Vi sono tante trappole che il politico poco esperto di comunicazione e privo di galateo istituzionale può incontrare. Proprio quelle occasioni che dovrebbero indossare interamente una veste unitaria, collante tra maggioranza e opposizione, diventano teatrino di frasi e frasette scomode, inutili, infelici, e dall’esito prevedibile.
Mangiatoia di chi, alla vigilia delle elezioni europee, potrebbe tentare di smuovere le acque di un mare calmo. Ci pensa Borghi (Lega) con un tweet – commentando e travisando le parole del Capo dello Stato Sergio Mattarella – in cui scrive:«È il 2 giugno, è la Festa della Repubblica Italiana. Oggi si consacra la sovranità della nostra nazione. Se il presidente pensa davvero che la sovranità sia dell’Unione europea invece che dell’Italia, per coerenza dovrebbe dimettersi, perché la sua funzione non avrebbe più senso».
Arriva in tutta risposta al discorso del presidente per il 2 giugno, stravolgendo il tratto in cui spiega “Fare memoria del lascito ideale di quegli avvenimenti fondativi”, come la lotta di Liberazione e la scelta repubblicana, “è dovere civico e preziosa opportunità per riflettere insieme sulle ragioni che animano la vita della nostra collettività, inserita oggi nella più ampia comunità dell’Unione Europea cui abbiamo deciso di dar vita con gli altri popoli liberi del continente e di cui consacreremo, tra pochi giorni, con l’elezione del Parlamento Europeo, la sovranità” – riporta Ansa.
Mentre Mattarella parla di festa della Repubblica, libertà, democrazia, conflitti alle porte dell’Europa (si riferisce e Gaza e al territorio ucraino), Borghi non si priva di un attacco di demagogia pre elezioni, con la ricetta tipica di quella fetta politica che sa come stuzzicare le pance arrabbiate del paese. Di tutta risposta, da Calenda a Schlein, la difesa a spada tratta del Presidente è unitaria. Mentre Salvini, coprendo Borghi, nega la volontà della Lega di attaccare la figura del Capo dello Stato, La Russa interviene a difesa del tweet affermando “Quella di Borghi è stata un’uscita inopportuna ma, se lo dice Salvini, penso che valga anche per Borghi”.
Ma il problema, caciara a parte, è non considerare che candidarsi alle elezioni europee per poi attaccare dall’interno il sistema con i soliti slogan, non muterà lo stato di cose. Da quando i trattati istitutivi dell’Unione Europea – partendo da soli 6 stati – hanno mutuato condizioni comuni di cooperazione, gli stati hanno in massa accettato che avrebbero perso una porzione di sovranità. Risaputo, quindi, che un tweet e una scalata elettorale non potranno mutare il paradigma legislativo che compone il parlamento europeo. Né un Capo di Stato, nel ricordare che effettivamente le elezioni europee esistano per consolidare la sovranità europea, potrà e dovrà dimettersi. In vista, sopratutto, dell’allarmante situazione geopolitica che bussa ai confini europei.
Quel che è certo, e lo testimoniano le percentuali elettorali nei sondaggi, è che le improvvise scosse di demagogia non giovano ai partiti. Se da un lato, infatti, potranno accumulare singolari consensi, dall’altro sarebbe un autogol elettorale. E più che mai, nel giorno della festa della Repubblica, una sana cooperazione sarebbe il giusto antidoto al rischio di escalation militari.