La canicola di New York
Credo fosse l’estate del 2005, ero a New York City con mia madre Adriana e mio fratello Massimiliano per un suo ciclo intensivo di riabilitazione in un centro di alta specializzazione. Con la canicola newyorkese non si scherza, a giorni peggiore di quella tarantina, si entrava così tanto spesso nei Duan Reade, farmacie e minimarket della Walgreens Boots Alliance, per goderne il refrigerio dell’aria condizionata e far scorta di acqua fresca elettrolizzata, che si poteva essere confusi con degli stakeholders aziendali.
Destinazione Bronx Zoo
Un giorno insieme ad un compagno di avventure, anch’egli in sedia a rotelle come Massimiliano, decidemmo di recarci al Bronx Zoo. Da bravi italiani ci sembrava un’avventura, un impresa, non perché fosse solo entusiasmante visitare un’aria quasi selvaggia di 170 ettari con piedi e ruote, ma quanto il fatto di raggiungerlo in gruppo con le sedie a rotelle utilizzando dei mezzi pubblici. Eravamo quasi sicuri che sarebbe stato avventuroso solo per questo. A quei tempi alloggiavamo sulla 34th strada east side, tra la seconda e la terza avenue. Erano già i tempi d’Internet e collegandomi al sito della MTA Metropolitan Transportation Authority, la società di pubblica utilità responsabile del trasporto pubblico nell’intero stato di New York, che serve ben 14 contee anche in Connecticut, a memoria ricordo che individuai nel BMX11 express Bus il mezzo per arrivare da Manhattan al famigerato Bronx.

Gli autobus che non ti aspetti
Ero più giovane e allenato, così decisi insieme al padre dell’altro amico carrozzato di spostarci a piedi fino alla Madison Avenue, luogo di approdo dell’autobus. Ero assiduo frequentatore delle linee urbane, tra i vari m101, m15 per South Ferry ed m34, dove sapevo che ci sarebbe stato spazio per due persone in sedia a rotelle, e dove gli autisti si prodigavano nell’assicurare le persone con i dispositivi di sicurezza dopo averti chiesto la fermata di destinazione. Temevo che le linee express, tra i vari boroughs newyorkesi fossero meno attrezzate anche perché dall’esterno non si riuscivano ad individuare pedane o grandini che si trasformassero in wheelchair lift. Arrivati alla fermata, muniti di cappellini, acqua, e repellente per le zanzare attendemmo poco più di 10 minuti che si presentasse il bus; scese subito l’autista per chiedere a mio fratello e non a me se la compagnia fosse al completo o attendessimo altre persone in sedia a rotelle, poi con sorriso sornione ci chiese “Bronx zoo ?”, Massimiliano rispose “yes”. Vedemmo allora magicamente comparire dalla carrozzeria un sollevatore, che scese fino alla strada nella giunzione col marciapiede; l’autista fece spostare due persone dai sedili adiacenti l’entrata della pedana mobile, per farli poi semplicemente collassare per far posto a due sedie a rotelle. Le persone a bordo attendevano senza alcun segno di “stizza”

L’incidente diplomatico
Quando l’autista sceso dall’autobus caricò mio fratello sulla pedana; sbiancò immediatamente quando il marchingegno si rifiutava di salire, dopo vari tentativi incominciò a scusarsi e usando la radio di servizio allertò la centrale dell’MTA; dopo circa quindici minuti arrivò un altro autobus, con a bordo numerosi passeggeri e un SUV della compagnia con lampeggiatori e sirene accese, da dove scesero due ufficiali che ci chiesero come stavamo e se avessimo bisogno di acqua visto il caldo. Con calma gli ufficiali fecero transitare i passeggeri del secondo autobus sul primo e poi caricarono con le pedane funzionanti mio fratello e il suo amico, oltre a noi familiari sul mezzo sopraggiunto. L’autista ci saluto dicendo, “let’s go, it’s a free ride”. Il bus non fece fermate e ci accompagnò direttamente allo zoo, dove ci fecero scendere, non prima di chiederci a che ora avremmo lasciato le bestie feroci…. gli dicemmo alle 5:00 p.m.

Il felice ritorno
Fu una bella giornata, molto faticosa ma veramente bella, tanti ettari di zoo non potemmo visitarli tutti in un giorno, ma serbo un ricordo felice di quel giorno, anche se meno avventuroso del previsto. C’ingozzammo di cose poco salutari, vere e proprio junk food tra l’americano e il texmex: hot dog, hamburgher (per me vegetariano), quesadillas, nachos e burritos. Alle 17 … alla River entrance c’era l’autobus, quello del mattino con lo stesso autista. Ci salutò e ci accolse, solite manovre, sedili già collassati, ben assicurate le sedie a rotelle…. ci avviamo verso Manhattan. Contravvenendo alle norme riuscii a conversare con l’autista che mi raccontava come dall’11 settembre il loro lavoro fosse cambiato e di quante nuove responsabilità avessero, e tra una cosa e l’altra mi chiese dove abitassimo. Era un trucco, uno sporco trucco, perché invece di lasciarci all’ordinaria fermata, fummo accompagnati nei pressi del nostro domicilio, con tanto di scuse per l’inconveniente mattutino
L’avventura che non c’era
Una bella avventura, di quelle memorabili che vanno raccontate, nell’America del Disability Act e dalle contraddizioni sociali e sanitarie.
Dr. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo
Foto MTA transit NYC, Egidio Francesco Cipriano
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