Presentato il progetto che potrebbe essere realizzato entro il 2026
È stato presentato «Q.45 – Dna dei due mari», il progetto che vuole un camminamento ciclopedonale sospeso a quarantacinque metri d’altezza sotto il ponte di Punta Penna – Pizzone a Taranto. All’incontro hanno partecipato Letizia Carrera – Università degli studi di Bari, Marianna Petriello – giornalista e scrittrice La7, Paolo Pardolesi – Direttore Dipartimento Jonico Università degli studi di Bari, Alfredo Foresta – fondatore iArchitettura e Filippo Santoro – Vescovo di Taranto.

Immaginare un’opera di eccezionale bellezza anche nel Mezzogiorno d’Italia. Mettere al centro del futuro i successi del passato. Rendere il ponte di Punta Penna – Pizzone crocevia di una grande opera da mostrare a tutto il mondo durante i Giochi del Mediterraneo 2026. Il centro studi iArchitettura di Alfredo Foresta ha realizzato un progetto in grado di unire due epoche, così come il ponte ha unito i due mari. Il 1977 quando la cassa del Mezzogiorno durante il governo Moro stanziò i fondi e i giorni nostri, dove il Pnrr è pronto a sostenere i grandi progetti architettonici. Si chiama «Q.45 – Dna dei due mari» il progetto che vuole un camminamento ciclopedonale sospeso a quarantacinque metri d’altezza. Due chilometri di balcone che affacciano su entrambi lati. Nella città dell’acciaio, l’acciaio diventerebbe protagonista del progresso.







«Realizzare un rapporto solido e stabile tra l’istante che vivi. Il ponte è il collegamento tra tempo e ragione. Il ponte rende la città più vivibile. Nella nostra umanità c’è la tendenza di costruire i muri, di diffidenza e sospetto. Quello che vorremmo è proprio riunire. Avviare una modalità di simpatia nella vita, nell’architettura e nella vita di tutti i giorni» ha detto Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo della diocesi ionica. Poi continua: «Ricordo un’affermazione di Pavese. “Mi cercano per vantarsi di avermi fatto un’intervista, ma nessuno mi da un istante di simpatia”. Noi vogliamo questo ora. La costruzione non è solo l’opera che permette lo scambio. È una questione culturale, tecnica ed artistica. Sia questo, esempio di un dialogo aperto e profondo con il Mediterraneo. Non un dialogo commerciale, comunque importante, ma di un dialogo di cultura, di incontro e di scambio. Per cui tutta questa promessa che ci viene dall’Africa che oggi è dramma o fornitura di petrolio ed armi diventi incontro di popoli. Incontro che da speranza a noi e a loro. Taranto può essere un luogo di questo tipo». L’arcivescovo aggiunge: «E’ proprio un’ispirazione alla creatività, alla funzionalità e alla bellezza. Perché la bellezza è ciò che permette di realizzare un ponte tra il presente e l’eterno. La bellezza. L’idea è geniale. Su un’opera già di per sé straordinaria. Un punto di incontro, di vita, di vivibilità. In cui le persone possono socializzare ammirare la bellezza della natura. In questi tempi difficili che viviamo, dobbiamo essere costruttori di rapporti e di pace. E non costruttori di disastri e di guerra. Il ponte ci unisce. Chi vive di ponti e rapporti, deve battere al cuore e alla testa dei potenti realizzando il dialogo». Monsignor Santoro alla fine conclude: «Come mi dispiace che i nostri ragazzi vadano a studiare fuori e non tornino. È bello ed importante che la conoscenza torni a casa. È un progetto dedicato ai nostri giovani. Questo è un percorso che non si limita ai giochi del Mediterraneo ma va avanti».
«L’innovazione di questo progetto non è sicuramente il linguaggio architettonico» spiega Alfredo Foresta, fondatore di iArchitettura. «In maniera dichiarata mi rifaccio a qualcosa che già esiste. Rifuggo in un passato recente per non sbagliare. La vera innovazione è porsi all’ascolto. Io ho avuto la fortuna di affacciarmi. Quando mi sono affacciato non mi sono trovato solo. Noi stessi siamo ponte tra presente e passato. Io sono stato ponte per giovani collaboratori, ragazzi che hanno udito fuori e sono tornati in Salento. Simone Schimera, Lorenzo D’Elia, l’igegnere Quarta Colosso e Tiziana Panareo. Poi Foresta conclude: «In questi anni i ragazzi si sono elevati a modello di salvaguardia ambientale. Nessuno ha chiesto ad un ragazzo di Taranto però. Il mio pensiero va a loro. In questo progetto c’è un invito ad affacciarsi e a credere. Non avendo paura di volare»
Nel corso dell’incontro è intervenuto anche Paolo Pardolesi, Direttore del Dipartimento Jonico dell’Università degli studi di Bari Aldo Moro. «Sono felice di intervenire come direttore del Dipartimento Jonico. Noi abbiamo fatto della contaminazione dei saperi il cuore pulsante. Oggi è occasione straordinaria per veicolare un messaggio che a me sta molto a cuore, Taranto non è Ilva, non è una città resiliente. Non è una città che avanza solamente crediti. Offre grandi opportunità». Pardolesi aggiunge: «Può diventare attraverso questa progettualità un modello a livello nazionale ed internazionale. Sono a Taranto da 15 anni. Facevo ponte di Punta Penna ogni mattina e mi sono innamorato subito di questa città. Non solo perchè unica, ma anche per le sue potenzialità. Noi quando è stato creato il dipartimento Jonico abbiamo avuto l’idea lungimirante che si potesse avere ricerca di alto profilo in questo territorio». Poi il Direttore del Dipartimento conclude: «Nel Dipartimento Jonico siamo riusciti a rispondere a tutte le sfide. Internazionali e locali. Provenienti a tutti i livelli. Questa città costituisce un laboratorio straordinario a cielo aperto. Trasportano e trasmettono ai giovani un messaggio che va veicolato. Il dottorato qui esiste da cinque anni. Da quattro borse che avevamo ora le abbiamo quintuplicato, arrivando a venti. Perché i docenti sono bravi. Perché il lavoro dei ragazzi è encomiabile. Però devo dire che c’è un territorio, una convergenza che può portare ad un cambiamento culturale fondamentale.
«Sono contenta di essere a Taranto oggi. Potete immaginare quante decine e decine di volte sia stata raccontata Taranto, sotto quale urgenza e quale bisogno. I giornalisti denunciano, anche con dolore ed empatia umana ma con vicinanza» confessa la giornalista di La7 Melania Petriella. «Noi sollecitiamo la politica delle risposte importanti. Oggi questo progetto ci restituisce una visione. Taranto è appiattiamoci su stereotipo, difficoltà e industria pesante. Qui si parla di identità. Non si costruisce dalla sera alla mattina. La si fa attraverso la capacità di fare rete. Da soli non si può immaginare di vedere il risultato. Un attraversamento pedonale che immagina di essere alla fruibilità dei ragazzi che domani sono i cittadini di Taranto. L’attraversamento di questo ponte è il figlio di un sentimento. Queste sono città visibili» conclude la cronista.
L’idea è quella di realizzare un parallelepipedo panoramico che si sviluppa sotto l’intradosso del ponte esistente. La struttura avvolge e si ancora ai piloni attraverso un doppio nastro in carpenteria metallica, dove pavimento e tetto corrono paralleli a mezza costa sorretti da un doppio sistema di ancoraggio. Così da creare nella sua interezza, un suggestivo e snello percorso pedonale e ciclabile. Un sistema a bilanciere che attraversa il vuoto tra le due carreggiate e definisce il nuovo skyline della città di Taranto. Il tetto e il pavimento del lungo e sinuoso parallelepipedo, poi, sono irrigiditi da una struttura ad esagoni che richiama le forme della Concattedrale di Gio Ponti, fascia gli affacci, disegna le facciate, si lascia attraversare dal vento, impone la sosta al viaggio e permette lo sguardo sul paesaggio. Regalando un’esperienza emotiva e sensoriale di straordinario impatto. Una geometria, dove gli elementi strutturali, pavimenti e specchiature, contengono al loro interno sistemi tecnologici dai vetri colorati, garantendone l’autonomia energetica. Un andamento morbido e una pendenza minima assicurano, infine, sicurezza e accessibilità e mettono a sistema la Concattedrale di viale Magna Grecia, il quartiere Tamburi e, a seguire, il quartiere Paolo VI.
Aldo Moro aveva profetizzato: “Mediterraneo Mare d’Europa” e propose la realizzazione di un “balcone”. Oggi l’obiettivo è che quella struttura vada oltre la carrabilità. Diventi attrazione. Un simbolo da presentare a tutto il mondo nel 2026, quando i giochi del Mediterraneo dovranno essere vetrina per le Puglie: non la regione dei trulli e dei pasticciotti. Casa delle grandi menti. Abbandonare il concetto di resilienza, sposando la vogli essere protagonisti. Non vittime sacrificali.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.