
Una testimonianza contro i luoghi comuni: Lino Patruno rilancia il valore del Mezzogiorno tra orgoglio e speranza
BARI – Non solo un libro, ma anche un messaggio di speranza: un argine contro il complesso di inferiorità che per troppo tempo ha segnato il Sud, contro anni di pessimismo e classifiche a ribasso. Un testo che contrasta la comunicazione antimeridionalista e afferma, con forza, che il Sud ha vinto: su tutto e tutti, nonostante le criticità che continua ad affrontare. Lo ha spiegato il dott. Lino Patruno, l’autore, intervistato dalla dott.ssa Paola Martelli, docente di Public Speaking presso la scuola di giornalismo di Bari, nel corso della presentazione del libro, presso il Centro Regionale per l’audiolibro dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti.





Già direttore della scuola di giornalismo di Bari ed ex direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno, ha dedicato circa una quindicina di libri alla politica economica del meridione, con focus su Puglia e Basilicata.
«Voglio trasmettere un messaggio soprattutto ai giovani, ma anche a chi è più avanti negli anni. Al Sud si possono fare tante cose. Non è vero che bisogna solo andar via: questo è un pregiudizio alimentato dalla scarsa conoscenza della situazione reale», spiega l’autore. «“Il Sud ha vinto” vuol dire che ha vinto su se stesso, sul suo destino precostituito, che era quello di essere soltanto terra di emigrazione. Invece ha vinto perché è diventato una terra di nuova modernità, basata sulla sua produttività e sul suo stile di vita. E soprattutto su uno stile di vita fondato sulla lentezza».
Sicuramente molti cittadini del Nord oggi compiono la cosiddetta “emigrazione al contrario”: scelgono di trasferirsi al Sud proprio per vivere in modo diverso. Il Sud ha vinto anche sul pregiudizio?
«Assolutamente sì», risponde. «Io insegno anche all’università, e spesso i ragazzi si considerano “sfigati” solo per il fatto di essere rimasti a studiare a Bari, invece di andare fuori. Ma l’Università di Bari conta circa 45.000 studenti: dubito che siano tutti sfigati. C’è un controesodo in atto. Molti iniziano a rendersi conto che al Sud esistono opportunità che prima non vedevano. E questo crea le condizioni per cui al Sud si possono fare tante cose impreviste. Restare al Sud significa anche rafforzare una società civile, le cui fondamenta rischiavano di andare perdute».
Questo pregiudizio è nato anche da una pessima comunicazione? Dal voler instillare pessimismo nei giovani?
«La svolta è arrivata», risponde, «quando il Sud ha cominciato a essere raccontato non solo da chi lo guardava con pregiudizio e convinzioni negative, ma anche dai meridionali stessi. Anch’io, con i miei libri, ho cercato di ricreare un’atmosfera più positiva. Racconto, ad esempio, la storia di un milanese doc che ha lasciato tutto per andare a vivere al Sud».
E conclude:
«Il Sud è la settima potenza manifatturiera in Europa, la terza economia del Mediterraneo, il primo tesoro agricolo d’Europa, il principale produttore di energie alternative in Italia. Esporta in 93% dei Paesi del mondo ed è tra il 15% più ricco a livello globale. Dire che ha vinto non mi sembra affatto un’esagerazione, al di là dei problemi – che ci sono, come nel resto del Paese».