Intervento dell’avvocato Ivan Zaccaria
Sempre più spesso nell’ultimo decennio sarà capitato di imbattersi nel termine inglese stalking (derivante da “to stalk”) con cui si è soliti indicare una serie di condotte minacciose o moleste, poste in essere al fine di ingenerare nella vittima paura ed ansia ed un fondato timore per la propria incolumità, compromettendo in tal modo, il normale svolgimento della vita quotidiana ed alterando le abitudini di vita della medesima.
Con la legge 23 aprile 2009, n. 38, è stato introdotto nel codice penale, l’articolo 612-bis, che punisce il delitto di “Atti persecutori”.
Il testo attuale dell‘art. 612-bis, dopo le modifiche apportate così recita:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata”.
Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di comprendere in concreto la natura di tale reato e le modalità di attuative dello stesso.
Con la parola anglosassone “stalking” (letteralmente fare la posta) si è soliti qualificare comportamenti reiterati di tipo persecutorio, realizzati dal soggetto persecutore nei confronti della sua vittima; trattasi di un insieme di condotte vessatorie che si manifestano sotto forma di minaccia, molestia, atti lesivi continuati e tali da indurre nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico nonché un ragionevole senso di timore ingenerato da tali condotte.
La peculiarità di tale condotta, ha quale aspetto caratterizzante la relazione forzata e controllante che si stabilisce tra persecutore e vittima, che finisce per condizionare il normale svolgimento della vita quotidiana della persona offesa ingenerando nella stessa un perdurante stato di ansia e paura e costringendola a modificare o alterare le proprie abitudini di vita.
Ma quali sono i comportamenti che costituiscono condotte assimilabili al reato di stalking?
Nella maggior parte dei casi (circa il 70/80%), i comportamenti assillanti provengono da uomini di solito partner o ex partner della vittima, ma il persecutore potrebbe essere anche un collaboratore, un amico, un conoscente che chiede incessantemente il pagamento di un debito o finanche un vicino di casa per mere questioni condominiali.
Il reato si realizza attraverso la plurime condotte moleste, che si caratterizzano a mero titolo esemplificativo in condotte tipiche quali sorvegliare la persona offesa, raccogliere informazioni seguendo i suoi movimenti ed ancora attraverso vere e proprie intrusioni nella vita privata, mediante appostamenti sotto casa o sul luogo di lavoro, pedinamenti e tentativi di comunicazione e contatti di tipo vario.
Generalmente ciò che contraddistingue tali condotte è un’ossessione dinamica, in continua crescita alimentata dalla continua esigenza dello stalker di soddisfare le proprie emozioni, i propri impulsi e desideri con stimoli sempre crescenti volti al proprio appagamento emotivo.
Ciò serve a comprendere la gravità di tale reato; difatti comportamenti che potrebbero apparire innocui con lo scorrere del tempo possono trasformarsi sino a degenerare, manifestandosi in concreto con condotte particolarmente aggressive e violente.
Ad ogni buon conto per la configurazione del reato, oltre alla condotta del soggetto attivo è necessario che si verifichino in concreto delle ripercussioni nella sfera privata della persona offesa, ovvero laddove si cagioni alla stessa “un grave disagio fisico o psichico” o si determini “un giustificato timore per la sicurezza personale o di uno stretto congiunto” o comunque pregiudichi in maniera rilevante le proprie abitudini di vita costringendo a mutarle o alterarle al fine di evitare ogni tipo di contatto con lo stalker. Tuttavia, va evidenziato che la condotta può ritenersi penalmente rilevante a condizione che la stessa sia reiterata nel tempo.
Sotto altro profilo, è importante sapere che la procedibilità per il reato di cui all’articolo 612 bis c.p. è a querela di parte, con termine per la sua proposizione di sei mesi, così come per il reato di violenza sessuale (anziché di 3 mesi come per tutti gli altri reati procedibili a querela di parte).
Tuttavia il reato diviene procedibile d’ufficio qualora venga commesso nei confronti di un minore o di una persona affetta da disabilità, nonché quando il fatto delittuoso risulta essere connesso con altro delitto per cui debba procedersi d’ufficio.
Il reato diviene altresì procedibile d’ufficio qualora il soggetto sia stato ammonito in ossequio a quanto previsto dalla legge 38/2009. Difatti, secondo tale normativa fintantochè la persona offesa non si sia determinata a sporgere querela, la stessa ha facoltà di esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza, avanzando richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell’autore delle reiterate condotte persecutorie.
Difatti, la richiesta avanzata viene quindi trasmessa senza ritardo al Questore, il quale assunte ove necessario le informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate sui fatti, nel caso in cui ritenga l’istanza fondata ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento.
Ovviamente, dopo tale ammonimento un eventuale ulteriore condotta persecutoria posta in essere dall’”ammonito” renderà il reato, come testè evidenziato in procedibile d’ufficio.
Infine va rammentato come per tale reato sia prevista l’applicazione di misure cautelari, all’applicazione delle quali viene commisurata alla condotta posta in essere dal reo ed in via gradata rispetto alla stessa si pongono anzitutto al fine di impedire un contatto tra le parti evitando ulteriori strascichi nella vittima. Difatti, inizialmente la misura cautelare applicata più di frequente è il “divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”.
La Corte di Cassazione ha più volte chiarito che nell’applicazione di tale misura, occorre conciliare due contrapposte esigenze:
a) determinare una compressione della libertà di movimento della persona obbligata nella misura strettamente necessaria alla tutela della vittima;
b) assicurare che la misura sia sufficientemente determinata, in modo che sia ben chiaro al soggetto obbligato quali comportamenti deve tenere, e sia eseguibile il controllo sulla corretta osservanza delle prescrizioni a lui imposte.
Spetta quindi al Giudice “riempire la misura di contenuti adeguati agli obbiettivi da raggiungere e rendere la misura sufficientemente determinata, per evitare elusioni o problematiche applicative”.
Sotto questo profilo, come è già stato riconosciuto in giurisprudenza la misura del «divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa» si articola in realtà in più fattispecie applicative, distinte per ratio, contenuto e grado di determinatezza:
- da un lato, il divieto di avvicinamento «a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa» e l’obbligo di «mantenere una determinata distanza da tali luoghi»;
- dall’altro, l’obbligo di «non avvicinarsi alla persona offesa», ovvero quello di «tenere una determinata distanza dalla persona offesa».
Lo scopo di tali previsioni è di assicurare alla vittima uno spazio fisico libero dalla presenza dell’aggressore.
In conclusione, la raccomandazione per ex-fidanzati (o fidanzate) gelosi o risentiti per essere stati bruscamente abbandonati (o traditi) dal partner, o per soggetti che in maniera molesta, minacciosa e reiterata cercano di entrare in contatto con altri per qualsivoglia motivazione, è quella di mantenere i nervi saldi e riflettere bene sulle proprie azioni, in quanto quello che potrebbe apparire come un insistente tentativo di recupero di una storia ormai finita, o anche di una legittima richiesta, può tramutarsi se la condotta sfocia in alcune dinamiche particolari, nel reato di atti persecutori per cui sono previste pene molto severe.
Ivan Zaccaria*
(e-mail: avv.ivanzaccaria@libero.it)
*Laureato presso l’università degli studi di Bari, con tesi di laurea in diritto penale. Dal 2006 è iscritto all’albo degli Avvocati di Taranto iniziando l’attività professionale dapprima in collaborazione con altro studio legale, e successivamente nel proprio studio professionale in Taranto.
Le materie di competenza dello studio sono prevalentemente il diritto penale ad ampio raggio con particolare riferimento ai reati contro la persona, alla responsabilità professionale in ambito medico-sanitario nonché reati contro la pubblica amministrazione e le imprese.
Lo studio opera nell’ambito dell’intero territorio regionale e nel corso degli anni ha instaurato una fattiva e duratura collaborazione professionale con molti colleghi e studi legali su tutto il territorio nazionale.