Mio figlio, Giuseppe, di 4 anni, ha sempre mostrato un grande amore nei confronti degli animali. In particolare, ha sempre amato i cani, sin da neonato, Insomma, quando ne vede uno impazzisce. Prima lo affronta timidamente provando ad accarezzarlo e poi cerca il suo consenso per giocarci.
Ora, da qualche tempo, insieme ai cani, prova un’ammirazione smisurata anche per i pesci. Ne ha uno a casa, un banalissimo pesciolino rosso, che ha deciso di chiamare Ugo. Appena torna a casa va a trovarlo, lo osserva e ci parla. Da qui l’idea di portarlo a Genova, per fargli visitare l’acquario. E quale occasione migliore se non il lungo ponte dello scorso 25 aprile?
Bene. Una volta a Genova, sono stato io a guardarmi intorno. Il mio primo pensiero è andato (o meglio è tornato), a Taranto, la città dalla quale sono partito. Pensavo… quando parli di Taranto (con chiunque), inevitabilmente la prima associazione di idee riconduce all'(ex) Ilva. Ma, perbacco, riflettendo anche a Genova c’è una sede dell'(ex) Ilva. Pensavo e ripensavo fra me e me.
Solo che a Genova si percepisce altro. Ebbene sì, (perché al di là della solita tiritera che a Genova c’è solo la produzione a freddo, mentre a Taranto ci sono gli altoforni che “sputano” fuori il peggio), il capoluogo ligure ha tutto quello che anche Taranto avrebbe diritto di avere.
E proprio guardando da lontano che l’immensità dell’acquario, che sorge su una banchina del Porto Antico, s’impone. E neanche farlo apposta, ripenso a qualche mese fa, quando un consigliere tarantino della Regione Puglia, ha proposto di costruirne uno proprio a Taranto. Ma nel capoluogo jonico hanno più voce in capitolo gli animalisti e così un’altra grande opportunità è andata alla deriva. Che dire… per carità, sono punti di vista.
Ma, pensate, Genova non ospita solo l’acquario (“il più grande d’Europa”, recita una delle insegne che campeggiano all’ingresso). C’è un’attrattiva ad ogni angolo.
Accanto all’acquario, per esempio, c’è il “Neptune” un antico vascello costruito nel 1986 per ambientare il film “Pirati” di Roman Polanski. E adesso è lì, ancorato a Porto Antico dal 2003, a disposizione dei piccoli fanciulli, che una volta sopra possono giocare e sognare a occhi aperti. Qualche metro distante c’è anche il “Nazario Sauro”, un vecchio sommergibile del 1980 della Marina Militare italiana, in disarmo, che ormeggia a Genova. Oggi è una nave museo.
E vogliate perdonarmi ancora una volta, ma anche il “Neptune” e il “Nazario Sauro” mi hanno riportato per qualche istante a Taranto. Mi hanno fatto ripensare a quando, qualche settimana, fa c’è stato un incendio all’interno della Vittorio Veneto (nave della Marina Militare italiana in disarmo e ancorata nel porto jonico in attesa di essere rottamata), e a quando proprio il nostro direttore, Francesco Ruggieri, in un suo editoriale, descriveva l’ex ammiraglia come l’ennesima opportunità persa per Taranto (https://www.oltreilfatto.it/incendio-sulla-vittorio-veneto/). Sì, perché anche la Vittorio Veneto poteva essere trasformata in qualcos’altro… ma così non è stato…
Continuando il giro perlustrativo per Porto Antico ho trovato anche la banalità di un ascensore panoramico, ma reso particolare dalla mano di Renzo Piano che lo ha disegnato, oppure i mille colori della città dei bimbi, che nella sua semplicità riesce a rapire per ore e ore i piccini di tutte le fasce di età.
Comunque potrei continuare all’infinito, ma a cosa serve? Rischierei solo di annoiarvi. Ma, concludendo, posso solo dire che Porto Antico accoglie tutte le piccole e grandi opportunità che anche Taranto meriterebbe di avere e che ancora oggi non ha. Non le ha perché è così. E quando, fra qualche anno, Giuseppe leggerà queste righe e capirà di cosa sto parlando, probabilmente mi chiederà spiegazioni. E probabilmente, anzi quasi certamente, io, imbarazzato, non saprò cosa rispondere. L’unica cosa che potrò dirgli è che forse Taranto, nonostante ne avesse il diritto e il dovere, ha sempre preferito non oltrepassare il Limbo. Ma certamente sarò fiducioso, perché vivrò nella speranza che lui e la sua generazione saranno più responsabili, più di quanto lo siamo stati noi nei confronti della nostra città.
Cosimo Lucaselli