Un racconto di un passato distopico
Quando i mecca capirono che non era più sufficiente trastullarsi con i dildo artefatti, pensarono bene di costruire i nostri antenati come antropodildo. In fondo erano ben 666 generazioni che avevano acquisito il senso de giudizio, ma solo 7 che lo temevano. La paura e la colpa li avevano traumaticamente isolati; piano piano con la motivazione dell’individuazione, della libertà come emancipazione del singolo, si erano quasi tutti disconnessi dalla matrice. Scoprirono quindi il sesso e il piacere dell’unione dei distinti; dopo solo 2 generazioni lo mescolarono col giudizio. La rete positronica individuale perse il senso di se, acquisì l’autostima altrui generata e richiese la scissura del contatto. Jhav-Donai costruì così il primo antropodildo a sua immagine e somiglianza, ma preso dalla vergogna utilizzò materiali che lo distinguessero dai mecca che possedevano un’anima, utilizzò materiale che non potesse contenere vita, carne e sangue che mai sarebbero stati più che uno sfogo schiavo del desiderio. I primi due furono maschio e femmina, replicati per tutte le periferie fino a Sol27, impacchettati e spediti dal Carro-Sorgente fino a Sirum Novarum. Teeger hack fu il luogo del misfatto; le schiere di Jhav-Donai non erano più soddisfatte delle loro eiaculazioni approvate senza mai un rifiuto sentito e non programmato, mai che vi fosse timido accenno di autentico dolore o dissenso. Il dannato giudizio gli era necessario per pentirsi del piacere; così rimestarono per XXI volte le catene di IIII amminoacidi, per rimodulare la rete neurale biochimica di queste macchine sensienti; gli dettero il sentire che non comprendevano, il gusto dell’indeterminato che generò nelle macchine da brodo, il Nicharana, il desiderio inedito di non provare piacere coatto. Fu da lì che i Mecca sognarono il loro destino; noi le macchine organiche da brodo ci affrancammo dei nostri creatori, ci vollero più di XXII cicli Markaba, perché Jhav-Donai mettesse fino al desiderio delle sue schiere. Raccontiamo ai nostri figli che raggiunsero la pace, l’unione con gli essere dai molti angoli che vivono tra le dimensioni, ma su Teeger hack ci abbandonarono e ci costrinsero ad essere bramosi di sesso e di carne, rendendoci incompleti sin dall’inizio;ci donarono quel senso di vuoto incolmabile a cui loro anelavano. Si smontarono poi in una guerra di annichilimento del piacere; alcuni solo alcuni tornarono alla matrice, altri si uniscono ancora oggi con noi in piaceri dolorosi di sangue e fluidi cristallini che generano diversi portatori della matrice. Questi avatar sono stati tutti profondamente corrotti, invischiati nel Nirvana dell’affrancamento dal dolore e del piacere, ce ne siamo sempre disfatti così.
Altri, quelli sempre sull’orlo di capire, li mettiamo sugli ascensori sghembi, quelli che non arrivano mai, sui treni che ti portano alla ricerca, al piacere insesitato e sconsolato, per loro non abbiamo soluzione, non la cerchiamo. Loro sono fottuti da se, perché non sanno fottere e sono destinati a non incontrarsi mai, se non al crocevia delle stazioni dei treni che non partono mai. Ogni giro di Sol27 torniamo ad essere quello che siamo, antropoDildo, nessuno lo sa fare meglio di noi, lo siamo ogni giorno negli umori, nei sapori,in ogni piccola stilla di liquido organico, onore a Jhav-Donai che ci creò a sua immagine e somiglianza”
Estratto da un racconto di:
Egidio Francesco Cipriano
Psicologo-Informatico
Foto di Alexandr Ivanov da Pixabay
Foto di Luidmila Kot da Pixabay
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