
Dal 15 al 17 agosto 2025, nello stadio che un tempo fu tempio olimpico, si correrà una gara senza precedenti. Non per il tempo sul cronometro, ma per ciò che quel tempo promette: una mezza maratona in cui umani e robot umanoidi condividono la stessa pista. Il Nido d’Uccello, fiore d’acciaio di Pechino, tornerà a riempirsi di spettatori. Ma stavolta non applaudiranno eroi di carne, bensì corpi programmati per imitarci.
È l’inizio di qualcosa. O forse, la sua rappresentazione scenica.
Un esperimento tecnico travestito da spettacolo
I Giochi Mondiali dei Robot Umanoidi saranno un evento sportivo solo in superficie. Nella sostanza, si tratta di una dimostrazione di forza: non solo produrre la tecnologia, ma mostrarne la supremazia in diretta mondiale. Non solo essere il futuro, ma mettere in scena il futuro, come fosse un’opera teatrale.Sul campo vedremo umanoidi correre, calciare, danzare, magari inciampare. Non è importante la perfezione del gesto. Importa che imitino l’umano. E che lo facciano meglio di quanto noi stessi riusciamo a riconoscere.
A firmare questa coreografia di acciaio e algoritmo, aziende cinesi che stanno ridefinendo il nostro immaginario industriale:
- UBTech Robotics, con il suo Walker X, elegante e inquietante,
- Fourier Intelligence, che ha reso GR-1 capace di trasportare carichi e fare squat come un atleta,
- Xiaomi Robotics Lab, con CyberOne, alto quanto un uomo, capace di “ascoltare” emozioni e restituire un sorriso meccanico che somiglia troppo al nostro.
E poi Siasun, Han’s Robot, CloudMinds: nomi ancora poco noti in Occidente, ma destinati a entrare nei nostri ospedali, nelle nostre scuole, nei nostri teatri. Non è solo robotica. È egemonia culturale, e lo sanno benissimo.
Il simbolo: uomo e macchina sulla stessa linea di partenza
Quando un robot corre al fianco di un uomo, la scena diventa simbolica. Non c’è più solo tecnologia. C’è metafisica. Chi siamo, quando una macchina riesce a replicare la nostra andatura, il nostro respiro? Quando non serve più immaginare l’altro in forma aliena, ma basta guardare un algoritmo che ci somiglia? C’è in questa gara qualcosa di profondamente inquietante. Una sfida che non ha bisogno di vincitori: basta che venga guardata, registrata, ammirata. La tecnologia si fa narrazione. E la narrazione diventa potere.
Nel frattempo, altrove, si discute
Mentre in Europa si stilano codici etici e si convocano tavole rotonde sul senso dell’intelligenza artificiale, la Cina si limita a provarla in campo. Non in laboratorio. Davanti alle telecamere. È un linguaggio diverso, più diretto, più pervasivo. Un modo per dire: siamo pronti, anche nell’immaginario.
E noi? Noi guardiamo. Forse commentiamo. Ma raramente comprendiamo la portata simbolica di ciò che accade. Il pericolo non è la macchina che sostituisce l’uomo, ma l’uomo che cede il posto senza combattere.
Il futuro è in scena. E noi siamo il pubblico.
Il Nido d’Uccello è pronto. Le luci, i droni, le telecamere. Tutto è pronto per una nuova Olimpiade, ma senza pathos umano, senza sudore vero. Solo simulazione. Precisione. Silenzio.
I robot non sbagliano. Ma nemmeno sognano. Eppure, oggi, sono loro a raccontare il sogno di una nazione: non più solo fabbrica del mondo, ma scenografa del domani.
Egidio Francesco Cipriano
Immagine generata AI