
La sostanza che vuole salvarci dal nostro declino
Era il 1998 quando mio padre mi svegliò alle tre di notte, puntandomi una torcia in faccia.
— Dormi?
— Dormivo.
— Bravo, così produci melatonina.
Chiuse la porta come se avesse detto qualcosa di fondamentale, e tornò a dormire.
Ci vollero vent’anni, qualche esperienza clinica e un bel po’ di letteratura scientifica per capire che, nel suo bizzarro modo, aveva colto nel segno. Quella molecola apparentemente semplice, secreta dalla ghiandola pineale solo di notte, ha un ruolo molto più vasto, intimo e silenzioso di quanto sospettassimo.
Solo che… non viene prodotta principalmente dalla pineale.
Oltre la ghiandola: un viaggio nel cuore delle cellule
Immaginate una lanterna. Ora immaginate di portarla dentro un labirinto di membrane, tra le pieghe di un organello chiamato mitocondrio, dove si fabbrica l’energia della cellula. Ecco, quella lanterna è melatonina, prodotta 24 ore su 24 non solo nel cervello, ma in quasi tutte le cellule del corpo, soprattutto nei mitocondri (Reiter et al., 2016; Liu et al., 2021). E solo il 5% circa di tutta la melatonina nel nostro organismo viene dalla tanto celebrata ghiandola pineale.
Il resto, lo fanno i piccoli motori della vita. Quelli che, ironia della sorte, si consumano producendo energia. Come se per mandare avanti il mondo, ci consumassimo nel processo.
E la melatonina è lì per impedire che bruciamo troppo in fretta.
— Quindi vuoi dirmi che la melatonina è come un estintore interno?
— No, è come una guardiana con un annaffiatoio. Spegne i fuochi, nutre i fiori, ripara i vetri rotti… e poi scompare.
Stress mitocondriale: la fatica invisibile del tempo
Con l’età, la produzione mitocondriale di melatonina diminuisce. Il perché non è del tutto chiaro, ma il risultato sì: meno melatonina = più radicali liberi, più danni mitocondriali, più infiammazione. E da lì, si apre la porta alla neurodegenerazione.
L’Alzheimer, il Parkinson, la SLA e perfino la malattia di Huntington si accompagnano a una danza disfunzionale: mitocondri che perdono forma, creste che si sgretolano, ROS che imperversano, e cellule che non dormono più — in senso letterale e figurato (Pérez-Lloret & Cardinali, 2021).
È come se il corpo dimenticasse come si riposa. O, peggio, come si rigenera.
Le notti che non guariscono più
I disturbi del sonno, l’inversione del ritmo sonno-veglia, l’irrequietezza REM, spesso precedono di anni i sintomi motori del Parkinson. E sono collegati alla perdita di melatonina. Ma non perché la pineale smette. Perché i neuroni degenerano e con loro i mitocondri. E con loro la melatonina. E con lei la protezione.
Uno studio recente (Nasoni et al., 2021) ha osservato cellule neuronali HT22 sottoposte a privazione di ossigeno e glucosio (modello ischemico): i mitocondri diventano arrotondati, collassati, senza più le loro tipiche creste ordinate. Ma se trattate con melatonina… tornano tubulari, organizzati, vivi. Come se ricordassero chi erano.
— Quindi basterebbe prendere melatonina per non invecchiare?
— Se fosse così semplice, sarei già in copertina su Nature. Nudo. Ma con un cervello lucido.
Metabolismo Warburg e la catena spezzata
C’è un altro paradosso, elegante come una tragedia greca. In condizioni di stress, molte cellule scelgono un metabolismo meno efficiente, detto Warburg, dove il glucosio viene fermentato fuori dai mitocondri. Questo non solo produce meno energia, ma toglie acetil-CoA ai mitocondri, necessario alla sintesi di melatonina da serotonina (Reiter et al., 2020). Insomma, la cellula, per sopravvivere, rinuncia a ciò che la protegge.
È una forma di suicidio lento. Una resa all’infiammazione. Un sabotaggio mitocondriale.
Ma la melatonina non si arrende.
Nanotubi, mitofagia e silenzi operosi
In un altro studio (Carloni et al., 2024), si è visto che la melatonina favorisce la formazione di tunnel nanotubulari: minuscoli ponti tra cellule che permettono di trasferire mitocondri sani a quelle danneggiate. È come se la cellula dicesse: «Non ce la faccio più», e la vicina le offrisse il cuore.
Nel frattempo, la melatonina attiva la mitofagia, spazza via quelli rotti, spegne inflammasomi, riduce il rilascio di mtDNA nel citosol e perfino stimola la produzione di FGF-21, una molecola che dialoga con il sistema immunitario e rallenta l’immunosenescenza (Xie & Leung, 2017).
Un ormone che lavora come se sapesse amare. E lo fa in silenzio.
Ma allora perché invecchiamo?
Perché siamo più testardi delle nostre cellule. Perché ci ostiniamo a vivere con luci artificiali accese fino a tardi, a mangiare quando il corpo chiede silenzio, e a ignorare quel ritmo interno che i mitocondri cercano ancora di rispettare.
La melatonina non è un elisir, ma è una luce che spegne il fuoco senza spegnere la speranza. Non ci salva, ma rallenta la caduta. È, come avrebbe detto mio padre, una buona compagna di sonno.
Epilogo
Il mese scorso, ho provato a spiegare tutto questo a un collega che prende melatonina per dormire meglio dopo le maratone di Netflix.
— Sai che forse non agisce solo sul sonno? Potrebbe proteggere i tuoi mitocondri, il tuo cervello, il tuo intestino, i tuoi neuroni…
Mi ha guardato perplesso.
— Ah, pensavo servisse solo per non svegliarmi alle quattro.
Ho sorriso.
E non gli ho detto che, ironicamente, anche quella ignoranza mitocondriale è un sintomo precoce.
Egidio Francesco Cipriano
Immagine AI
Riferimenti
- Reiter RJ et al. (2016). Melatonin as a mitochondria-targeted antioxidant. Biol Rev.
- Reiter RJ et al. (2020). Melatonin in mitochondrial physiology. Cell Mol Life Sci.
- Pérez-Lloret S, Cardinali DP (2021). Sleep alterations in neurodegenerative diseases. Front Neuroendocrinol.
- Nasoni MG et al. (2021). Melatonin and mitochondrial dynamics in ischemic neurons. Int J Mol Sci.
- Carloni S et al. (2024). Melatonin attenuates mitochondrial inflammation. Front Aging Neurosci.
- de Almeida Chuffa L, et al. (2024). Melatonin and unfolded protein response. Mol Neurobiol.
- Xie Y, Leung SW (2017). FGF21 and immune aging. Aging Dis.