
Alessio Bruno, giovane volto nuovo tra gli oltre 860 candidati al consiglio comunale:
Sono oltre 860 i candidati al consiglio comunale di Taranto; 32 i seggi a disposizione. Tanti i volti noti, politici e politicanti che da anni siedono a palazzo di Città. Molti però anche quelli nuovi; tanti giovani sconosciuti che hanno difficoltà a trovare spazi per esporre le proprie idee. Abbiamo incontrato uno di questi candidati, Alessio Bruno che si presenta come candidato al consiglio comunale, nella lista Fortemente Liberi che sostiene Checco Tacente come candidato sindaco.

Trentasettenne anni, sposato con Alessandra, in attesa di un figlio, vive oggi la situazione ormai molto diffusa del precariato. Ha un contratto a tempo determinato che a breve scadrà.
Eppure ha una consolidata professionalità nell’ambito delle attività portuali. Per dieci anni circa ha operato come agente marittimo per importanti agenzie del territorio. Poi il declino delle attività portuali.
D. Cosa è successo in questi anni? Come mai hai perso il lavoro?
R. Io ero un agente marittimo, l’ho fatto per dieci anni, prima con l’Anchor, che è una società genovese con una filiale a Taranto, e poi con la Gennarini.
Però poi il porto è morto, perché il porto di Taranto vive essenzialmente di industria. L’Ilva ormai ai minimi termini, produce poco, è rimasta l’Eni che comunque produce ancora, e al porto mercantile non è che arrivi più tanto. Ma perché? Perché non c’è stato chi andasse a cercare i contratti per far funzionare il porto. L’unico contratto che è arrivato è stato quella delle crociere. Ma è l’unico traffico e tra l’altro ancora poco incisivo in termini di ricadute economiche. Poi tutti gli altri traffici restano legati all’ex Ilva.
D. Quindi tu hai avuto questa lunga esperienze e praticamente la tua attuale precarietà nasce da quella che è la crisi economica del territorio: il porto muore e quindi a quel punto la tua professionalità non è più spendibile e ti devi arrangiare.
R. Purtroppo è così e non solo per me; sono centinaia gli addetti che, dopo la perdita del transhippment, e la drastica riduzione della produzione di acciaio hanno perso il posto di lavoro. Peraltro va detto che aver dato in concessione all’acciaieria, all’epoca nelle mani del gruppo Riva, praticamente gli interi spazi del porto industriale, ha di fatto impedito qualunque altra iniziativa.
D. Sei candidato al consiglio comunale. Qualcuno potrebbe obiettare che sia un modo per risolvere il tuo problema occupazionale
R. Non mi meraviglio del fatto che qualcuno possa pensarlo. Del resto stiamo assistendo ad una campagna elettorale che anziché svolgersi sui temi viene affrontata attraverso lo scambio reciproco di accuse e spesso anche di insulti personali. Io mi sono sempre interessato di politica e sono sempre stato impegnato attivamente nel sociale. Frequentando il liceo tecnologico del IISS Righi, ho ricoperto il ruolo di rappresentante di istituto. Mi sono sempre battuto per il riconoscimento dei diritti; oggi credo che Taranto abbia bisogno di volti nuovi; nuove energie e nuove idee. Io propongo le mie e lascio agli elettori decidere cosa vogliono per il futuro della città.
D. Quali sono le tue idee?
R. Sono molteplici le criticità che interessano Taranto; altrettanto importanti sono le risorse che stanno per arrivare. Quindi è importante che queste risorse siano impiegate nel modo giusto. Non ho la pretesa di avere la ricetta per risolvere ogni problema, ma credo si possano individuare alcune priorità. Partendo dalla mia esperienza personale credo che tra le questioni più rilevati ci siano quelle del lavoro, le periferie, i centri di aggregazione. Il comune non ha competenze specifiche per creare posti di lavoro, ma può, e secondo me deve, creare le condizioni per attrarre investitori. Non parlo dell’acciaieria perché è un tema di proporzioni gigantesche e che è nelle mani del governo centrale, però è possibile esercitare da parte dell’amministrazione locale le necessarie pressioni perché finalmente si avvii un processo di ambientalizzazione della fabbrica rendendo compatibili lavoro e salute. Ciò detto però occorre pensare anche ad altri settori. Il turismo è uno di questi ma occorre una città più accogliente, con più servizi, più pulita. E questo è nei compiti di un sindaco.
D. E il porto?
R. Per tanto tempo si è parlato del porto come del nuovo volano di sviluppo. Purtroppo alle parole non sono seguiti i fatti. Il porto può davvero trascinare la ripresa se l’ex Ilva riprende a produrre, se si realizzano le infrastrutture necessarie per il traffico crocieristico, e se, soprattutto, si realizzano le condizioni per nuovi investimenti. Anche in questo caso il comune non ha competenze dirette ma può essere lo stimolo per chi deve decidere.
D. I giovani vanno via da Taranto, mancano prospettive per il futuro, e chi resta ha poche occasioni di socializzazione.
R. Questo è un altro tema che ritengo debba rientrare nelle priorità della prossima amministrazione; per fermare la fuga dei giovani occorre che si creino nuove occasioni di sviluppo; nessuno credo abbia la bacchetta magica ma occorre un deciso cambio di rotta. Come dicevo per puntare su nuovi settori che possono essere sicuramente il turismo, ma anche la ricerca ( penso al Tecnopolo), ad un polo universitario autonomo, occorre intervenire in termini di attrattività del territorio. Questo vuol dire anche migliorare i servizi. E soprattutto ricollegare le periferie. Io sono nato e cresciuto al Tramontone e ho quindi piena cognizione di causa. Occorrono più servizi, più strutture. Mancano i luoghi di socializzazione per i giovani ma anche per chi non lo è più. Manca un centro fieristico, aree attrezzate, spazi di aggregazione.