Intervento dell’ Arch. Augusto Ressa
L’urbanistica del Borgo Umbertino introduce a Taranto elementi innovativi rispetto alla struttura dell’Isola che si lascia alle spalle. Oltre ad offrire tracciati viari ortogonali con maggiore ampiezza delle sedi stradali, destinate alle carrozze e ai tram, la città ottocentesca è disegnata anche a misura di pedone.
I tarantini scoprono la comodità dei marciapiedi e dispongono di aree pedonali alberate, come la piazza Garibaldi, e i giardini del Peripato.
Nei primi anni del ‘900 saranno inseriti nel Borgo ulteriori innovazioni urbanistiche destinate ai pedoni, quali la Galleria del Palazzo degli Uffici, che collegherà la Piazza Archita con la piazza della Vittoria, e il Mercato Coperto, spazio pubblico circoscritto che occupa un intero isolato fra le vie Anfiteatro, Acclavio, Principe Amedeo e De Cesare.
Questa piazza pedonale sarà chiusa inizialmente da quattro corpi edilizi ad “L” ad un solo livello con le botteghe aperte al suo interno, con quelli che oggi chiameremmo dehor protetti da tettoie in ferro con pilastrini in ghisa.
Negli anni ‘30 sarà realizzato un piano in sopraelevazione che interesserà i quattro corpi edilizi collegandoli in quota. Successivi interventi trasformeranno la piazza-mercato con funzionali, ma anonime, tettoie con struttura in cemento armato distribuite su tutta la superficie per proteggere i banchi dei venditori.
Il declino del mercato, sul finire degli anni ‘70 sarà determinato dal proliferare di più moderni punti vendita, dei supermercati destinati alla grande distribuzione, oltre che dal graduale spopolamento del Borgo in ragione di un’urbanistica che favorirà il sorgere di una sconfinata periferia.
Questo luogo d’incontro e di socializzazione, abbandonato al progressivo degrado, dopo un progetto mai realizzato di teatro di innovazione che avrebbe dovuto interessare gran parte della piazza interna, fu infine recuperato nel 2014.
La piazza perderà tuttavia il ruolo centrale di luogo destinato alla vita sociale, e sarà trasformata in un anonimo parcheggio che, nelle intenzioni dell’allora amministrazione comunale, sarebbe stato di durata temporanea, limitato al periodo natalizio. Così non fu, e a nulla valsero i dinieghi della Soprintendenza, né gli inviti delle associazioni e di studiosi di storia cittadina ad evitare l’uso stabile di quella piazza a parcheggio.
Fra le motivazioni contrarie, quella riferita alla presenza acclarata dei cospicui resti dell’anfiteatro romano di età imperiale la cui arena giace ad alcuni metri di profondità dalla quota di calpestio della piazza. Ma il rapporto fra Taranto e l’archeologia è sempre stato tormentato (ho già trattato l’argomento e sorvolo sull’unico campione di scavo lasciato a vista anche qui nella piazza che, così com’è, sarebbe meglio reinterrare), per cui la questione dell’anfiteatro per ora resta archiviata: ai posteri la soluzione dell’annosa questione.
Intanto la piazza, che si presta ad essere recuperata ad un uso più adeguato, quale punto di aggregazione della comunità cittadina, straordinario spazio circoscritto per attività all’aperto legate al tempo libero e ad attività culturali, un teatro dov’era l’anfiteatro, che potrebbe recuperare al suo interno il rapporto con le attività commerciali presenti ai piani terra, i cui accessi dai begli archi dalle cornici modanate, risultano ora assurdamente murati, dovrebbe, a mio avviso, essere oggetto di un progetto di rigenerazione urbana, liberandola dalla attuale mortificazione d’uso a parcheggio.
In una città che tende finalmente a recuperare una dimensione a misura d’uomo, promuovendo la mobilità dolce, disincentivando l’uso del mezzo privato, mi aspetto che la piazza ritorni ad avere una sua dignità legata alla sua storia ed alla sua valenza urbanistica. Ci troviamo di fronte ad un caso facile per il quale, come dicono a Napoli, “non ci vuole la zingara”. Penso a quell’unica volta che fu utilizzata ed allestita per il Due Mari WineFest da un gruppo di giovani, encomiabili imprenditori tarantini: fu uno straordinario successo!
architetto Augusto Ressa.
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