Il parto è un momento molto importante nella vita di una mamma e del suo bimbo che però può trasformarsi in un momento stressante e talvolta doloroso. Negli ultimi anni, accanto a una crescente attenzione per la riduzione delle pratiche più invasive o che potrebbero richiedere tempi maggiori di recupero per le puerpere, si va concretizzando anche una maggiore attenzione per interpretare il momento del parto nella maniera più naturale possibile, seppur nella sicurezza di sale attrezzate e alla presenza di equipe mediche specializzate. Anche il parto negli ospedali viene visto quindi non solo come una pratica medica ma anche come un momento quanto più possibile naturale di condivisione – basti pensare al sempre maggiore numero di papà che decidono di assistere al parto supportando la propria compagna – e da gestire con la dolcezza e la calma che il momento merita.
Quello che ormai sembra consolidato per i parti spontanei, rimane però ancora molto marginale per le donne che devono affrontare un taglio cesareo. Il più delle volte, infatti, tale esperienza è vista solo come un intervento chirurgico e viene affrontato anche dalla gestante come tale.
Recenti studi e convegni scientifici hanno però dimostrato che è possibile e porta moltissimi benefici umanizzare anche il parto cesareo, chiamato per l’appunto non più “taglio cesareo” proprio per questo, e dare alla partoriente la possibilità di vivere l’esperienza della nascita del suo bambino secondo i propri desideri e le proprie aspettative attuando contemporaneamente delle pratiche scientifiche sicure che rendano questi momenti meno stressanti per la madre e il nascituro. In pratica, se sussistono le condizioni di sicurezza per la madre e il bambino, vengono effettuate delle procedure che permettono di vivere la nascita nella maniera più naturale possibile.
E proprio questo è accaduto lo scorso 30 gennaio a Castellaneta: presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia, una equipe multidisciplinare ha supportato una gestante in un parto cesareo programmato condotto non solo nelle totale sicurezza di madre e figlio ma anche utilizzando delle tecniche nuove che hanno permesso – come riportato in una nota della Asl di Taranto – di “ritardare il clampaggio del funicolo al momento in cui smette di pulsare. La pratica scientificamente consolidata permette, se vengono rispettate le linee guida, di giovare di preziosi benefici tra cui un aumento dei depositi di ferro, grazie anche al milking del cordone ombelicale e alla disponibilità della pediatra, esperta in rianimazione neonatale, presente al tavolo operatorio.” La donna ha anche potuto scegliere la musica che è stata trasmessa durante il parto, contribuendo così a creare un ambiente rilassato e familiare.

Alla mamma e al nuovo nato sono arrivati gli auguri del direttore generale della Asl Taranto, Stefano Rossi, che ha voluto anche complimentarsi con i professionisti che hanno permesso tutto questo “perché con il loro operato e con diversi accorgimenti hanno permesso all’Azienda di fare un piccolo grande passo in avanti nel senso dell’umanizzazione delle cure, che è un obiettivo che questa direzione aziendale sta perseguendo costantemente e con convinzione”.
Francesca Perrone
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