Grande successo di pubblico al Teatro Fusco per lo spettacolo “Vincent Van Gogh – L’odore assordante del bianco”, di Stefano Massini, per la regia di Alessandro Maggi, con Alessandro Preziosi.

Dopo il grande successo nei teatri di tutta Italia, la piece teatrale ha emozionato e entusiasmato il pubblico tarantino, entrambi gli spettacoli (mercoledì 12 e giovedì 13 febbraio) hanno registrato il tutto esaurito, confermando questo come uno degli appuntamenti più attesi della stagione di prosa a Taranto. In una scenografia completamente bianca, troviamo Van Gogh, interpretato da Alessandro Preziosi, nel pieno dei suoi deliri durante il ricovero presso il manicomio di Saint Paul-de-Mausole a Saint-Remy-de-Provence, nel sud della Francia. Siamo nel giugno 1889, Vincent Van Gogh ha trentasei anni ed è rinchiuso in un vero e proprio carcere non solo fisico ma anche mentale, poiché la sua mente non gli permette di distinguere realtà e allucinazioni. In un luogo totalmente bianco – persino il fondale ripropone il quadro Campo di grano con volo di corvi ma privo dei colori – Preziosi, con la sua interpretazione dall’alta carica drammatica, rende lo spettatore partecipe della malattia del pittore olandese, non per compatirlo ma per comprenderlo. Comprendere il disagio di un uomo rinchiuso in un posto dal quale non può fuggire, dove “il tempo non ha tempo”, nel quale non può leggere e neppure dipingere, sottoposto a trattamenti crudeli e inutili o, più probabilmente, peggiorativi della sua situazione. Neppure la visita del fratello Theo porterà giovamento a Vincent, ormai sprofondato nel “castello bianco” e con la testa confusa da quei rumori che facilmente si immaginano potessero popolare un ospedale psichiatrico in quegli anni. La prima parte dell’opera inquieta, con le regole crudeli degli infermieri e del medico, che impediscono a Van Gogh di vivere quella vita con i colori che forse avrebbe potuto salvarlo: “I colori ti entrano dagli occhi e ti escono dai pennelli. Chi dipinge si lascia attraversare” dice Preziosi/Van Gogh e chiede solo di poter uscire a rivedere questi colori, rincontrare i suoi amici pittori, tornare nell’amata Parigi e dipingere. Dipingere e basta.

E invece lui è rinchiuso in un ospedale/prigione dove tutto è bianco: i muri, il pavimento, i (pochi) mobili, la sua camicia di forza e i pantaloni, i camici degli infermieri e del medico. “Il bianco ti lava gli occhi” dice ancora il protagonista, prostrato dai suoi deliri, seppur ancora smanioso di uscire, scappare, vivere insomma. Il direttore dell’ospedale, che appare nella seconda parte dello spettacolo, come Theo all’inizio, invece, non è vestito di bianco e rappresenta il lato positivo, il lato umano, la cura. Egli più degli altri comprende Van Gogh e giuda anche gli spettatori a comprendere un genio ingabbiato nella follia, egli non (si) chiede come possa un “pazzo” dipingere, ma comprende quanto fosse importante per Vincent Van Gogh dipingere e quanto prezioso fosse questo talento. “I pittori possono ricostruire la realtà. Dio è un pittore” dice il direttore, in questo spettacolo toccante, forte e potente che è terminato con diversi minuti di applausi.
Francesca Perrone