Una bandiera indiana strappata giace a terra, davanti a un negozio distrutto nel villaggio di Uri. È l’immagine che fa il giro del mondo, simbolo di un conflitto che sembrava sopito e che invece, come brace sotto la cenere, ha ripreso a divampare violento nel maggio 2025. Tutto è riesploso il 22 aprile, con un attacco terroristico a Pahalgam, nel Kashmir indiano, dove 26 turisti, in prevalenza pellegrini indù, sono stati massacrati. L’India non ha esitato a puntare il dito contro il Pakistan, accusandolo di supportare i gruppi militanti islamisti responsabili. Islamabad, come sempre, ha negato. Ma le parole si sono presto trasformate in fuoco.

Il botta e risposta tra potenze nucleari

Il 7 maggio, l’India ha lanciato quella che ha battezzato Operazione Sindoor: un’ondata di attacchi aerei che ha colpito nove obiettivi in territorio pakistano e nel Kashmir amministrato da Islamabad. Il bilancio, secondo fonti pakistane, parla di 31 civili uccisi. Da lì, la spirale si è avvitata: nella notte tra il 9 e il 10 maggio, il Pakistan ha risposto con l’Operazione Bunyan al-Marsus, colpendo con droni e missili città strategiche come Amritsar, Srinagar e perfino la periferia di Nuova Delhi. I numeri sono già pesanti: almeno 48 morti tra civili e militari, decine di feriti, blackout e chiusure forzate di scuole, aeroporti e persino stadi — come quello di Dharamsala, evacuato in fretta durante una partita di cricket. Non si vedeva un’escalation simile dal 2019, ma oggi c’è un elemento nuovo e inquietante: entrambi i paesi stanno facendo largo uso di droni armati, trasformando il Kashmir nella prima zona al mondo dove due potenze nucleari sperimentano su larga scala questa tecnologia letale.

Le radici storiche della ferita

Per capire questa ennesima fiammata bisogna tornare al 1947, anno della partizione dell’India britannica. Il Kashmir, a maggioranza musulmana ma governato allora da un principe indù, divenne la mela della discordia tra il neonato Pakistan islamico e l’India laica ma a guida indù. Da allora, il territorio è stato conteso, e tre guerre (1947, 1965, 1999) più innumerevoli scontri lungo la Linea di Controllo ne hanno fatto una polveriera permanente. Dietro lo scontro odierno, cova un’ulteriore miccia: nel 2019 l’India ha revocato l’autonomia speciale della sua parte di Kashmir, scatenando proteste e alimentando nuove tensioni. Il Pakistan ha da sempre sostenuto, più o meno apertamente, gruppi militanti che lottano per l’indipendenza o l’annessione al Pakistan stesso. Un conflitto congelato, ma mai risolto.

Il silenzio (assordante) della comunità internazionale

Mentre i colpi risuonano nelle valli himalayane, il mondo osserva con crescente preoccupazione ma senza mosse concrete. Il G7 e l’Unione Europea hanno invitato alla calma, e l’ONU ha chiesto “moderazione”. Ma nessuno osa spingere troppo, temendo di far deragliare un equilibrio già fragile. Il vicepresidente USA, J.D. Vance, ha dichiarato in diretta su Fox News che “una guerra tra India e Pakistan non è affar nostro”, gelando le aspettative di mediazione. Anche la Cina, che pure ha interessi diretti nella regione (controlla parte del territorio kashmiro), ha mantenuto una posizione sfumata, invocando generici “colloqui bilaterali”. Dietro queste dichiarazioni formali, però, si agitano interessi geopolitici: Arabia Saudita e Turchia si schierano, almeno a parole, con il Pakistan; Russia e Israele forniscono tecnologie militari all’India; mentre gli Stati Uniti, pur alleati di Nuova Delhi nel quadro anti-cinese, non vogliono impantanarsi in un nuovo fronte di crisi.

La guerra dei droni e della censura

C’è un’altra guerra che si combatte parallela a quella dei missili: quella dell’informazione. Il governo indiano ha ordinato il blocco di oltre ottomila account sulla piattaforma X (ex Twitter), inclusi quelli di testate internazionali e attivisti. Una mossa che la stessa X ha definito come “censura contraria alla libertà di parola”. Nel frattempo, il Pakistan rivendica di aver intercettato 77 droni indiani in due giorni. I cieli del Kashmir sono affollati da sciami di piccoli velivoli armati, mentre nelle città la paura serpeggia e le strade si svuotano.

Un rischio globale sottovalutato

Mentre l’Europa guarda a Gaza e all’Ucraina, e l’America si concentra su Taiwan, la crisi indo-pakistana rischia di esplodere fuori controllo. Non si tratta solo di un conflitto locale: qui, entrambe le parti possiedono armi nucleari e dottrine militari che prevedono l’uso preventivo in caso di escalation massiccia. Una scintilla sbagliata — un jet abbattuto, un attacco che sfonda una linea rossa — e il rischio di un conflitto nucleare tattico diventa reale.

Un déjà-vu che puzza di futuro

Il Kashmir torna così a essere il barometro instabile della pace asiatica, e forse mondiale. La storia si ripete, ma ogni volta con strumenti più sofisticati e distruttivi. Oggi non sono più solo i fucili e i mortai lungo la Linea di Controllo: sono i droni-kamikaze, le campagne di disinformazione, le guerre commerciali e le alleanze fluttuanti che fanno da detonatore. E mentre le cancellerie del mondo parlano di “moderazione”, nelle valli del Kashmir la notte risuona ancora di esplosioni. E quella bandiera strappata a Uri continua a giacere a terra, come un presagio sinistro di quello che potrebbe venire.

Cosa succede ora? Le domande che nessuno osa fare

  • Fin dove si spingeranno India e Pakistan prima che il mondo si accorga che due potenze nucleari sono di nuovo a un passo dal baratro?
  • La guerra dei droni sarà solo un preludio a qualcosa di più devastante? Stiamo assistendo al laboratorio di una nuova forma di conflitto globale?
  • La comunità internazionale continuerà a invocare “moderazione” senza proporre un vero tavolo di mediazione, o qualcuno si farà avanti prima che sia troppo tardi?
  • E soprattutto: quanto pesa oggi la vita di civili kashmiri, donne, bambini, pellegrini, nei palazzi del potere di Washington, Pechino, Mosca o Bruxelles?

Sono domande sospese, come l’eco di una valle che rimbomba e poi tace. Ma quel silenzio, nel Kashmir, è spesso solo il preludio di un nuovo fragore.

Egidio Francesco Cipriano

Immagine generata AI

Egidio Francesco Cipriano

Già docente a contratto presso le Università di Teramo e di Chieti, inizia la sua attività lavorativa e di ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie e nello sviluppo di strumenti software intelligenti, diventa Presidente della Società delle Scienze Informatiche e Tecnologiche e si occupa di Cybersecurity, CyberIntelligence e CyberCrime; è autore di diversi testi, quali “Bullismo e Cyberbullismo – Comprendere per Prevenire” per Amazon, Eucip Business & System Analyst per i tipi di Hoepli e altri; ben presto realizza che l’informatica si pone spesso come una riduzione di quello che l’uomo suppone essere la struttura della sua mente. Inizia così i suoi studi negli USA e in Italia, in ambito psicologico della comunicazione, della psicogenealogia di Annè Ancelin Schützenberger e della PNL non trascurando la Psicologia Analitica di C.G. Jung e le Costellazioni Familiari secondo Bert Hellinger. Laureatosi in Psicologia oltre che in Scienze Pedagogiche consegue in seguito tre master universitari di specializzazione in “Mediazione Familiare e negoziazione del conflitto”, “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” e “Didattica avanzata”. Si specializza in psico teatro per adulti e bambini ed elabora un sistema di Mindfulness transgenerazionale. Negli anni tra la sua esperienza in New York e quella in Italia pratica e si certifica come facilitatore di Terapia Cranio Sacrale e Traumatic Incident Reduction per il trattamento del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Si specializza nella rilevazione del Disturbo Narcisistico di Personalità e nel supporto e recovery delle persone codipendenti da narcisisti ("vittime") . Ha ricoperto il ruolo di E-learning Manager presso la ASL di Taranto progettando e gestendo percorsi formativi in ambito sanitario. E' attualmente vicepresidente dell'associazione Aps Art 21 e presiede il comitato tecnico scientifico dell'osservatorio permanente sulla disabilità (Osperdi) occupandosi anche di Assistive Technology come supporto alle persone diversamente abili.

Di Egidio Francesco Cipriano

Già docente a contratto presso le Università di Teramo e di Chieti, inizia la sua attività lavorativa e di ricerca nell’ambito delle nuove tecnologie e nello sviluppo di strumenti software intelligenti, diventa Presidente della Società delle Scienze Informatiche e Tecnologiche e si occupa di Cybersecurity, CyberIntelligence e CyberCrime; è autore di diversi testi, quali “Bullismo e Cyberbullismo – Comprendere per Prevenire” per Amazon, Eucip Business & System Analyst per i tipi di Hoepli e altri; ben presto realizza che l’informatica si pone spesso come una riduzione di quello che l’uomo suppone essere la struttura della sua mente. Inizia così i suoi studi negli USA e in Italia, in ambito psicologico della comunicazione, della psicogenealogia di Annè Ancelin Schützenberger e della PNL non trascurando la Psicologia Analitica di C.G. Jung e le Costellazioni Familiari secondo Bert Hellinger. Laureatosi in Psicologia oltre che in Scienze Pedagogiche consegue in seguito tre master universitari di specializzazione in “Mediazione Familiare e negoziazione del conflitto”, “Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione” e “Didattica avanzata”. Si specializza in psico teatro per adulti e bambini ed elabora un sistema di Mindfulness transgenerazionale. Negli anni tra la sua esperienza in New York e quella in Italia pratica e si certifica come facilitatore di Terapia Cranio Sacrale e Traumatic Incident Reduction per il trattamento del PTSD (Post Traumatic Stress Disorder). Si specializza nella rilevazione del Disturbo Narcisistico di Personalità e nel supporto e recovery delle persone codipendenti da narcisisti ("vittime") . Ha ricoperto il ruolo di E-learning Manager presso la ASL di Taranto progettando e gestendo percorsi formativi in ambito sanitario. E' attualmente vicepresidente dell'associazione Aps Art 21 e presiede il comitato tecnico scientifico dell'osservatorio permanente sulla disabilità (Osperdi) occupandosi anche di Assistive Technology come supporto alle persone diversamente abili.

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