Nessun dubbio sulla dipendenza dal siderurgico: il profitto e il lavoro prima di tutto.
Almeno un merito a Mittal va riconosciuto: quello di aver determinato le condizioni perché, ciò che tutti già sapevamo ma fingevamo di non sapere, è definitivamente chiaro: il re è nudo. Ma ora lo sanno e lo ammettono tutti. Taranto è una città, un territorio, che dipende dall’industria siderurgica a cui non può o non vuole rinunciare. Non ci sono più dubbi; a parlare di chiusura e riconversione economica ormai sono rimaste le associazioni ( non tutte a dire il vero perché c’è chi ancora crede all’ “ambientalizzazione”), le mamme e i papà “orfani” dei propri figli, e alcuni irriducibili combattenti. La politica tutta (con pochissime eccezioni) chiede a Mittal, con modalità diverse, di onorare il contratto e di continuare a produrre. Anche quelle forze che hanno fondato la campagna elettorale sull’idea di chiusura di tutte le fonti inquinanti, oggi sono chiaramente per la continuità dell’esistente. Imprenditori, lavoratori e sindacalisti, naturalmente, per vocazione, tutelano interessi economici e occupazione. Tra le istituzioni c’è chi ancora parla di decarbonizzazione e chi si tiene in disparte. Il lavoro e il profitto prima di ogni cosa. Questo è. Poi sentiremo dire che solo attraverso la attività degli impianti è possibile realizzare bonifiche e adeguamento degli impianti. Ma lo sentiamo ormai da troppo tempo. Senza andare troppo lontano nel tempo è dal 2012, anno dei provvedimenti della Magistratura, che attendiamo che si faccia qualcosa di concreto. Per correttezza dobbiamo dire che almeno la copertura dei parchi minerali è quasi completata. Non è la soluzione ai problemi ambientali ma almeno ridurrà drasticamente lo spolverio di minerali. Per il resto i fatti dicono che siamo molto lontani dal creare condizioni di piena compatibilità della produzione industriale con la tutela di ambiente e salute. Come andrà a finire una vicenda davvero complessa nessuno può dirlo al momento ma difficile ipotizzare che lo stabilimento chiuda. In ogni caso è azzardato ipotizzare che, qualunque sia l’esito finale, si possa contare su un miglioramento delle condizioni generali di benessere del territorio, intendendo per benessere l’insieme di lavoro, sicurezza, tutela della salute. E’ invece prevedibile un ulteriore compromesso al ribasso. La città è divisa ma non in parti uguali; è evidente la preponderanza di chi ha interesse al mantenimento dell’attuale sistema economico fatto purtroppo di monocultura, di dipendenza dall’industria pesante, con tutto ciò che comporta come conseguenze. Conseguenze che, attenzione, non fanno riferimento solo alla mattanza che la scienza ormai attribuisce, almeno come elemento aggravante, all’inquinamento ambientale, ma anche all’assenza di prospettive occupazionali. L’industria tarantina in ogni caso non garantisce sviluppo, e i tanti giovani che vanno via ne sono una plastica testimonianza. Danno e beffa dunque, economia in stagnazione, ambiente e salute compromessi. Ma si sappia una volta per tutto: Taranto lo vuole. Almeno si smetta di prendere in giro e si rispetti la memoria dei morti e la sofferenza dei genitori che hanno perso i figli.
Il direttore