L’infanzia e l’appuntamento con l’Inconscio
Carl nacque il 26 luglio 1875 nel piccolo villaggio di Kesswil, sulla costa svizzera del Lago Costanza. Era l’unico figlio maschio del pastore del villaggio, il Reverendo Paul Achilles Jung, e di Emile Preiswerk. Il nonno, omonimo, Carl Gustav Jung (1794-1864) era un famoso medico, che diventò Rettore dell’Università di Basilea e Gran Maestro della Loggia Massonica svizzera. Si diceva che fosse figlio illegittimo di Goethe, ma probabilmente, nonostante la sua somiglianza fisica col poeta, era solo una leggenda. La madre di Jung, Emile, era la figlia più giovane di Samuel Preiswerk (1799- 1871), un teologo tanto famoso quanto eccentrico, che trascorse la sua vita a studiare l’ebraico, in quanto riteneva fosse la lingua parlata in paradiso. Era un sostenitore del sionismo, aveva visioni, e sosteneva di poter parlare con i morti. Fino a quando non si sposò, Emile dovette assistere il padre durante la composizione dei sermoni,
sedendosi dietro di lui per impedire al demonio di sbirciare quello che scriveva. Molti altri membri dell’ampia famiglia Preiswerk erano persone di chiesa, altrettanto interessati all’occulto.
Frullato d’Anima
Questo mix di medicina, teologia e spiritualismo ebbe una certa influenza sullo sviluppo intellettuale del giovane Carl. La sua famiglia traslocò due volte durante la sua infanzia: la prima quando lui aveva sei mesi, la seconda quando aveva quattro anni, ma entrambe le case (delle canoniche) non erano certo l’ambiente ideale dove un bambino potesse crescere. Nella sua autobiografia “Ricordi, sogni,
riflessioni”, Jung descrive l’atmosfera di casa sua come “irrespirabile”: si sentiva costantemente oppresso da un senso di morte, malinconia e disagio. I genitori non dormivano insieme, lui divideva la sua stanza col padre. Quando Carl aveva tre anni, sua madre ebbe un grave esaurimento, a causa del quale dovette trascorrere vari mesi in ospedale. Questa separazione forzata in una fase così delicata dello sviluppo influì moltissimo sull’intera vita di Jung. Nonostante infatti fosse stato accudito da una zia e da una governante durante l’assenza della madre, Jung ricordò sempre di essere stato terribilmente preoccupato in quel periodo: soffriva di eczema psicogeno e faceva terribili incubi. Egli stesso ricordò che da quel momento fu sempre diffidente nei confronti della parola “amore”, e che ciò che per lungo tempo associò con il concetto di donna fu l’idea di un’innata inaffidabilità.
Il padre
Il padre di Jung era un uomo gentile e tollerante, ma suo figlio lo vedeva come debole ed emozionalmente immaturo. Aveva perso precocemente la fede, ma nonostante questo non abbandonò il suo mestiere di pastore, considerato che gli garantiva uno stipendio certo. Il fatto di dover mantenere le apparenze di devozione quando invece non aveva più alcuna convinzione religiosa, lo trasformò in un ipocondriaco lamentoso, difficile da amare e rispettare sia per la moglie che per il figlio.
Strano, bullizzato e solo
Figlio unico fino alla nascita della sorella Gertrud nel 1884, Carl era scontento a scuola, in quanto si sentiva sia isolato dai coetanei che alienato dal suo sé interiore: il suo modo di fare stesso) lo rendeva impopolare, e l’ambiente scolastico gli impediva di prosperare. La sua stranezza fu aggravata da una serie di problemi che lo traumatizzarono, come quando un insegnante lo accusò di aver copiato un tema che invece aveva composto con grandissima cura. Quando si dichiarò innocente, protestando, i suoi compagni si schierarono con l’insegnante. Queste esperienze lo fecero sentire “marchiato” e terribilmente solo. Per lungo tempo si ritirò completamente, sviluppando una tendenza a fingere degli svenimenti dopo gli scontri con i compagni. Restava a terra più del necessario
pensando “Adesso non dovrò più andare a scuola”. Passava più
tempo possibile da solo:
“Restavo da solo con i miei pensieri. Era quello che mi piaceva di più. Giocavo da solo, sognavo a occhi aperti o giravo nei boschi per conto mio, e avevo un mondo segreto che apparteneva solo a me"
Questo mondo segreto lo compensava del suo isolamento: le fantasie e i rituali per lui erano particolarmente intensi, e influenzarono il resto della sua vita. Ad esempio, la sua abitudine di adulto di studiare da solo nella torre che si era costruito a Bollingen, sul lago di Zurigo, corrispondeva a un rituale infantile in cui teneva un manichino scolpito da una scatola di matite in una trave della
soffitta della canonica. A volte andava a trovare il manichino e gli portava dei fogli scritti in un linguaggio segreto per fornirgli una libreria nel suo rifugio nella soffitta. Ciò conferiva a Carl un senso di “sicurezza vinta da poco”, che gli permetteva di sopportare il carattere irritabile del padre, la depressione invalidante della madre e la sua stessa alienazione a scuola:
“nessuno poteva scoprire il mio segreto e distruggerlo. Mi sentivo sicuro, e la consapevolezza angosciosa di essere strano se ne andava”.
C’era un altro rituale che lo preparò alle sue intuizioni sul concetto di proiezione in psicologia. Era un gioco di immaginazione che faceva seduto su un grande sasso in giardino. Lui diceva:
“Sono seduto su questa pietra, che sta sotto”
e subito la pietra ribatteva:
“Me ne sto qui sul pendio e lui è seduto sopra di me”,
allora Carl si chiedeva:
“Sono io quello che è seduto sulla pietra, o io sono la pietra su cui lui è seduto?”
Questo lo lasciava con “un senso di oscurità curiosa e affascinante”, ma era consapevole che la sua relazione con la pietra contenesse qualche indefinibile significato. In questo gioco sono riscontrabili le tracce di quelle che saranno le intuizioni di Jung riguardo ai misteri dell’alchimia e degli alchimisti che proiettavano i contenuti della propria psiche all’interno dei materiali con cui lavoravano in “arcani” laboratori.
a breve la seconda parte
Dott. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo Informatico
Bibliografia
- JUNG C.G., L’io e l’inconscio, Boringhieri ed., 1973
- RINALDI B, Vis à vis con Carl Gustav Jung, Giornale Storico del Centro Studi
Psicologia e Letteratura, 12, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2011. - HANNAH, BARBARA. Jung, his life and work: A biographical memoir. New York:
Putnam, 1976 - Devescovi P.C., Il giovane Jung e il periodo universitario. Documenti inediti della
Zofingia, Moretti & Vitali, Bergamo, 2000.