Si è svolta questa mattina a Palazzo Chigi, la riunione del Consiglio dei Ministri. Fra i vari provvedimenti approvati, c’è il referendum popolare previsto dall’articolo 138 della Costituzione sul testo di legge costituzionale recante: «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari».
Il Consiglio dei Ministri, su proposta del presidente Giuseppe Conte, ha ufficializzato la data del 29 marzo 2020 per l’indizione – con decreto del pesidente della Repubblica – del referendum, approvato dalle due Camere e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 240, del 12 ottobre 2019.
Il 23 gennaio l’ufficio centrale per i referendum della Suprema Corte ha sancito che la richiesta di referendum, sottoscritta da 71 senatori (ne sarebbero bastati 64), “è conforme all’articolo 138 della Costituzione” e ha accertato la “legittimità del quesito” referendario proposto.
La consultazione popolare decreterà la conferma o meno della riforma che taglia il numero dei parlamentari dagli attuali 945 complessivi a 600 totali (200 senatori e 400 deputati). Come prevede la Costituzione, per la validità del referendum costituzionale non è previsto alcun quorum minimo di votanti. E’ sufficiente che i consensi superino i voti sfavorevoli.
Cosa cambierà?
Tra Camera e Senato, i risparmi sarebbero 81,6 milioni di euro ogni anno, basti pensare che nel triennio 2018-2020 per pagare indennità e rimborsi a 630 deputati lo Stato spende ogni anno 144,9 milioni di euro (Bilancio della Camera).
Pertanto, con un costo annuo di 230 mila euro a deputato, la riduzione di 230 deputati, creerebbe un risparmio potenziale di 52,9 milioni di euro ogni anno.
Nello stesso triennio, per pagare indennità e rimborsi a 315 senatori, lo Stato spende ogni anno 78.624.000 milioni di euro (Bilancio Interno del Senato). Pertanto, con un costo annuo di 249.600 euro per senatore, la riduzione di 115 senatori, creerebbe un risparmio potenziale di 28,7 milioni di euro ogni anno.
Con il taglio dei seggi al Senato ( da 315 a 200) alcune regioni più piccole, come il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, le Marche, il Molise e la Sardegna, potrebbero non eleggere senatori dei piccoli partiti;
Modifica della legge elettorale, da un lato il centrosinistra che propende per il proporzionale, dall’altro il centrodestra, che propende per il maggioritario puro.