
L’ESPAD Report 2024
Potrebbe sembrare una buona notizia. Meno alcol, meno sigarette, meno cannabis tra i ragazzi. Lo dice l’ESPAD Report 2024 (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs), una delle più ampie indagini europee sul comportamento degli adolescenti tra i 15 e i 16 anni. In Italia, come nel resto d’Europa, i dati sul consumo di sostanze appaiono in calo. Eppure, dietro questa apparente quiete, si muove un’onda silenziosa, profonda e più difficile da intercettare: la solitudine digitale.
Secondo il rapporto, consultabile sul sito emcdda.europa.eu, quasi la metà degli adolescenti europei (47%) mostra un uso problematico dei social media. In Italia, la situazione è ancora più marcata tra le ragazze, con oltre il 55% che manifesta segnali di dipendenza comportamentale da piattaforme come TikTok, Instagram, YouTube e simili.
Non si tratta solo di ore passate davanti a uno schermo. Ma di un’interiorità assediata. Ogni scroll diventa un piccolo rito di distrazione. Ogni notifica un surrogato di presenza. Ogni like una carezza mancata, una sostituzione simbolica di ciò che non c’è: uno sguardo autentico, una voce che accompagna, un silenzio condiviso.
Ci tranquillizziamo: “Bevono meno”, “Non si drogano come un tempo”. Ma ignoriamo che stanno anestetizzando l’ansia con un algoritmo, sostituendo la frustrazione esistenziale con il flusso continuo di contenuti virali. Che si stanno adattando, da soli, a un mondo che premia la vetrinizzazione del sé, ma non insegna a stare.
Le ragazze, in particolare, sembrano assorbire più intensamente l’effetto ipnotico dei social. I dati lo dicono chiaramente. Ma anche i corridoi delle scuole, i consultori, gli studi degli psicologi. Sguardi abbassati, corpi che si giudicano con gli occhi degli altri, identità che si definiscono attraverso il filtro.
Il problema non sono i social. Come sempre, non è lo strumento a essere tossico, ma il vuoto che lo precede. Quello che colma. Quello che sostituisce. Il problema è ciò che non stiamo dando loro: tempo, ascolto, presenza. Il problema è quando lo smartphone diventa una balia silenziosa che intrattiene, che zittisce, che calma, ma non educa.
Ci chiediamo perché i ragazzi non parlano più. Perché si chiudono. Perché sembrano così lontani, pur essendo sempre connessi. Ma siamo noi, adulti, a dover fare il primo passo. Ad esserci anche quando è scomodo. A tollerare il silenzio, il rifiuto, la distanza, senza smettere di offrire vicinanza.
Oggi più che mai, serve una pedagogia dell’incontro. Una psicologia della presenza. Un’educazione che insegni ad abitare l’assenza senza riempirla compulsivamente. Perché ogni volta che uno sguardo reale incontra uno sguardo reale, nasce qualcosa che nessun algoritmo potrà mai replicare.
Egidio Francesco Cipriano
immagine generata AI