TARANTO – Non è più una scena occasionale, ma la disagiante prassi a cui sono soggetti i viaggiatori di Trenitalia, e nella fattispecie i pendolari. A fronte di un aumento del costo dei titoli di viaggio che prosegue indisturbato ormai da anni (basti pensare la tratta Taranto – Bari, aumentata da circa 7 euro a 10 euro e 20 centesimi), il servizio erogato sembra non essere proporzionato al costo dei viaggi. Ritardi, guasti alla linea e disservizi sono ormai la prassi in una giornata tipo da pendolare, dove non si ha certezza di salire sul treno in tempo, né di arrivare a destinazione in orario. Il caso di stamattina ne è un esempio, dove il regionale diretto a Bari centrale delle ore 9:55 si è reso protagonista di un guasto sulla linea, che ha nell’immediato bloccato il viaggio dopo pochi minuti dalla partenza.
Dapprima un avviso acustico, dopo il passeggiare nervoso del personale, disorientato dai disagi continui che la stessa azienda offre. Mentre il clima si arroventava per il mancato funzionamento dell’aria condizionata e per la richieste legittime dei passeggeri, un pubblico ufficiale presente sul treno si è attivato per aprire le porte, mentre giungevano sul posto Polizia e Vigili del Fuoco. Così è andato in scena l’ennesimo atto di uno spettacolo triste, in grado di mostrare ai turisti stranieri una facciata dell’Italia malfunzionante. Così pizza, pasta, arte e cultura sono diventati solo un ricordo per quei turisti tedeschi, che seduti qualche fila più avanti a noi hanno perso l’aereo di ritorno in Germania. Avrebbero immaginato che la splendida Puglia nasconde anche questo rischi?
Il rischio di non poter tornare a casa in tempo perché la linea funziona a giorni alterni. Dopo essere tornati in stazione, la gente si è divisa tra chi ha poi viaggiato su un bus sostitutivo per Bari (con tutti i danni del ritardo) e chi invece ha optato per la strada del rimborso. La fila, in una sola biglietteria aperta su quattro, era ancora una volta uno specchio di un sistema malmesso e di un epilogo da dimenticare. La domanda allora, che rivolse Cicerone a Catilina, sorge spontanea anche qui: Quo usquetandem abutere, Trenitalia, patientia nostra?