La prima domanda da farci dopo il colpo di Stato in Siria è: e adesso? Da una parte è stato rovesciato un signore, Assad, che ha fatto dell’eliminazione delle libertà civili, dell’utilizzo delle armi chimiche, della tortura e incarcerazione dei dissidenti politici il suo cavallo di battaglia: una ricetta tipica dei regimi non democratici di stampo medio orientale. Dall’altra, l’avanzata dei ribelli ha condotto negli anni alla conquista di alcune città sino ad arrivare a Damasco, a rovesciare quel sistema che per molto tempo ha oppresso il popolo siriano. Grandi festeggiamenti hanno infatti animato Damasco dopo la liberazione dei prigionieri torturati.
Ma se prima era presente un regime condannato dall’intero occidente, adesso il rischio è che prenda piede un sistema peggiore, quello degli integralisti islamici. Se da una parte tale sistema è “coccolato” mediaticamente da parte dei media, assunto a salvatore del popolo siriano e come unico sistema per rovesciare Assad – adesso rifugiato a Mosca per asilo politico concesso dal Cremlino – dall’altra dobbiamo gettare un focus su Abu Mohammed Al Jolani, cioè il tagliagole a capo della protesta dei ribelli. Ex miliziano dell’Isis, ex collaboratore di Al Qaeda dopo l’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, vanta un curriculum di tutto rispetto. Lui alla guida dei ribelli, mentre Mohammed Al Bashir, invece, nominato primo ministro in un governo di transizione sino al primo marzo 2025. Mentre la situazione politica nel paese è caotica, e le incognite sono tante, il vicino di casa tenta di utilizzare la tempesta per un attacco ai siriani. Così Netanyahu, primo ministro israeliano, già minaccia:”se permetteranno all’Iran di insediarsi in Siria, faremo pagare loro un prezzo molto elevato.”
Lo afferma nell’aula di tribunale nel processo per corruzione, che lo vede imputato e con un rischio di condanna a 7 anni. Che l’occidente non commetta l’errore di condonare il passato di Al Jolani, che non commetta un pericoloso doppio pessimo. Sulla testa del popolo siriano pende una rete più insidiosa di Assad.