Duḥkha dolore e sofferenza
Secondo seri studi scientifici, chi medita da tempo ha una soglia più alta di tollerabilità al dolore, i praticanti avanzati avvertono il dolore con la stessa intensità dei principianti, ma lo considerano meno sgradevole. Quando arriva il dolore ne sono consapevoli e non se ne preoccupano prima; normalmente quando prevediamo di avvertire dolore i recettori dello stimolo reagiscono come se già provassimo dolore, così la reazione è così elevata che proviamo sofferenza prima ancora che se ne palesi la vera causa. Gli esperti in meditazione non reagiscono in anticipo, quando è il momento avvertono il dolore intensamente, e quando passa l’attività di risposta scompare istantaneamente . Qualcosa di simile capita al centro emotivo del cervello, l’amigdala, nei principianti si attiva quando anticipa il dolore, ma non negli esperti. E’ ovvio che scompaiono così anche le ruminazioni. Gli esperti in meditazione considerano il dolore un evento naturale, non una traversia emotiva. Nel 1963, un monaco buddista vietnamita, Thich Quang Duc, si diede fuoco per protestare contro il regime. Un giornalista scrisse: “Mentre bruciava non mosse un muscolo, non emise nemmeno un suono”. Invito tutti a non darsi fuoco per provare se si è degli ottimi meditatori o meno, ci sono metodi migliori, come la misura del tono dell’umore e la gestione efficace di ansie e paure
Esperti e non esperti
I praticanti esperti, non possono controllare ciò che accade nelle loro vite, ma hanno maggior controllo sulla loro reazione. La Mindfulness diventa così uno strumento estremamente potente per gestire internamente le situazioni estreme o altamente traumatiche, come ad esempio quella della morte improvvisa di un fratello con cui si è condivisa l’intera vita; così possiamo creare una distanza emotiva per fare una nuova scelta che non sia la stessa ripetuta reazione che ci metterà nuovamente nei guai. Respirare ci permette di pensare a come gestire la situazione. Sul lavoro ad esempio il nostro capo potrebbe dire qualcosa di spiacevole, così come nella scuola potrebbe farlo un docente, un collega o uno studente, il tutto potrebbe diventare costantemente e ossessivamente sgradevole. Con l’esperienza della meditazione possiamo diventare consapevoli di cosa succede fuori e dentro di noi, delle nostre reazioni, arrivando a gestire intimamente quello che ci succede internamente controllando così di conseguenza anche il nostro comportamento esteriore.
Incominciare
Cominciando a meditare ci concediamo la possibilità di creare una nuova immagine di noi stessi. Meditando possiamo realizzare che la percezione di sé, l’ego, sono semplici prodotti della mente, così come le reazioni al dolore e alle emozioni. La nostra percezione del sè deriva dal pensare al nostro passato e futuro, che è esattamente il compito del Default Mode Network (DMN), che diventa profondamente meno attiva negli esperti di meditazione. In chi soffre di depressione e ansia, la DMN è spesso molto attiva, proprio per questo praticare correttamente la mindfulness può alleviare questi disturbi.
Mindfulness e psicofarmaci
Non bisogna resistere all’ansia o agli attacchi di panico, bisogna accoglierli, familiarizzarsi, possono diventare il seme di una meditazione che integrandoli ne concede una buona gestione. Secondo alcuni studi la mindfulness non risulta efficace quanto gli psico farmaci, ma può essere un’alternativa per chi ne può fare a meno e vuole evitarne gli effetti collaterali e rimanere pienamente cosciente. Se la meditazione mette a tacere la vostra mente che saltella da un guaio possibile ad un disastro inevitabile, potreste avere modo di concentrarvi sul prossimo dono che la vita ha in serbo per voi.
Il diritto alla felicità
In definitiva tutti gli esseri umani desiderano essere felici e non soffrire, l’obiettivo della mindfulness è di renderci gentili, in primis con noi stessi, e di familiarizzarci con quello che realmente siamo mettendoci sulla strada della felicità. La consapevolezza da sola non è però sufficiente, prima di meditare, c’è un altro passo da compiere, si chiama moralità o più propriamente etica personale e di comunità che agisca come giusta intenzione verso se e gli altri in un mondo dove volere o volare viviamo tutti sulla stessa barca.
dr. Francesco Egidio Cipriano
Psicologo
immagini da www.pixabay.com
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