riceviamo e pubblichiamo:
In relazione alle polemiche sorte, con relativo risalto mediatico, sulle vaccinazioni anti Covid effettuate in questi giorni ai sacerdoti dell’Arcidiocesi di Taranto, questa stessa Arcidiocesi intende precisare e chiarire di non aver mai auspicato, chiesto e preteso trattamenti di favore, o corsie preferenziali e privilegiate, verso gli esponenti del clero. Ci si è solo limitati a prospettare alle autorità la situazione delicata in cui gli stessi sacerdoti operano ogni giorno, a stretto contatto con le comunità di riferimento, e i potenziali rischi insiti in questa situazione.
Non è stato mai rivendicato in nessuna occasione, e a nessun soggetto preposto, la priorità del vaccino anti Covid ai sacerdoti. È avvenuta solo una semplice informativa della situazione.
Le autorità, vagliato quanto prospettato dall’Arcidiocesi, e verificato quanto stabilito dal piano vaccinale, hanno quindi ammesso a vaccinazioni anche i sacerdoti. È così partita la programmazione delle vaccinazioni che hanno poi avuto luogo partendo dai casi dei sacerdoti più anziani e fragili.
Si evidenzia, a tal proposito, che il piano regionale anti Covid della Puglia ha previsto dal 22 marzo 2021 la possibilità di vaccinare il personale delle comunità religiose. Il piano fa infatti riferimento ad una serie di categorie e indica chiaramente i “Luoghi di comunità”.
Circa il ruolo dei sacerdoti nelle comunitá loro assegnate, questa Arcidiocesi fa presente che esso non si limita alla sola celebrazione delle messe e dei sacramenti, tutti aspetti importanti e propri del ministero sacerdotale, ma ha anche un rilievo sociale.
Non dovrebbe sfuggire ad una attenta valutazione come le parrocchie, già nella prima fase della pandemia, quando la situazione a Taranto non aveva raggiunto gli attuali livelli di criticità, siano state un importante avamposto in termini di aiuto, assistenza e solidarietà verso quanti il Covid ha ulteriormente e drammaticamente impoverito, privando tantissime persone e le loro famiglie del necessario sostentamento.
I parroci, con i loro collaboratori ad ogni livello, sono stati un supporto prezioso – grazie alla carità cristiana di tantissimi benefattori che qui ringraziamo ancora una volta – per quanti non avevano nemmeno i generi alimentari di prima necessità per se stessi e per i loro figli, spesso anche molto piccoli. I sacerdoti hanno svolto tutto questo con entusiasmo ed impegno, consapevoli di come il loro ruolo sociale e di ascolto degli ultimi fosse accresciuto dal dramma della pandemia.
La Chiesa non si è tirata indietro ma ha collaborato con le istituzioni, le ha affiancate ed ha ampliato la platea dei destinatari degli aiuti. E questi aiuti, i sacerdoti e le parrocchie vogliono continuare ad assicurarli ancora meglio, intensificando gli sforzi, proprio perché come comunità cristiana abbiamo ben presente come il Covid stia purtroppo aggravando le nostre ferite. Non ci spaventa questo, ma è del tutto evidente che ampliando il numero dei contatti sociali, delle persone incontrate, dei soggetti ai quali si deve donare un pacco alimentare, aumenta potenzialmente i rischi di contagio proprio perché il contesto dell’infezione è diventato severo.
Un sacerdote colpito dal Covid, è inevitabilmente costretto all’isolamento, a bloccare l’attività della sua stessa parrocchia. E in questo caso si priverebbe una comunità di un riferimento. Di un supporto. Di una realtà pronta a venire incontro al disagio.
Questa Arcidiocesi, nell’auspicare che non si alimentino polemiche e strumentalizzazioni, ha ritenuto così di dover chiarire il suo pensiero spiegando quanto è avvenuto, il modo in cui è avvenuto e le ragioni che ne sono alla base.
Don Emanuele Ferro, Portavoce dell’Arcidiocesi di Taranto