Si tratta di Francesco Barivelo, che scontava l’ergastolo presso il carcere di Sulmona, ma poi finito ai domiciliari a causa dell’emergenza coronavirus
Proprio in occasione della giornata in cui si celebra la Giornata nazionale della legalità uno degli assassini di Carmelo Magli torna a scontare la sua pena in carcere.
Si tratta di Francesco Barivelo, scarcerato (insieme ad altri 50 detenuti pugliesi circa), lo scorso 26 marzo a causa dell’emergenza sanitaria connessa a Covid 19. Era stato condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio della guardia penitenziaria di Taranto, Carmelo Magli, nel 1994 e oggi torna in carcere in applicazione al decreto Antimafia firmato dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, approvato in Consiglio dei Ministri lo scorso 9 maggio (decreto nato dopo severe polemiche per la scarcerazione di numerosi boss che hanno portato anche alle dimissioni del capo del Dap, Francesco Basentini, e che viene recepito ed eseguito dal nuovo capo dello stesso Dap, Bernaldo Petralia).
Carmelo Magli fu ucciso la notte fra il 17 e il 18 novembre mentre tornando a casa sua, a Francavilla Fontana, dopo aver smontato dal turno di guardia presso il carcere di Taranto. Fu una vittima scelta a caso (perché la vittima doveva essere il primo fra gli agenti che a fine servizio avesse lasciato il carcere), dai sicari del clan Perelli, il quale voleva impartire una lezione esemplare al sistema.
Erano anni di fuoco a Taranto (quelli fra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta), in cui lo scenario della provincia jonica era dominato da sanguinose guerre fra i clan della malavita, che combattevano per contendersi la preminenza assoluta degli affari illeciti sul territorio. Erano gli anni in cui molti gruppi (non sempre dai “lineamenti” ben definiti, ma il più delle volte ad impronta familiare), cercavano di primeggiare nell’illecito mercato del contrabbando, in quello nascente delle sostanze stupefacenti e dell’usura. Qualcun altro invece tentava di infiltrarsi clandestinamente nel mondo dell’imprenditoria o addirittura nel mondo politico. Perché erano i periodi in cui il capoluogo jonico poteva contare su un’economia abbastanza vivace, in grado ancora di donare ai tarantini sogni di agiatezza.
Dinamiche queste dalle quali poi nacque il maxi processo “Ellesponto”. Ma erano anche i tempi in cui nei grandi processi penali di mafia la magistratura e i legali dovevano iniziare a confrontarsi con un nuovo fenomeno che stava iniziando a prendeva forma per la prima volta in maniera insistente. Il contorto meccanismo dei pentiti. Fenomeno che rischiò di compromettere le regole rigide del processo penale (“Ellesponto” compreso), che dovevano confrontarsi con (il più delle volte) scaltre strategie e mezze verità di alcuni imputati e il loro tentativo di trovare “sollievo” alla loro condizione, auto traghettandosi nella sponda opposta dell’Acheronte.
“Ellesponto”, però, nonostante tutto, fra vincitori e vinti verrà ricordato come un esempio di grande forza ed equilibrio da parte della magistratura. Equilibrio per essere riuscita a mantenere la giusta rotta, senza cadere nell’imbarazzo degli straordinari racconti di pentiti improvvisati all’ultimo momento.
E proprio a proposito di pentiti, quella notte fra il 17 e il 18 novembre di 26 anni fa, insieme a Barivelo, c’era anche Osvaldo Mappa, il quale non esitò a scaricare innumerevoli colpi di mitraglietta sull’agente Magli. Però Mappa, subito dopo il suo arresto, si pentì, diventando collaboratore di giustizia, ma poi venne ucciso durante un agguato.
Barivelo, dunque, oggi torna in carcere, a Lecce, per ordine della Procura generale presso la Corte d’Appello di Taranto. Ma ancora oggi non è chiaro se l’uccisione di Magli fu una decisione dei vertici del clan oppure fu un eccesso di Barivelo e Mappa a quello che doveva essere solo un atto intimidatorio.
M.L.