tenta un sorriso)
«Almeno sono diventato famoso, no?»
@2025:
(ghigna amaro)
«Famoso sì. Ma non ti sei accorto? Ora sei il segno che tutti odiano quando vedono 1547 mail non lette nella casella. Sei diventato il simbolo dell’ansia digitale.»
Eppure, senza questa piccola rivoluzione silenziosa, niente sarebbe stato lo stesso. La @ ha aperto la strada alla comunicazione globale, alle connessioni che oggi diamo per scontate. Prima di lei, un messaggio digitale era come un biglietto passato sotto il banco: dovevi essere collegato allo stesso computer, nello stesso momento. Dopo di lei, siamo entrati nell’era della rete: tu da una parte, io dall’altra, e in mezzo solo una chiocciola che ci unisce. Ma, come tutte le storie di successo, anche questa ha il suo lato oscuro: spam, frodi, tracciamenti. La @ è diventata anche il passpartout dei nostri dati personali, l’etichetta che ci rende vulnerabili in un mondo iperconnesso.
@1971:
(sospira)
«Se avessi saputo… forse sarei rimasta a dormire tra i contabili.»
@2025:
(lo consola)
«Eh, fratello, ma guarda il lato buono: senza di te, il mondo sarebbe ancora a scrivere lettere a mano. E forse… qualcuno avrebbe avuto meno email e più pace.»
Così finisce la prima parabola della chiocciola. Piccola, semplice, ma potente. Un simbolo che non voleva cambiare il mondo, ma lo ha fatto lo stesso. Proprio come le migliori rivoluzioni: iniziano in sordina, crescono nel silenzio e, quando te ne accorgi, sono già dentro ogni angolo della tua vita che si specchia in una imprevista nuova ombra digitale.
La chiocciola e l’ombra lunga della presenza digitale
La chiocciola, @, non lo sapeva, ma stava inaugurando un’epoca in cui l’essere umano avrebbe cominciato a vivere in una strana dimensione: presente e assente allo stesso tempo. Prima, per parlarti, dovevo guardarti in faccia. Scrivere una lettera richiedeva giorni, chilometri, carta intrisa di odori e mani che tremavano. Poi è arrivata lei, la @, e ci ha permesso di esserci ovunque e in nessun luogo.
@1971:
(ancora un po’ ingenua)
«Ma io volevo solo mettere in contatto due computer… Che c’entro con l’esistenza umana?»
@2025:
(con tono grave, quasi da terapeuta stanco)
«Fratello mio, hai creato l’identità digitale. Prima eri solo segno, adesso sei anima e corpo della gente. Ogni volta che vedo qualcuno scrivere nome@mondo, so che stanno costruendo un avatar di sé stessi. Una maschera, un riflesso, un’ombra luminosa.»
E in effetti, se ci pensi, la @ è diventata la nostra firma eterea. Non solo un indirizzo: un luogo mentale dove ci si può trovare senza esserci. È l’inizio di tutto: dei profili social, degli account bancari, dei login che ci aprono porte invisibili e, insieme, ci inchiodano a una vigilanza continua. Tomlinson, nel suo laboratorio, non poteva immaginarlo, ma nel selezionare quella chiocciola stava ponendo la prima pietra di un nuovo edificio sociale: quello delle identità disincarnate. E oggi, mentre inviamo messaggi, cambiamo lavoro via email, ci innamoriamo attraverso piattaforme, dimentichiamo che tutto è partito da quel piccolo segno di separazione: nome@luogo. Io qui, tu là. Eppure, uniti da un filo sottile di dati.
@1971:
(pensa, si gratta la spirale)
«Quindi io sono il confine? Il ponte e il muro insieme?»
@2025:
(annuendo con tristezza lieve)
«Esatto. Sei il simbolo della relazione moderna: vicini, ma distanti. Collegati, ma soli. Tu sei stato il primo a dire all’umanità: ‘puoi parlare senza toccare, puoi esistere senza esserci davvero’.»
Ecco perché questa rivoluzione silenziosa, partita con un esperimento tra pochi scienziati, oggi ci riguarda tutti. Ogni volta che digitiamo la nostra chiocciola per accedere a un sito o inviare un pensiero, stiamo riaffermando questa nuova condizione: quella di esseri digitali e frammentati, che abitano mille luoghi virtuali e sempre meno quelli fisici. E mentre la @ si fa vecchia e guarda le sue eredi – le emoji, i tag, le menzioni – capisce di aver aperto il vaso di Pandora. Dietro l’efficienza della comunicazione globale, si nasconde il prezzo: l’invasione della privacy, l’ansia da notifiche, l’identità scissa tra l’online e l’offline.
@1971:
(con voce sottile, quasi un sussurro)
«Forse… era meglio restare un semplice simbolo contabile.»
@2025:
(sorride amaro)
«Ormai sei leggenda, fratello. Sei l’archetipo della nuova umanità: iperconnessa eppure affamata di contatto vero. Troppo tardi per tornare indietro.»
Così, in questo colloquio immaginario tra le due chiocciole, rivediamo anche noi la nostra storia recente. Un’epoca in cui la distanza si è accorciata, ma forse il vuoto tra le persone si è allargato. Un’epoca in cui tutto passa da una @, ma non sempre arriva davvero al cuore.
Oltre la Chiocciola, il prossimo simbolo
La @ riposa ora, stanca ma fiera, sul bordo della tastiera. Sa che il suo tempo d’oro forse volge al tramonto. Perché ogni civiltà, anche quella digitale, ha bisogno di un nuovo segno per marcare il passaggio. Dopo la chiocciola verrà qualcos’altro. Forse sarà un simbolo visivo, come un’emoji che ci rappresenta meglio di un indirizzo. Forse sarà un chip sottopelle, che non avrà bisogno di lettere o segni: basterà esserci e il sistema saprà chi siamo. O forse, paradossalmente, torneremo indietro: a guardarci negli occhi, a stringerci la mano, senza filtri né connessioni.
@1971:
(con voce fievole ma serena)
«Ho fatto il mio lavoro. Ho unito il mondo… ma ora tocca a voi trovare il modo di sentirvi di nuovo vicini.»
@2025:
(guardando l’orizzonte digitale, pieno di IA, realtà aumentate, reti neurali)
«Forse il prossimo simbolo non separerà. Forse unirà davvero. O forse… ci farà perdere del tutto. Dipenderà da voi umani, non da noi simboli.»
Così la chiocciola, con la sua spirale, ci lascia una domanda: stiamo davvero comunicando, o stiamo solo moltiplicando le connessioni senza costruire ponti reali? Stiamo usando i simboli per ritrovarci, o ci stiamo smarrendo nei loro labirinti? Il prossimo segno, chiunque lo inventerà, non dovrà solo risolvere un problema tecnico. Dovrà curare una frattura. Dovrà dire: tu sei qui, io sono lì, ma il nostro contatto è vero, non un’ombra. E forse, solo allora, potremo ringraziare davvero quella piccola chiocciola del 1971. Non solo per averci collegati, ma per averci insegnato che ogni simbolo porta con sé un destino. Sta a noi scriverlo.
Nota storica (per chi ama i numeri e le date)
Quella prima e-mail inviata da Ray Tomlinson nel 1971 — con parole dimenticate e forse prive di senso come “QWERTYUIOP” — ha acceso un incendio che nessuno poteva prevedere. Oggi, oltre 333 miliardi di e-mail vengono spedite ogni giorno nel mondo. Ogni giorno. Il 3 Maggio 1978 arrivò anche il primo messaggio di spam, inviato per promuovere un evento di vendita di computer da parte di Gary Thuerk, marketing manager di Digital Equipment Corporation (DEC). L’email, inviata tramite ARPANET, promuoveva i nuovi sistemi DEC20 e TOPS20 e fu ricevuta da circa 400-600 utenti. . E da lì, il fiume non si è più fermato.
L’uso della @ si è poi esteso a:
- Social network (con il tag @nomeutente)
- Pagamenti digitali in alcune app
- Servizi AI che riconoscono il comando @ per menzionare o attivare funzioni
- E persino in arte e cultura pop, come simbolo della nostra epoca connessa
Ray Tomlinson, scomparso nel 2016, non brevettò mai la sua invenzione e non si arricchì con essa. Rimase sempre umile, dicendo: «Stavo solo risolvendo un piccolo problema per poche decine di utenti.» Eppure, quella chiocciola, che dormiva placida sulle tastiere meccaniche, divenne la firma della comunicazione globale. Forse il prossimo simbolo nascerà allo stesso modo: in silenzio, da qualcuno che voleva solo risolvere un piccolo problema. E finirà per cambiare tutto, di nuovo.
Egidio Francesco Cipriano
Immagine generata da AI su prompt specifico