Pura malignità o c’è altro?
Davvero gli adolescenti che praticano cyberbullismo sono così spietati? O c’è qualche meccanismo che fa sì che non si rendano conto del male che causano? Com’è possibile che siano in grado di mettere online parole di una cattiveria inaudita come “ucciditi” o “il mondo sarebbe migliore senza di te”? Il fatto è che nel cyberbullismo entrano in gioco alcuni fattori che permettono una maggiore disinibizione che, associata alla minore empatia che si prova online nei confronti di persone che non si conoscono o, comunque, non si vedono, provocano i danni che conosciamo.
“Ho cominciato a rovesciare sugli altri la mia rabbia, maltrattandoli anonimamente. Sapere che le persone non possono riconoscerti ti dà un senso di potere e dipendenza. Mi sono ritrovato a maltrattare gli altri quando mi sentivo annoiato o arrabbiato. Mi sembrava di essere importante e di influire sulla loro vita.” (JAMES, 16 ANNI, CYBER TROLL)
Quello che accade ai nostri ragazzi è una caduta di empatia, di rispecchiamento occhi negli occhi, che ci permette di avvertire l’altro dentro di noi; viene quasi tutto mediato da uno schermo elettronico che funge da filtro tra noi e gli altri.
L’empatia
Ma cosé l’empatia ? E’ essenzialmente la capacità di una persona di comprendere le emozioni altrui e, di conseguenza, manifestare compassione e assimilare gli stati emozionali degli altri. Ad esempio, una persona che interagisce con un amico che manifesta sentimenti di tristezza, può sentirsi triste a sua volta o provare emozioni negative in risposta al dolore dell’amico. In questo modo la condivisione emotiva e la comunicazione tra le persone sono facilitate. Molti studi hanno mostrato che un basso livello di empatia è predittivo di comportamento di bullismo nell’adolescenza La spiegazione è che gli adolescenti che bullizzano gli altri tendono a mostrare un minor livello di comprensione empatica e di condivisione emotiva, e hanno meno probabilità di riuscire a inibire la proprie tendenze aggressive per empatizzare con il dolore e i sentimenti delle proprie vittime.
Il disimpegno morale negli adolescenti
Si manifesta così un vero e proprio disimpegno morale che rispecchia nei piccoli ciò che silentemente si è diffuso tra gli adulti nel contesto della moderna “civiltà”. Questo disimpegno si manifesta nel chiudere occhi e orecchi davanti alle sofferenze del vicino, della donna picchiata a morte dal marito o compagno perché sono cose che non interessano la nostra famiglia o non ascoltare ciò che la maestra fa in una classa vessando i bambini, perché io con i miei studenti mi comporto bene e le sue urla non riguardano la mia classe. Una certa dose di disimpegno morale che passa spesso come giustificato facendo appello a fini superiori per minimizzare la deplorevolezza della condotta agita (Bandura 2002) offre un modello esemplare ai nostri adolescente per esacerbare alcuni comportamenti tipici dell’età.
Il fenomeno della disinibizione
L’anonimato permesso da internet può far sì che alcune persone spingano i propri comportamenti oltre i limiti che avrebbero dal vivo. Quando non possono essere identificate, le persone spesso dicono e fanno cose che non farebbero se le loro identità fossero note: questo fenomeno è conosciuto come disinibizione. In un classico studio di psicologia sociale (Williams, Harkins e Latane, 1981) scoprirono che i partecipanti alla sperimentazione riducevano gli sforzi per collaborare a un’attività di gruppo quando erano convinti che nessuno potesse distinguere il contributo di chi ne faceva parte. Una volta che la loro identità veniva resa nota, però, i partecipanti applicavano il massimo sforzo. Di fatto, è proprio la garanzia dell’anonimato che permette ad alcuni individui di comportarsi da bulli. Bambini e ragazzi che sono fisicamente più piccoli e deboli dei loro coetanei a scuola tendono meno a comportarsi da bulli perché «fuori taglia». Ma con la comunicazione digitale, possono nascondersi dietro a un’identità fittizia e mettere in atto comportamenti devastanti. Per via del fatto che alcune persone possono nascondere la propria identità su internet per bullizzare gli altri, qualcuno ha definito il cyberbullismo come «una forma di bullismo ancora più vigliacca». Senza la minaccia di una punizione o di disapprovazione sociale, i cyberbulli possono assumere un comportamento completamente diverso da quello che manifesterebbero in una situazione faccia a faccia ,in realtà, quella dell’anonimato totale è più un’illusione che una realtà: nessuno è mai totalmente invisibile o anonimo quando utilizza i mezzi di comunicazione e informazione tecnologici. Nelle interazioni online, la reazione della vittima è quasi sempre impossibile da vedere, quindi manca quel «metro» di valutazione che permette di moderare il proprio comportamento. In molti casi è come se il perpetratore non si rendesse effettivamente conto che sta effettivamente comunicando con un altro essere umano, proprio perché non lo vede. Così disumanizza l’altro, ma purtroppo anche se stesso.
La disumanizzazione
Il concetto di disumanizzazione nella sua forma grezza, può essere descritto come lo spogliare gli esseri umani dell’unicità e dell’essenza che li rendono ciò che sono. Questo processo riduce un’altra persona a un animale (con pieno rispetto per questi) o a un meccanismo, di fatto privandola della sua umanità. Tutti gli esseri umani hanno la capacità di amare, provare empatia, razionalizzare e creare. Chi non si rende conto di queste capacità degli altri, avrà meno difficoltà ad esercitare una qualche forma di dominanza su una persona che ritiene inferiore o che invidia. Difatti la disumanizzazione è stata la base della politica Nazista per poter attuare lo sterminio del popolo Ebraico e permettere la Shoah, un’antica tecnica sempre attuabile, e che ancora oggi non viene esorcizzata ma utilizzata come mezzo di controllo sociale.
Assoluzione o meno ?
In definitiva gli adolescenti bulli e cyber bulli sono figli dei modelli a cui gli adulti li espongono, in seno alla famiglia, nella scuola e nelle istituzioni. Assolverli ? No ! Comprendere per Prevenire SI. Come ? Individuando questi modi di agire su stessi, essenzialmente come famiglia e scuola, per offrire un modello migliore a cui tendere nella profondità del sentire.
Dr. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo
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