A colloquio con il legale della famiglia Zaratta, l’avv. Leonardo La Porta
Domani, lunedì 1 febbraio, riprenderà “Ambiente svenduto”, il processo che dovrà fare chiarezza sul presunto disastro ambientale provocato dallo stabilimento (ex) Ilva di Taranto durante la gestione Riva nell’arco di tempo che va dal 1995 al 2013. E avrà così inizio la requisitoria della pubblica accusa.
Parallelamente a questo processo, ampia rilevanza ha acquisito anche a un altro filone giudiziario, che proprio qualche settimana fa ha visto la notifica di avviso di conclusione di indagini per nove dirigenti dello stesso stabilimento siderurgico per la morte del piccolo Lorenzo Zaratta. Due canali giudiziari differenti, dunque, ma che hanno un denominatore comune. L'(ex) Ilva appunto.
Ad ogni buon conto, Lorenzo, lo ricorderanno tutti, è il piccolo nato a Taranto con una grave neoplasia cerebrale congenita e costretto per molto tempo in un ferroso e agonioso letto di corsia, dove ha sempre combattuto fra la vita e la morte. Morte che purtroppo arrivò quattro giorni dopo il suo quinto compleanno. Il 31 luglio 2014 .
Sappiamo bene che sino a qualche tempo fa era difficile mettere in relazione le emissioni prodotte dall’(ex) Ilva e la malattia di Lorenzo. Ma adesso qualcosa potrebbe cambiare.
Per questo, proprio alla vigilia dell’udienza di “Ambiente Svenduto”, abbiamo deciso di fare due “chiacchiere” con il legale della famiglia Zaratta, Leonardo La Porta, per delineare tutti i percorsi intrapresi dal 2014 ad oggi nella vicenda che riguarda il piccolo Lorenzo.
Avvocato, è la prima volta che la procura jonica notifica un’avviso di conclusione di indagini, mettendo la morte di un bambino di Taranto in relazione con l'(ex) Ilva. Eppure di bimbi ne sono morti tanti, anzi proprio due sono morti qualche mese fa a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro…
“Sì, è così. E’ da decenni che si parla in generale di una incidenza tumorale superiore alla norma a Taranto. E accade anche fra i bambini”.
Facciamo adesso un passo indietro… come è nata sei anni fa l’idea e poi la decisione di portare avanti questa accusa?
“Premetto che Lorenzo è sempre stato un bambino importante per i movimenti ambientalisti di Taranto. Era l’immagine della lotta per i bambini contro ‘il mostro’. Mauro, infatti (il papà di Lorenzo – ndr), andava in giro con il manifesto dell’immagine di Lorenzo.

Poi quando il piccino è morto sono accadute sostanzialmente due cose. Da un lato la procura ha aperto un fascicolo in autonomia, (senza alcuna denuncia da parte di nessuno – ndr). E lo ha fatto, appunto, per poter comprendere cosa fosse accaduto veramente. Dall’altro, contestualmente, ci è stato anche un interessamento alla questione da parte di alcuni professionisti che hanno voluto studiare il caso. Quindi, in breve tempo, la famiglia Zaratta venne contattata da un centro di Modena che propose una revisione sugli esami bioptici del piccolo per approfondire la cause della neoplasia. Ed è quello che poi è accaduto. E, a mio parere, ho ritenuto che questo approfondimento andava fatto.

Infatti, permettetemi di aggiungere, personalmente sono impegnato nel movimento ambientalista da tantissimo tempo. Difendo anche sia ‘Alta Marea’ che altre persone nel processo ‘Ambiente Svenduto’. Sono fra l’altro uno degli avvocati che ha vinto la causa alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro l’Italia (ricorso promosso dal presidente del comitato “Legamjamoci contro l’inquinamento”, Daniela Spera, che ha dato ragione a 161 dei 180 tarantini che accusavano lo Stato italiano di non essere stato in grado di tutelare la loro salute. Sentenza emessa a Strasburgo nel gennaio 2019 – ndr). Italia colpevole di non aver tutelato la vita dei cittadini tarantini. Quindi per me era un passaggio necessario poter dare il mio contributo a favore di Mauro e di Lorenzo. Questo perché, come accennavo prima, noi abbiamo numeri importanti per quanto riguarda i malati e i decessi per tumore e la possibilità di poter dare il nome a uno di questi è un fatto importantissimo. E quando Mauro mi chiese se mi volessi occupare di questa vicenda… be’, automaticamente l’ho fatto, senza pensarci neppure un attimo. Così l’ho incontrato e abbiamo iniziato questo percorso insieme”.
A quel punto lei ha interpellato alcuni specialisti per cercare di dimostrare cosa ci fosse dietro la morte di Lorenzo…
“Sì. Siamo partiti proprio dallo studio condotto dal centro di Modena, che evidenziava la presenza di materiali inorganici, in particolare minerali, nel tessuto cerebrale di Lorenzo. E già questo è stato per tutti noi sconvolgente, perché tutto puoi aspettarti, tranne che di trovare qualcosa che nel corpo non dovrebbe esserci. Da questo poi è nato l’interesse della comunità scientifica. Il CNR è dunque andato avanti nell’indagine per cercare di capire se Lorenzo fosse un soggetto predisposto alla malattia. Così abbiamo eseguito un esame del dna di entrambi i genitori per verificare se il bagaglio genetico del piccino fosse predisposto a non resistere a un ‘attacco’ di inquinanti”.
L’esito?
“Il bambino aveva un bagaglio genetico che in caso di ‘attacco’, avrebbe sicuramente contratto un tumore. Non poteva assolutamente resistere agli attacchi. Ricordo che in quella relazione, il CNR parlava proprio di un dito sul grilletto della pistola perennemente puntato contro e che colpisce appunto solamente chi è predisposto. E il piccino lo era”.
Predisposizione ovviamente “ereditata” dai genitori…
“Sì, l’ha ereditata dai genitori. Perché, per sua sfortuna, la sua mamma ha soggiornato per lavoro sul quartiere Tamburi durante i primi mesi gestazione. E, verosimilmente, c’è stato questo ‘passaggio’ di questi materiali che hanno raggiunto il cervello di Lorenzo”.
Quindi, quasi certamente non poteva essere una coincidenza…
“Be’ certamente non sono dei materiali che devono trovarsi in un corpo… oltretutto in quel periodo (quello di gestazione del piccolo Lorenzo – ndr), c’erano picchi altissimi di benzopirene nel quartiere Tamburi. E attenzione, non siamo noi a dirlo, c’è una documentazione prodotta dall’Arpa che afferma che proprio quel trimestre è stato un periodo devastante con l’inquinamento.
E l’esito lo trasmettemmo in procura, ma non come forma di accusa, ma come forma di collaborazione. Perché la famiglia Zaratta non ha mai fatto alcuna denuncia. La finalità, quindi, è soltanto quella di capire se c’è qualcosa che non va oppure no”.
Parliamo del 2015. Ma siamo nel 2021…
“E’ passato abbastanza tempo. Sì…”.
Perché?
“Probabilmente perché la procura, vista l’entità del discorso, prima di procedere e accusare qualcuno e dare un nome ha dovuto fare determinate indagini ed è giusto che sia così. Infatti un paio fa di anni chiesero una consulenza a un professore universitario di Roma, al quale venne posto nuovamente lo stesso quesito. Ovvero se ci fosse correlazione fra il materiale rinvenuto e la malattia e la morte del piccino. In quella circostanza, anche noi presentammo un’ulteriore consulenza, redatta da un professore universitario di Bari. Anche in quel caso, sulla scorta della quantità di inquinanti che avevano caratterizzato i primi mesi di gestazione della mamma, nessun spazio a dubbi.
Quindi ci sono appunto le nostre tre consulenza che si sono aggiunte a quelle prodotte della stessa Procura. E adesso vediamo cosa accadrà…”.
La procura aprì un fascicolo su Lorenzo in maniera spontanea, ma non si trattava del primo bambino morto in questa maniera. Cosa ha di diverso la vicenda Zaratta?
“Secondo me non è che la vicenda Zaratta abbia qualcosa di diverso dagli altri casi, ma è il momento storico in cui è avvenuto il fatto. Nel senso che, come accennavo prima, Lorenzo era l’emblema della lotta dei bambini di Taranto. C’era addirittura un gruppo, chiamato ‘Gli amici di Lorenzo’ che andava in giro per Taranto durante le manifestazioni. Inoltre c’era anche un manifesto che recitava ‘Lorenzo e Mauro lottano con noi’. Insomma era un’immagine davvero forte su Taranto. E siccome era il 2014, ovvero poco più di due anni dopo il sequestro dello stabilimento, parliamo di un momento in cui la città si iniziava davvero a rendere conto di quello che stava accadendo.

Comunque quello che conta è che adesso questo procedimento diventi un segnale molto forte nei confronti di chi decide per noi”.
Quali scenari potrebbero aprirsi adesso?
“Certamente, adesso, a conclusione delle indagini, i dirigenti (ex) Ilva iscritti nel registro degli indagati avranno l’occasione di difendersi. E ovviamente è un loro diritto per dimostrare la loro eventuale innocenza.
Ma la mia speranza è che venga chiesto il rinvio a giudizio. Ma attenzione, non per il desiderio di vedere queste nove persone condannate nel senso assoluto del termine. Ma affinché un giorno ci sia veramente consapevolezza di quello che accade intorno a noi e si dica ‘BASTA’ una volta per tutte e perché quello che è accaduto a Lorenzo, non debba accadere mai più ad altri bambini (e questo è il vero sogno della famiglia Zaratta).
E tutto questo è molto importante, perché Lorenzo non è Lorenzo. Lorenzo è tutti i bambini di Taranto. Ovvero tutti coloro che si sono ammalati e adesso chiedono giustizia. Quindi, se in questi anni sono morti dei bambini, iniziamo a capire il perché. Diamo un nome a questi bambini, perché non sono solo dei numeri”.
Il M5S fece il pieno dei voti proprio qui a Taranto con una campagna elettorale basata proprio sulla promessa di chiudere tutte le fonti inquinanti. Ma lo scorso 11 dicembre invece viene siglato l’accordo con il quale lo stabilimento torna indietro di 25 anni. Torna nelle mani dello stato (al 50% adesso e, probabilmente, al 60% nel 2022) e la produzione dovrebbe salire a circa 8mln di tonnellate. Cosa ne pensa?
“Quando venne eletto il nuovo governo, noi andammo a Roma per discutere di Taranto. Fra i tanti, parlammo anche con Di Maio, Conte e Zingaretti.
Ricordo che dopo che ascoltarono Mauro Zaratta, Di Maio si alzò dalla sua sedia e lo abbracciò. Da quell’abbraccio, noi tutti eravamo convinti che forse qualcosa sarebbe cambiato. E invece non è cambiato nulla. Oggi ci troviamo in una situazione in cui per l’ennesima volta il problema di noi tarantini è palesemente in secondo piano.

Nel 2012 fu fatta l’Aia e venne prescritto che i tarantini dovevano convivere in questo equilibrio fra lavoro e salute per i tre successivi e nel 2015 si sarebbe messo tutto in ordine. Ora siamo nel 2021 e stiamo ancora aspettando che questa vicenda trovi una soluzione. Soluzione che forse arriverà nel 2025 e per l’ennesima volta abbiamo uno Stato che interviene, senza dirci nuovamente se la produzione dello stabilimento sia compatibile con la salute dei tarantini.
Insomma, c’è il dispiacere nel pensare che nuovamente non si voglia trovare una soluzione. Ma l’unica soluzione percorribile è fermare quello stabilimento”.
M.L.
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