Ridotta ormai ad una sfida tra club, in cui valori, idee, progetti sono in secondo piano
editoriale
Cosa è la politica oggi? Cosa è il consenso? Che vuol dire rappresentanza?
Un sistema democratico di natura rappresentativa, il sistema “meno peggio” che esista al momento, vuole che il Popolo sovrano (art. 1 della nostra Costituzione) scelga liberamente ( attributo questo fondamentale ) i propri rappresentanti, con sempre libere (ma lo sono davvero libere?) elezioni.
La scelta si fonda, o meglio dovrebbe fondarsi, su elementi soggettivi, ovvero le persone ritenute più idonee a svolgere un determinato compito, e oggettive riferite a idee, progetti, valori. La nostra costituzione indica nelle “formazioni sociali” (art. 2 C.) e nei partiti ( art. 49 C.) le sedi deputate ad aggregare parti (da qui il termine partiti) della società sulla base della condivisione di un modello di società.
Fino ad un certo punto tutto questo nel nostro Paese si è pienamente realizzato; nella tanto vituperata “Prima Repubblica” il consenso si è determinato intorno a più visioni della società incarnate da una classe politica rigidamente inquadrata in organizzazioni governate da regole stabilite collegialmente nei congressi e applicate nelle sezioni (queste sconosciute!)
Vennero poi “Mani Pulite” e la “Seconda Repubblica“; nacquero i partiti azienda e poi i partiti personali per arrivare ai nostri giorni a piccoli gruppi organizzati da questo o quel politico di turno. Gruppi che seguono il proprio leader ovunque esso vada. (sempre con le dovute, poche, eccezioni)
E’ così che la sovranità popolare non è più esercitata attraverso la rappresentanza di gruppi di cittadini accomunati da un’idea di società, un progetto, dei valori. Altre sono, in molti casi, senza generalizzare, le strade che creano consenso.
Strade diverse, non sempre limpide. Tante inchieste, che arrivano a conclusione purtroppo solo dopo anni dalle elezioni e quindi, se rispondono all’esigenza di sanzionare chi risulti aver violato la legge non possono porre rimedio dal punto di vista del diritto di ogni cittadino di concorrere ad armi pari alle elezioni come candidato, o avere la certezza che gli eletti siano tutti esenti da attività illecite.
Taranto, viste le ultime vicende giudiziarie, non è esente da questa problematica. Ma il fenomeno è purtroppo ampiamente diffuso su tutto il territorio nazionale. Come quello corruttivo, vedi ultima vicenda in Liguria.
Taranto però rappresenta anche un laboratorio politico, sui generis ovviamente. Tutti i partiti che hanno governato nella prima consigliatura Melucci e che lo hanno portato ad una trionfale riconferma, oltre che alla elezione in provincia, sono oggi fuori dalla maggioranza. Nella Prima Repubblica si sarebbe tornati al voto; i governi all’epoca duravano quanto la vita di una farfalla. E, invece, accade che i singoli consiglieri non rispondano ai partiti perchè, detto chiaramente, “i voti sono i loro”! Verità parziale perchè gli eletti sono tali perchè inseriti in una lista in cui tutti concorrono e i più suffragati vanno in consiglio.
E capita poi che tutti, o quasi, gli attuali sostenitori del Melucci due decidano di mettersi insieme: ex Movimento 5 Stelle, ex PD, ex AT6, ex Socialisti, ex Forzisti, tutti in un unico nuovo movimento, che sembrerebbe collocarsi al centro, area politica che comincia ad essere sovraffollata, con un potenziale elettorale, ipotizzando di confermare i voti del 2022, pari a quelli raggiunti dal PD in quella occasione. Tanti voti!
Valori? Progetti? Modello sociale? Ovviamente tutti impegnati per il bene della città. Indipendentemente dalle singole provenienze ed esperienze politiche. Ma, soprattutto indipendentemente dalla volontà dei rappresentati.
Le ragioni di questa involuzione del sistema, sono molteplici, sicuramente culturali; un ceto medio che nel tempo si è scientificamente fatto scomparire è totalmente assente dal dibattito politico, e tende ormai ad astenersi dal voto e dall’impegno diretto. Gravissimo errore! L’assenza del vincolo di mandato, da intendersi non nei riguardi del partito ma degli elettori, è un grave vulnus che consente di spostare i “pacchetti” di voti da una parte all’altra.
Ciò, sia chiaro, riguarda tutto il sistema politico e non una singola area. Anche su questo fronte Taranto rappresenta un laboratorio sui generis; quanto accaduto nelle elezioni del 2017 è paradigmatico in tal senso. Per il 2022 invece abbiamo letto in questi giorni cose davvero sconcertanti. In attesa della prossima occasione. Con l’auspicio di essere smentiti. Forse, lo speriamo, si tornerà a votare per la Provincia, e di sicuro si dovrà rinnovare il consiglio regionale. Ottime occasioni per un reale cambiamento di rotta che dipende però solo dai cittadini.
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