Una campionessa che ha mostrato al mondo i risultati della perseveranza, tenacia, e determinazione, e che oggi ci ha raccontato il suo cammino di vita
“Senza umiltà non può esserci umanità” – diceva John Buchan. Per essere grandi è necessario partire umilmente dal basso, e la campionessa Roberta Chyurlia ha cavalcato l’onda della passione per arrivare a vette professionali importanti e dare una lezione al mondo intero. Una prima medaglia nel 1997, poi il bronzo e l’argento. Dopo, un tuffo nella disciplina dello Ju-Jitsu, conquistando il titolo italiano dal 2004 al 2008. Nel 2003 l’avventura arbitrale. Seguirà il padre, arbitro mondiale, come un punto di riferimento. Nel 2015 diviene la prima donna arbitro della FIJLKAM (Federazione Italiana Judo Karate Arti Marziali) a potersi fregiare della qualifica di arbitro mondiale. Seguono 8 campionati del mondo, e il premio di miglior arbitro donna d’Europa nel 2017,2018,2019,2023.
Cominciamo dall’inizio, dal principio del suo cammino, da come ha cominciato a muovere i primi passi nella disciplina dello Judo. Anche lei aveva il sogno nel cassetto che tutti noi abbiamo avuto da bambini?
“Ho iniziato a fare judo quando sono nata… mia madre praticava judo e quando avevo quasi 3 anni vinse la medaglia di bronzo nel Campionato Nazionale. Ho iniziato a camminare sul tatami ed è stato amore fin dall’inizio. Ho iniziato a praticare questa disciplina con i miei genitori nella mia città, Taranto. Sull’arbitraggio, ho cominciato per una scommessa con amici della mia regione. Avevamo più o meno la stessa età e ci allenavamo insieme ed avevamo quasi finito di competere a livello nazionale. Abbiamo quindi iniziato un corso regionale e dopo aver preso parte, come atleti, ad una gara regionale a squadre miste abbiamo indossato la nostra divisa ed abbiamo arbitrato una gara per ragazzi; abbiamo superato l’esame regionale nel 2003.
Questa è stata la mia prima competizione in assoluto come arbitro. Ero così sicura di me stessa e pensavo che tutto fosse facile per me, pensavo: “bello…ce la posso fare!”. I dubbi e i nervi sono poi arrivati più tardi, quando ho compreso a pieno quanto fosse difficile e quanta responsabilità abbiamo.”
Nel 1997 è arrivata la prima medaglia. Quali emozioni forti ha provato, e immaginava che quella vittoria sarebbe stata l’inizio di un cammino più grande?
“ È stata una bellissima emozione, indescrivibile. Tre mesi prima avevo avuto un infortunio grave al ginocchio ed era tutto compromesso, ma con l’aiuto del mio preparatore atletico e della mia famiglia sono riuscita a vincere 4 incontri perdendo solo la finale. In quella occasione erano più le cose che avrebbero spinto a rinunciare che non ad andare avanti. Loro per me ci sono sempre stati, la loro presenza è stata fondamentale. Non sarei qui oggi senza di loro.”
Quando ha iniziato la carriera arbitrale si è aperto un mondo, e racconta di aver conosciuto Riccardo, suo marito. Come è stato l’incontro?
“ Lo conoscevo da prima. Combattevamo entrambi, ma poi abbiamo condiviso anche questo aspetto del nostro sport. Lui è il mio primo critico ed il mio più grande supporto allo stesso tempo. Senza di lui non sarei dove sono ora senza ombra di dubbio.. anche lui è un arbitro mondiale quindi per me è una fonte di grande orgoglio. Appartenevano a due società diverse e “rivali”, quindi siamo riusciti anche a dimostrare ancora una volta che lo sport unisce.”
L’amore vince su tutti e lo sport unisce, ed è la stessa unione che ha con suo padre. Lo ha descritto come un mentore, come un punto di riferimento non solo umano ma anche professionale. Che insegnamenti le ha trasmesso? Ha mai ambito a diventare come lui?
“Passione, impegno, onestà, rispetto per gli altri, non arrendersi davanti alle avversità … sarebbe il mio sogno più grande essere come lui. Rendere orgogliosi i miei genitori e mio marito e’ la cosa più importante per me. Mio padre è uno dei massimi esponenti mondiali dell’ arbitraggio, ma quello che più vorrei riuscire a rubargli è la capacità di essere sempre umile e con i piedi per terra.”
È diventata il migliore arbitro donna nel 2017,2018,2019 e 2023. Lo vede come un traguardo o un ruolo simbolico nel tema della parità?
“Nel nostro sport non esiste alcun tipo di discriminazione, io lo vedo solo come un riconoscimento al lavoro svolto, uno stimolo a ottenerlo per la quinta volta.”
Certi che sentiremo parlare ancora di lei, auguriamo un buon lavoro a Roberta Chyurlia.