Il discorso del venerdì dal balcone del Carmine
Qual è il vero messaggio della Pasqua al di là dell’invito alla speranza, alla solidarietà, all’impegno con gli ultimi alla lotta contro le ingiustizie? Cose tutte che si proclamano anche senza la fede cristiana?
È l’annuncio che con la risurrezione di Gesù Nazareno la morte è stata sconfitta e che il nostro destino non è “l’infinita vanità del tutto”, come dolorosamente affermava Leopardi pur desiderando l’infinito? È possibile la vittoria sul nulla? E non per i dotti, ma per le persone comuni che piangono la morte dei loro cari; per chi ha visto i propri figli affogati nel Mediterraneo e desidera la carezza di una consolazione? Come è possibile che nella nostra breve storia si introduca qualcosa di eterno?
Il mattino di Pasqua è davvero l’inizio di una novità radicale nella storia?
I vangeli ci dicono di sì e proclamano qualcosa di più e di diverso del puro desiderio naturale di permanere e di non scomparire. Ma cosa è accaduto quel mattino? Certamente non è sbucato dal nulla, ma tutta la vita del Nazareno proclamava una differenza, una pienezza incomparabile con tutto il resto. Stare con Lui era bello; superava in ogni aspetto la saggezza degli scribi e la rigida giustizia dei farisei. Gesù era uno come noi, ma era anche chi diceva: “Ti sono perdonati i tuoi peccati, alzati e cammina”, invitava a non affondare nella tristezza. E diceva anche: “Che vale all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua vita”? Come anche la sua anima, aggiungo?
Il mattino di Pasqua è avvento qualcosa di definitivo: dentro la nostra storia c’è un punto definitivo, il crocifisso e risorto che illumina tutto il resto. Le lacrime dell’Addolorata e di tutte le mamme e dei papà che perdono i figli ci sono ancora, ma la vittoria del Signore tocca il tempo e la comunica alla Maddalena, agli Apostoli, e da loro a noi, come un flusso di vita inarrestabile. È più grande di noi, non è qualcosa inventato da noi. Per noi sarebbe impossibile, è frutto della potenza del mistero che si comunica sensibilmente. Il mattino di Pasqua è l’inizio di un cammino attraverso tutta la storia.
Da quel mattino e dal dono dello Spirito è nata l’esperienza dei testimoni di Gesù che giunge sino a noi nel segno fragile, e allo stesso tempo irriducibile, al mondo che è la Chiesa ora guidata da papa Francesco e diffusa nel mondo.
E il Papa testimonia oggi che questa vita nuova è per tutti, fonte di misericordia, solidarietà di pace, anche nelle contraddizioni del presente.
questo invece il tradizionale discorso del Venerdì Santo pronunciato dal balcone del Carmine
Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo,
perché con la tua santa Croce hai redento il mondo
Saluto l’arciconfraternita del Carmine, il suo priore Antonello Papalia e il padre spirituale mons. Marco Gerardo. Saluto le autorità civili e militari qui presenti.
Cari amici, il cammino della Chiesa universale, il cammino sinodale indicato da papa Francesco ci invita a vivere consapevolmente il camminare insieme e, sicuramente, la via sulla quale comprendiamo meglio il valore della comunione è la via Crucis; insieme con Maria siamo chiamati a custodire la tunica di Gesù, quella senza cuciture, quella che anche la soldataglia romana ha inteso non stracciare. Non stracciamo il primo frutto della Croce, ovvero la Chiesa. La Donna e il Discepolo sul calvario iniziano l’era nuova in cui quelle ultime parole restituiranno il senso al mondo fino alla consumazione dei giorni e nei cuori docili di una comunità che rimane unita nel cuore del mondo, esse saranno ben più potenti di quel terremoto che spacca le pietre di Gerusalemme, sono per sempre luce nuova nei cieli bui della storia.
Dalla breccia aperte sul costato del Cristo l’umanità può trovare una sorgente inesauribile e più andremo verso quei fiumi d’acqua viva più la rete del regno di Dio, colma di pesci, non si romperà come accadrà qualche giorno dopo la Risurrezione sulle sponde del Lago di Tiberiade.
Sotto la Croce, tutti insieme, mentre il mondo imperversa nello sfidare Dio bestemmiando contro la Vita, profanando l’amore e cercando di distruggere vite innocenti, ascoltiamole sette parole che come nettare affiorano dalle labbra di Gesù.
Padre perdonali perché non sanno quello che fanno.
Gesù ci affida al Padre suo, da lui non chiede solo il perdono ma ci giustifica, giustificandoci non condanna nessuno ma offre a tutti una possibilità di redenzione.
In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso
È la promessa solenne che il Signore fa ad un uomo che ha sbagliato tanto nella vita ma che si rivolge a Gesù con cuore sincero e pentito. Solennemente il Signore gli garantisce un posto accanto a Lui, per sempre, esaudendo subito la sua richiesta.
Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato?
È il momento in cui l’umanità è fusa con Dio. Sono di Dio ora le preghiere degli abbandonati della terra. Gesù soffre davvero come un uomo. Muore come muore ogni uomo. Ora sono sue tutte le domande a cui non troviamo risposta. Ma ci insegna ad aggrapparci con tutte le nostre forze a Dio
Donna ecco tuo Figlio, Figlio ecco tua madre.
Sotto la croce di Gesù non rimarremo mai soli, troveremo una famiglia
Ho sete
Gesù ti chiede qualcosa, rifiuta l’aceto del soldato, perché ha sete del tuo amore, del tuo sì, del sì dei poveri e degli abbandonati con i quali si è identificato. Desidera abbeverarsi alla tua aridità, solo così egli potrà manifestarsi una sorgente che disseta in eterno.
Tutto è compiuto.
Cosa si è compiuto? Tutto tende alla Croce che redime e che salva, tutto in cima alla Croce dove Gesù è inchiodato trova compimento e trova salvezza. Gesù colma la misura dell’amore. Non si può amare più di Lui!
Padre nelle tue mani rimetto il mio spirito.
È la preghiera della sera dell’uomo Gesù che nel supremo tormento non si dispera, ma si abbandona totalmente al Padre… Il nostro cuore è al sicuro perché è nelle mani di Dio.
Vedete come la bruttezza del Calvario è stata sconfitta dall’amore?
Che aspettiamo quindi fratelli e sorelle a cambiare vita, a batterci per la civiltà dell’amore qui a Taranto? Venendo in questa bellissima chiesa 11 anni fa e guardando da questo balcone questo immenso spettacolo di fede, ebbi a dire che trovavo difficile comprendere come tanta bellezza e unità non si riuscisse a declinare nella nostra società. Quali passi abbiamo fatto? Cosa è maturato in questa terra lungo questi anni?
Non nascondo che mi sarebbe piaciuto vedere risolte le emergenze più gravi, a partire da quella ambientale, il tempo nuovo indicatoci da papa Francesco nella Laudato si’. Purtroppo ci sono ancora tanti disoccupati e tanti lavoratori in cassa integrazione: non si può ironizzare in modo irrispettoso di chi dovrà vivere con un salario ridotto. Ancora, ci sono tanti giovani costretti ad emigrare per vedere un futuro degno. Per questo obiettivo la strada maestra è quella dell’ecologia integrale, quella in cui lo sviluppo è tale solo se contempla la cura dell’ambiente, la sicurezza e la salute dei lavoratori e dei cittadini; sono queste le dimensioni dentro le quali dobbiamo muovere i nostri passi rinnovati.
Ho visto però anche germogliare il bene di una solidarietà sconfinata verso tante persone ferite dal bisogno, e vi invito a continuare a vivere la solidarietà e a pregare con me per i poveri, gli ammalati, i migranti, i rifugiati e i giovani che non trovano lavoro.
Percorrere la Via Crucis vuol dire farsi un esame di coscienza, e come ho già ho avuto modo dire nei giorni scorsi, persone di retta coscienza formano una società giusta. Non può esservi una società giusta senza individui che vivano onestamente e che nelle proprie scelte personali non decidano di perseguire il bene comune alla luce del vangelo.
Questo mi auguro, che cambino i cuori nel nome di Cristo, e questo cambierà Taranto. Non c’è Stato, non c’è istituzione che possa aprire strade nuove se dal primo all’ultimo, a partire da chi ha responsabilità economica e politica, non lasciamo che il nuovo umanesimo di Cristo, che conferisce a tutti pari dignità e rispetto, parli alla singola coscienza. Di questo ho fiducia.
E questa fiducia diventa grido perché cessino nel mondo le imprese di morte: cessino questa guerra insensata e terribile di aggressione in Ucraina, con le altre nel mondo; ché il Mediterraneo che, come dice papa Francesco è diventato un cimitero, torni ad essere un mare di pace; cessi la devastazione del nostro pianeta; fermiamo questa esplosione di individualismo, questo smarrimento giovanile che diventa violenza gratuita, questa mancanza di un senso nelle nostre azioni.
Un grido che è una domanda al Signore, al Mistero fatto carne che non prevalga l’indifferenza nei rapporti, che non prevalga il disprezzo della vita dal concepimento fino alla fine naturale. Perché ogni istante è sacro e prezioso ed è abbracciato dal Signore dopo che Lui ha abbracciato la croce e l’ha resa cammino di resurrezione. Perché non siamo fatti per il nulla, ma per la vita, per la pace verso cui il Signore risorto ci conduce.
Vi benedico con la Croce del Signore, noi cristiani siamo segnati dalla Croce di Cristo, è il nostro stigma, è il segno della vittoria sul peccato e sulla morte. È il segno di una speranza certa per la nostra città e per tutto il nostro territorio.