Gestione, tutela e salvaguardia del territorio; incontro organizzato dall’associazione CPA a Priverno (Latina)
Caccia, Pesca e Ambiente, una delle più importanti associazione del settore a livello nazionale, ha organizzato lo scorso sabato 22 giugno a Priverno, in provincia di Latina, un incontro pubblico sul tema della salvaguardia del territorio. Un tema molto caro all’associazione che definire solo venatoria è sicuramente limitativo. E’ noto il vivace dibattito che intercorre con le associazioni animaliste che focalizzano unicamente la questione caccia. In realtà, come più volte dibattuto, e come è emerso dai lavori di Priverno, caccia e ambiente, tutela e salvaguardia del territorio, sono tra loro elementi fortemente connessi.
Tra i relatori Francesco D’Errico, noto avvocato tarantino, responsabile nazionale del settore ambiente del CPA, di cui è anche vice presidente nazionale. “Non sono qui oggi a raccontavi che sono cacciatore perché fa bene all’ambiente, vado a caccia perché mi piace” questo l’incipit, onesto, della sua relazione. “Quando parliamo di caccia pensiamo che gli elementi importanti siano due, forse tre al massimo : il cacciatore, l’arma, il selvatico. In realtà si ignora l’elemento fondamentale, la terra.”
Paradossalmente pur registrando un significativo calo demografico il consumo di suolo in Italia cresce. Il nostro paese ha un livello di consumo del suolo tra i più elevati in Europa! “stranamente, in Italia quando si parla di problematiche e tematiche ambientali, di ecosistemi e rimedi, al primo posto tra gli elementi da contenere, se non addirittura vietare, c’è la ciaccia“.
Per il professionista tarantino siamo in presenza solo di propaganda che non tiene conto della realtà. Ovvero di una attività fortemente regolamentata. “la caccia serve a controllare la popolazione della fauna selvatica, a riequilibrare il sovrappopolamento della stessa nell’ecosistema, a prevenire i danni alle coltivazioni (il caso cinghiali docet ndr),è fonte di guadagno per lo stato e mantiene attivo un indotto importante che sfiora l’1% del PIL. Un recente studio dell’ Agenzia Europea dell’Ambiente ha certificato che la caccia contribuisce solo per lo 0,66% alla pressione delle attività umane sull’ambiente.”
Fuori da ogni comprensibile difesa d’ufficio della categoria, D’ Errico imposta le sue argomentazione fondandosi su dati ufficiali frutto di ricerche svolte da enti sicuramente super partes. Dati che, da un lato attestano che l’incidenza sull’ambiente dell’attività venatoria, quella regolarmente svolta, è quantificato su livelli molto bassi, dall’altro conferma l’importanza del contributo che i cacciatori, quali “sentinelle ambientali“, offrono alla tutela del territorio e alla salvaguardia della biodiversità.
“La caccia, intesa come pratica regolata e svolta con attenzione, si posiziona in realtà in fondo alla graduatoria, sotto agli eventi geologici e alle catastrofi naturali (0,9%). Al vertice delle attività umane ad alto impatto sulla natura, c’è l’agricoltura (21,4%), seguita da sviluppo economico (12,9%) e silvicoltura (10,8%). Il cambiamento climatico incide per il 3,7%. Aldilà di questi importantissimi dati è però abbastanza evidente che la caccia oggi, non abbia più l’originario significato di sussistenza, che invece aveva ed ha avuto per decine di migliaia di anni, nella lunga storia dell’uomo. E non ha neppure il significato di occasionale (ma importante e ricco) apporto proteico che aveva, senza andar lontano, solo qualche decennio addietro. Alla caccia ora è stata aggiunta, corredandola di razionalità, una dimensione gestionale che era sconosciuta ai nostri antenati recenti, ma forse era intuita e soprattutto applicata – attraverso tabù e rinunce o limitazioni rituali, più che applicando dei piani di prelievo – dai popoli che vivevano di caccia, i nostri progenitori atavici. Della caccia primigenia l’uomo di oggi ha ereditato un elemento fondamentale, che c’è sempre stato e presumibilmente rimarrà: l’istinto di predazione. La sua dimensione imprevedibile, la sua parte di “sfida”. Quello che ci fa alzare in piena notte, camminare al buio, patire il freddo, stare immobili e in silenzio, pazientare come non si fa ormai per nessun’altra ragione al mondo.“
Al convegno, organizzato dal dott. Yuri Musilli, responsabile regionale ambiente CPA Lazio, hanno preso parte altri qualificati relatori: l’ Avvocato Gianni Di Legge presidente azienda faunistica comunale, gli avvocati Mario Romanzi e Andrea Mora dell’ Aiga Latina, il geologo dott. Domenico Falcarelli e l’architetto Fulvio La Torre.