Tecnologie informatiche come ausilii comunicativi e alla vita (quarta parte)
Volendo e in qualche modo dovendo realizzare i diritti delle persone diversamente abili, così come prescritti dalla convenzione ONU dei Diritti Umani delle Persone Disabili anche sulla scorta di metodologie quali l’ICF, ci si può rivolgere in modo sostanziale alle nuove tecnologie, attraverso una scelta consapevole verso un uso efficace. Si parla in questo caso di Comunicazione Aumentativa e Alternativa (C.A.A.) o di Assistive Technology (AT).
Comunicazione Aumentativa e Alternativa (C.A.A.) e Assistive Technology (A.T.)
Il ruolo delle tecnologie viene riconosciuto sempre più chiaramente come incontrovertibile nella realizzazione dell’autonomia, difatti queste vengono sempre più considerate la principale occasione e il mezzo più importante per costruire una vita indipendente. In particolare, esse facilitano la partecipazione attiva delle persone disabili in tutte le aree della vita, scuola, lavoro, vita sociale o tempo libero; vengono definite, in quanto ausilii, dalla Classificazione standard UNI EN ISO 9999 del 2002 come «qualunque prodotto, strumento, attrezzatura o sistema tecnologico, utilizzato da un disabile, appositamente prodotto o disponibile nel normale commercio, che prevenga, compensi, attenui o neutralizzi una menomazione, una disabilità o un handicap». questa definizione sembra però essere molto più soggiacente alle norme emendate dall’ICIDH che non alle indicazioni dell’ICF; una definizione più soddisfacente è sicuramente quella espressa da Cook e Hussey: «il termine Assistive Technology dovrebbe essere usato per riferirsi ad un ampio spettro di strumenti, servizi e pratiche che sono stati concepiti e vengono applicati per migliorare i problemi incontrati dalle persone disabili»
La vita ampliata
In questo modello il contesto di vita si amplia fino ad includere, oltre agli aspetti fisici dell’ambiente, anche gli aspetti sociali e culturali di questo ambiente, in cui l’individuo è immerso, e da cui è determinato; e le nuove tecnologie sono espressamente indicate come elemento significativo di questa relazione. Ma cosa sono nella pratica queste nuove tecnologie e come si concretizzano e applicano? La comunicazione aumentativa (CAA) è definita come ““ogni comunicazione che sostituisce o aumenta il linguaggio verbale”, ed è “un area della pratica clinica che cerca di compensare la disabilità temporanea o permanente di individui con bisogni comunicativi complessi attraverso l’uso di componenti comunicativi speciali o standard”. Può quindi essere pensata non come una semplice tecnologia o metodologia ma come un intervento che può ricorrere ad un ampio spettro di tecniche. L’aggettivo “aumentativa” sta ad indicare che si tende non a sostituire ma ad accrescere la comunicazione naturale, utilizzando tutte le competenze dell’individuo ed includendo le vocalizzazioni o il linguaggio verbale residuo, i gesti, i segni, la comunicazione con ausili e la tecnologia avanzata. Il termine “alternativa”, che in origine era affiancato ad “aumentativa”, è stato progressivamente abbandonato negli anni, sia perché le situazioni in cui l’intervento è totale alternativa al linguaggio verbale sono pochissime, sia perché dava facilmente adito ad equivoci durante l’applicazione che tendeva a non coltivare le abilità residue. Un sistema di C.A.A. è una specie di decodificatore immediato e continuo tra il linguaggio della persona diversamente abile ed il partner comunicativo, e viceversa. Possono essere utilizzati sistemi di simboli in cui tutte le figure usate possiedono una scritta sopra la parola o il verbo che rappresentano, per renderle comprensibili anche al partner comunicativo. La persona diversamente abile può in questo caso riconoscere le immagini e l’interlocutore leggere le parole. Possono anche essere usati strumenti digitali programmati con sintesi vocali per “prestare” la voce all’occorrenza, o tecnologie informatiche e quando necessario strumenti computerizzati appositamente e adattati, o modalità che consentano di leggere o scrivere anche a coloro che non sono in grado di usare l’alfabeto o la penna. Storicamente parlando, la C.A.A. inizia il suo percorso nel Nord America intorno al 1965 diventando rapidamente parte integrante del percorso riabilitativo. Si diffonde in breve tempo in tutti i Paesi di lingua inglese, ma molto lentamente nel resto d’Europa, dove ancora oggi trova scarsa applicazione. Nel 1983 viene costituita la società internazionale per la promozione della ricerca e della diffusione della C.A.A.: International Society of Augmentative and Alternative Communication (ISAAC) [en] la quale organizza il proprio congresso internazionale ogni due anni e distribuisce una Rivista specializzata “Augmentative and Alternative Communication” ed un notiziario trimestrale “The Isaac Bullettin” ai membri sparsi in tutto il mondo. Solo nell’ultimo decennio la C.A.A. ha suscitato reale interesse negli ambienti riabilitativi italiani
Domotica
I sistemi di C.A.A. s’interfacciano spesso a quelli A.T. (Assistive Technology) per estendere le abilità della persone oltre che ad una comunicazione più completa ed esaustiva, anche al controllo ambientale attraverso attuatori domotici. Il termine “domotica” è un neologismo che combina i termini “domus” e “automatico”, sta ad indicare in generale i sistemi di automazione domestica programmabili basati sull’integrazione tra i vari dispositivi e impianti della casa, prendendo quindi in considerazione la rete elettrica,la rete informatica, l’impianto di climatizzazione, i sistemi antiintrusione, i rivelatori di fumo e l’impianto antincendio, così come gli elettrodomestici comandabili a distanza o dotati di un certo livello di “intelligenza”. E’proprio questo concetto di “casa intelligente” introdotto dalla domotica che la rende un completamento se non un’estensione delle A.T. per una persona diversamente abile. La casa intelligente può essere infatti controllata dalla persona tramite opportuni dispositivi personalizzati (come pulsanti, telecomando, touch screen, tastiere, riconoscimento vocale), che realizzano il contatto personalizzato (invio di comandi e ricezione informazioni) con il sistema intelligente di controllo, basato su un’unità computerizzata centrale oppure su un sistema a intelligenza distribuita. Il sistema di controllo centralizzato, oppure l’insieme delle periferiche in un sistema ad intelligenza distribuita, provvede a svolgere i comandi impartiti dall’utente (ad esempio accensione luce cucina oppure apertura tapparella sala), a monitorare continuamente i parametri ambientali (come allagamento oppure presenza di gas), a gestire in maniera autonoma alcune regolazioni (ad esempio temperatura) e a generare eventuali segnalazioni all’utente o ai servizi di teleassistenza. I sistemi domotici sono di solito predisposti affinché ogniqualvolta venga azionato un comando, all’utente ne giunga comunicazione attraverso un segnale visivo di avviso e conferma dell’operazione effettuata appositamente progettato per il suo tipo di disabilità.
Qualità della vita
E’ chiaro quindi che “L’obiettivo ultimo dell’A.T. è di contribuire all’effettivo miglioramento della vita delle persone con disabilità e delle persone anziane aiutando a superare e risolvere i loro problemi funzionali, riducendo la dipendenza dagli altri e contribuendo all’integrazione nelle loro famiglie e nella società”.L’A.T. non riguarda quindi soltanto la progettazione e l’individuazione degli ausili più adeguati ai bisogni e alle abilità di un utente in quanto richiede anche un’attenta considerazione di tutti i fattori che incidono sul suo utilizzo efficace, compresi i processi di inserimento di un ausilio nella vita di un utente, la realizzazione dei necessari interventi di addestramento e formazione e la valutazione di efficacia, efficienza e qualità dei risultati ottenuti. Tali fattori sono essenziali per raggiungere un uso ottimale delle soluzioni di A.T., siano esse singoli ausili o sistemi complessi. L’A.T. non riguarda soltanto gli oggetti progettati per risolvere problemi tecnici, ma soprattutto i bisogni e le richieste delle persone diversamente abili che usano o vorrebbero usare ausili tecnologici per svolgere particolari attività o occupazioni. Il contesto e gli ambienti fisici e sociali in cui queste attività hanno luogo devono essere valutati attentamente perché nel tempo sono soggetti a trasformazioni. I fattori che dovrebbero essere tenuti in considerazione sono, ad esempio, le aspettative dell’utente, la qualità della vita, il contesto familiare, i bisogni educativi o lavorativi, la configurazione fisica di tutti gli ambienti di vita dell’utente, ecc. L’attenzione a questi fattori è importante in quanto l’ausilio può incidere sulla qualità della vita della famiglia così come su quella dell’utente. Va inoltre ricordato che una soluzione appropriata per un contesto non deve causare difficoltà in altri contesti
Grazie per la pazienza
Dott. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo – Informatico
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