Mentre l’Anm si mette in trincea, Gratteri incassa il colpo e risponde in maniera secca e determinata. Tra le domande che potrebbero esserci, anche una buona parte dei 567 quesiti del Minnesota test (o MMPI-2)
Sarebbe quasi normale – per pura formalità – estendere i test psicoattitudinali ai magistrati, se non fosse che decisioni di questo calibro andrebbero poste con criterio. Non solo. È inevitabilmente curioso che l’idea venga sollevata dalla politica, che in ambito toghe – con la punta dell’Iceberg del caso Palamara – non ha perso occasione per porre delle radici in uno dei tre poteri che la Carta costituzionale offre al cittadino.
D’altro canto va detto che i test psicoattitudinali sono ormai da anni utilizzati per concorsi pubblici come polizia, carabinieri, esercito, marina e aeronautica. Estenderli ad un’altra fetta della pubblica amministrazione vuol dire semplicemente estendere il campo di applicazione di questa misura. Misura volta ad individuare i requisiti psico-attitudinali del candidato, con 10 precisi criteri individuati nel “Minnesota Multiphasic Personality Inventory -2” , il famoso test Minnesota.
Tra questi, ipocondria, depressione, isteria di conversione, deviazione psicopatica, mascolinità/femminilità, paranoia, psicastenia, schizofrenia, ipomaniacalità, introversione sociale. Quesiti che possono apparire curiosi, ma che hanno una precisa scala di personalità associata – oltre che essere valutati nell’insieme in chiave scientifica – sono: ho un buon appetito, mi piacciono le riviste di meccanica, sono sicuro che la vita mi tratta male, ecc…
Dal 2026, per i prossimi aspiranti magistrati potrebbe passare l’adozione di questo test. Misura che scandalizza l’Anm, che correndo ai ripari ha annunciato eventuali iniziative di mobilitazione avverso il provvedimento che il governo vorrebbe adottare. Tra il presidente dell’Anm, Salvatore Casciaro, che annuncia una dura linea contraria al provvedimento, perché “dà un messaggio ai cittadini secondo cui i magistrati hanno bisogno di essere controllati psichicamente, e sarebbe un provvedimento demagogico”, e Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia, che si dichiara assolutamente pronto a eseguire i test anche su sé stesso, lo scontro è acceso.
Non incassa fermamente nemmeno il magistrato Gratteri, che afferma di essere sì convinto sull’introduzione della misura, ma di volerla a questo punto estendere a tutti i politici e a tutta la pubblica amministrazione. “Allora facciamo anche il narcotest, perché sotto assunzione di stupefacenti è alterato il potere decisionale, e anche l’alcoltest” – afferma.
Una cosa va detta. Siamo il fanalino di coda che – con estreme lungaggini si avvia per ultimo a chiudere le direttive estere in materia amministrativa, sociale, legislativa e politica – e che ancora una volta, così come con altre misure, è l’ultimo a porre queste in analisi.
Il test psico-attitudinale non è un attacco diretto alla magistratura, anche perché è adottato all’estero in paesi come Austria, Olanda, Ungheria, Portogallo e Francia (prima di essere stato levato su pressione al presidente Macron da parte dei magistrati). Piuttosto andrebbero evidenziati dei fattori non poco marginali.
Oltre ad una burocrazia asfissiante ad opera dell’intero settore della pubblica amministrazione, alla quale – diciamolo – non sarà l’introduzione di un test di questo calibro a porre rimedio (ma ben altri interventi istituzionali), la lunghezza dei processi, già calmierata con la legge Pinto, dovrà anch’essa fare i conti con la mancanza di un concreto intervento da parte degli esecutivi che si sono susseguiti negli anni.
Ecco, crediamo che gli italiani – ancora prima di porre un limite così importante nella selezione dei futuri magistrati – vogliamo sondare il terreno sul funzionamento di questo preciso potere, intervenendo sia nelle infiltrazioni politiche (poiché alcuni magistrati lavorano dopo aver svolto attività politica, avendola aggirata senza tessera di partito), sia nei tempi di attesa per i quali la giustizia italiana è stata in molteplici occasioni posta sotto i riflettori delle Cedu (Corte Europea dei diritti dell’uomo).