IISS “Prinicipessa Maria Pia” di Taranto, PTOF di Educazione alla salute
Un paio di giorni fa ho chiesto a Francesco Ruggieri, fondatore e colonna portante di questa testata giornalistica, di scrivere un articolo su questo evento, mi sembrava di autoincensarmi parlando del mio operato, così mi pareva opportuno ne parlasse una terza persona autorevole. Succede poi che le cose volgano al meglio e diventino utili in modo che solo chi le ha vissute possa tentare di raccontarle come accadute; mi ritrovo quindi a scriverne.
Con i giusti tempi e programmazione la dirigente dell’IIS “Maria Pia” di Taranto, Dott.ssa Giovanna Santoro, ed i referenti del progetto di educazione alla salute, Prof.ssa Francesca Marchitelli e Prof. Vito Russa e con il supporto della Prof.ssa Teresa D’Assisi, hanno reso possibile l’attuazione della conferenza del dieci Novembre scorso e il successivo intervento nelle classi per discutere e interagire con gli studenti riguardo le malattie sessualmente trasmesse.
Quest’apprezzabilissima iniziativa tende a colmare una deficienza endemica nella scuola Italiana riguardo una corretta educazione socio affettiva e sessuale che dovrebbe aver luogo sin dalle scuole primarie, con i giusti modi e la corretta mediazione, a fronte di un corpo docente che abbia già affrontato e sciolto nel suo percorso personale le dinamiche della vita e della socialità riguardo al tema.
Subito dopo l’introduzione, approfondita e puntuale della Dott.ssa Santoro, si è potuta dirigere l’attenzione degli studenti sulla nostra capacità di essere presenti a noi stessi e agli altri; abilità necessaria per poter affrontare, comprendere e mettere in pratica qualsiasi argomento e competenza della vita. Ci si è messi alla prova con esercizi di ordine pratico, attraverso l’introduzione diretta all’esperienza sensiorale e percettiva del mondo circostante. Si è così realizzato che la realtà percepita non è quasi mai quelle che si manifesta, ma viene filtrata e ricomposta in base a preconcetti, bisogni, desideri e anche suggestioni delle volontà altrui. Si presenta in questo modo la tendenza all’accordo con chi soddisfa i nostri bisogni, anche non noti e inespressi, o che la pensa come noi la pensiamo o almeno così ci mostra.
Le ragazze e i ragazzi hanno posato gli smartphone e si sono inoltrati lungo il sentiero dell’attenzione e dell’intenzione di capire ma anche di farsi capire; i giovani non sono come spesso vengono descritti negli articoli di cronaca nera, si dimostrano interessati, partecipativi e collaborano alla soluzione dei problemi; non cercano solo Tik Tok divertenti o perseguono atti di violenza e bullismo, sono e diventano ben altro se messi nelle condizioni di potersi esprimere in modo sincero e creativo a condizione di essere con loro mutuamente sinceri e co-creativi.
La famiglia
le nostre relazioni, in nostri sentimenti e le emozioni nascono e germogliano nell’alveo della famiglia, che sia tradizionale, multicolore, multietnica, una casa famiglia o un orfanotrofio; quella è la casa e la palestra dei nostri muscoli emozionali e sentimentali; è fondamentale avere dei bravi coach e allenatori, ci faranno da modello. Non diventeremo necessariamente copie o negazioni di questi ma osserveremo l’esempio e ci plasmeremo in loro dipendenza, del loro modo di essere e di agire nel mondo. Abbiano così provato ad esplorare la relazione con i nostri genitori o le nostre figure genitoriali, provando a “sentire” e solo dopo a pensare, cosa succede nel nostro cuore, nel nostro corpo e nei nostri pensieri quando ci “trasferiamo” nel tempo laddove abbiamo vissuto vicinanze, separazioni, abbracci o privazione di questi, passando per le esperienze di semplici viaggi vicini e lontani dal nido genitoriale. Ci si è raccontati e resi conto che in modo diverso ma non fondamentalmente distante incominciamo a stabilire le nostre prime relazioni tra pari.
Il corpo
per quanto spirituali si possa pensare di essere, nella realtà quando viviamo lo facciamo con il corpo o per il suo tramite se abbiamo credenze non materiali a riguardo; è necessario conoscerlo, non in senso medico ma fisiologico, osservarlo, averne coscienza, guardare come cambia; come i nostri pensieri, le nostre emozioni lo cambiano e vengono cambiati da questo. Ci siamo in seguito esercitati mettendoci in connessione uno con l’altro, da prima solo silentemente guardandoci negli occhi, osservando le variazioni del battito del nostro cuore, al mettere e al togliere dello sguardo, scoprendo la piacevolezza così come l’imbarazzo, annotando ognuno per sé il sorgere e l’estinguersi delle sensazioni e delle percezioni, denotando come il solo guardare ci cambia e cambia l’altro da noi ponendoci in relazione solo per il fatto di esserci. Abbiamo spiegato il funziamento fisiologico, nominando le parti del cervello e del sistema nervoso ed endocrino coinvolti, non trascurando quelle del ritmo cranio sacrale e l’epigenetica del comportamento e delle emozioni; lo abbiamo fatto semplicemente non legandoci a paroloni accademici, se non richiesti, ma alla diretta percezione nel breve tempo del contatto. Ci siamo poi tenuti uno nella mano dell’altro, dapprima in coppia, poi interconnessi in gruppo. Quali informazioni ci arrivano dal contatto? Come cambiamo e come questo cambia gli altri. Quanto le nostre osservazioni corrispondono a cio che l’altro ci racconta?
A detta della maggioranza degli studenti è stata una bella esperienza, che oggi a distanza di due giorni dall’evento il loro corpo sta fortunatamente ancora elaborando, coniugandola con le spiegazioni sul funzionamento della chimica dell’amore che tra dopamina, ossitocina e serotonina legate a strutture cerebrali come l’amigdala abbiamo disegnato nei nostri pensieri e interazioni.
Il digitale e le parole, agiscono diversamete dalla prossemica fisica, dallo sguardo e dal contatto della pelle; questo è stato tanto più reale quanta più praticità fattuale diretta tramite il corpo si è sperimentata; il digitale va integrato, compreso e assimilato nelle relazioni, nei sentimenti e nella sesualità ai tempi della rete.
Narcisismo e dipedenza affettiva
è diventato un’argomento trattato spesso in modo improprio ma con frequenza da post compulsivi su social come instagram, tik tok, e per gli anziani su facebook, tanto che gli studenti ne hanno conoscenza ma poca consapevolezza; abbiamo quindi insieme esplorato un bisogno fondamentale, quello di amare ed essere amati, di ricevere e dare attenzioni, della necessità della sessualità, del vuoto affettivo che può generare l’incastro perfetto tra questi due disturbi della personalità che ai tempi dei social espone sempre più i fragili alla frode sentimentale e alla manipolazione dell’amore simulato. Le storie da raccontare (storytelling) sono importanti per comprendere il fenomeno, specie quelle vere; per fortuna nessuno degli studenti aveva da raccontare qualcosa a riguardo, ma è stato necessario metterli in guardia per comprendere le radici di entrambi i disturbi, per non diventare dipendenti o mostri affettivi poichè ci sono gli strumenti per prevenire questi modi infelici di vivere. Si è letto, in modo interattivo, un breve estratto di un testo in pubblicazione: “Mentecatti dell’Amore, tra narcisimo e dipendenza affettiva“, dove dipendenti affettivi e narcisisiti si raccontano. La lettura attiva richiede il focalizzarsi sulle sensazioni che il corpo ci rimanda in dissonanza con quello che la mente ci dice nelle relazioni tossiche di questo tipo:
“L’angoscia è una sensazione, un’emozione genuina, non mente, non la puoi creare o simulare, la senti nella pancia, nello stomaco, ti morde il petto ma è sincera. L’angoscia mi ha salvata. Erano i tempi del gaslighiting dopo il love bombing, dell’amore unico della sua vita, delle promesse che già in modo premeditato non sarebbero state mantenute, ma io ci credevo, volevo crederci perché ne avevo bisogno e lui lo sapeva, mi aveva scelta per questo, in un momento di mia sofferenza dopo la morte di una persona cara, scartando immediatamente la sua amante precedente, senza un minimo di rimorso, ma questo me lo disse con sfacciataggine solo dopo, quando incominciò a centellinare anche con me, nel tentativo continuo di umiliarmi. Dovevamo fare insieme un lavoro importante , eravamo attesi, così lo andai a prendere a casa sua dove viveva con la moglie; programmò tutto attentamente per farmela incontrare, cosa che avevo sempre accuratamente evitato; sulla porta volevo raccogliere il materiale usato nei giorni precedenti, ma lui me lo tolse di mano, disse che avevamo una buona mezz’ora, perché sprecarla? Così mi accompagnò per mano in camera da letto, era tutto premeditato e preparato, la solita copertina sulle lenzuola per non sporcare o lasciare tracce, questa volta si era risparmiato le candele profumate, sarebbero state sprecate, era molto attento all’economia e al suo denaro, non lavorava e si faceva mantenere da sua moglie, paventando soldi che aveva da parte in un fondo oramai in esaurimento; il suo denaro lo spendeva in vestiti costosissimi di cui era pieno il suo armadio
[…]
Duró poco, giusto per non perdere l’ennesima occasione, la moglie era appena andata al lavoro così come mio marito. Anche se cognitivamente non comprendevo, la mia anima e il mio corpo urlavano. Ancora non sapevo chi era, ma qualcosa mi mise in guardia, provavo un forte senso di colpa per mio marito che lui non provava affatto per sua moglie, in seguito mi avrebbe chiesto di uscire tutti insieme, cosa che io evitai all’ultimo momento con una scusa banale, un malore di mio marito; sarebbe stato imbarazzantissimo essere seduti insieme allo stesso tavolo, ascoltando la stessa musica, mentre di lui era chiaro il piacere che provava al solo pensioro di quella situazione per me imbarazzante; diceva che le famiglie si dovevano conoscere per mascherare meglio la verità dietro una frequentazione più assidua. Così, per istinto, guidata da quel costante malore alla sua vicinanza, unita a un’attrazione attentamente indotta, feci copia di ogni nostro messaggio elettronico che ci scambiammo, di ogni singolo vocale che riuscii a recuperare dal primo giorno della relazione, anzi da un po’ prima; avrei dovuto fidarmi, ma l’istinto mi diceva altro, e questo un giorno mi salvò, perché rileggendo tutto e riascoltando ogni vocale mi resi conto di essere stata un’attrice in una commedia da lui sceneggiata e scritta, copia di tante altre che aveva già diretto. I suoi messaggi whatsapp diventavano man mano più spiazzanti, dall’amore assoluto al disprezzo, dal massimo coinvolgimento alla freddezza totale, ma oramai ero presa, tranne che decisi di colpo di lasciarlo, e questo provocò le sue ire, mi scrisse ogni cattiveria concepibile dal suo cervello malato, per poi ripescarmi più volte, ogni volta che lo lasciavo si autoconvinceva di averlo fatto lui, a volte ci ho creduto anche io, ma rileggendo la nostra corrispondenza emergeva un’altra verità.
[…]
A un certo punto scoprii che si portava a letto altre tre donne, e non solo non lo negó, per poi negarlo dopo, ma me lo disse e me lo scrisse anche con l’intento di umiliarmi e per provare quanto fosse forte la sua presa; rileggendo la corrispondenza non mi riconosco nelle mie risposte, ma ero io, completamente plagiata, ma ero io. Li conservo quei messaggi, nel tentativo di dare un senso alla storia li ho stampati tutti, non sono bastate tre risme di fogli; forse tra qualche anno lì butteró via. Nel frattempo, prima dell’ultimo incontro, mi ero giá rivolta a un terapeuta, il quale mi fece anche incontrare con un legale, non della mia città, che aveva subìto in prima persona quel trattamento e che teneva conferenze per aiutare le donne come me; m’istruirono sui comportamenti da tenere e cosa dire o non dire e come difendermi dai potenziali futuri attacchi e dalla vendetta che inesorabilmente sarebbe arrivata; a volte cadevo nell’Amore che portavo e che lui invece fingeva, cosa che mi scrisse divertito senza nasconderlo. Tutto questo mi portó a una seria dissonanza cognitiva, non fui capace di lavorare per molto tempo, il che mi danneggiò anche economicamente.
[…]
Non so che fine abbia fatto, non m’interessa, ai tempi contattó diverse persone diffamandomi, molti mi passarono le copie delle chat dove scriveva cose orribili di me, false e deliranti, le conservo ancora ma non ho mai voluto usarle contro di lui, non meritava e non merita le mie attenzioni, nemmeno quelle negative. Che fine ha fatto? Non ne ho la minima idea e non m’interessa né nel bene né nel male, a ognuno il suo destino. Alcuni conoscenti mi dissero che per vendetta mostrò alcuni dei nostri messaggi, solo una parte ben composta, per apparire come vittima agli occhi della moglie che così se lo tenne più stretto, simuló una crisi profonda e fu compatito e trattato come un re dai suoi familiari, istigò la moglie a vendicarsi contro di me. Qualcosa fece, ma nel mio cuore avevo pietà per lei, la sentivo vicina come una sorella ancora più ferita di me, in fondo io mi ero svegliata e avevo visto, lei era presa tra le reti.
[…]
Sua moglie, circa un anno fa, fermó mio marito per strada e gli consegnò un plico: una quarantina di pagine stampate con alcuni dei nostri messaggi, d’istinto avrei voluto denunciarlo e iniziare una guerra legale, ma non ne valeva la pena, avrei solo fornito carburante all’ego grandioso ma vuoto del “mio” narcisista; mio marito però rispose, e pretese un appuntamento dove le consegnò più di duemila pagine stampate con tutti i nostri messaggi e l’intera nostra storia umiliante, mi disse che l’abbracciò e le offrí un caffè, mi ha sempre risparmiato i particolari. Non ne ho saputo più nulla, pettegoli più che amici mi dissero che lui riprese nascostamente la sua folle corsa ad ostacoli, addirittura smise di tingersi i capelli per sembrare redento. Non verificai mai nulla, non m’interessava più. Semmai ritornasse ho una rete di persone che mi amano e che mi vogliono bene, che mi proteggono anche se non ho più bisogno di protezione, quantomeno da lui. Ora mi conosco, conosco i miei bisogni, le mie debolezze e non le colmo più con finzione e vanità, non le colma nemmeno mio marito, con lui cresco, ma non è la mia metà, non è la storia fandonia della fiamma gemella che il demente mi propinava, mio marito è un uomo completo, può fare a meno di me come io posso fare a meno di lui, ma insieme siamo oggi più di due persone che soddisfano i loro bisogni. Molto di più. Ci amiamo e teniamo alla felicità uno dell’altro, ci emozioniamo per le piccole cose, a volte ci annoiamo, a volte ci arrabbiamo, abbiamo progetti, facciamo l’amore e non solo sesso e questo ci fa crescere, se ci guardiamo non c’è pretesa di cambiarci, ci conosciamo bene, siamo come siamo, è una storia semplice. Questa è la magia, non le fandonie che inventano questi bimbi dispettosi nel corpo di adulti”.
L’angoscia, la dissonanza cognitiva, il dolore fisico che manifesta quello emozionale: abbiamo capito con i ragazzi, che l’Amore quello vero, i sentimenti quelli sani, fano stare bene, possono finire ma fano stare bene; se vi fa male, se il partner vi tratta male, se non vi permette di essere quello che siete, se vi sentite costretti, allora scappate. Non siete vili se lo fate ma futuri uomini e donne al servizio uno dell’altro nella crescita comune, poi s’inciampa ma per fortuna ci si rialza e qualcuno che ci aiuta nel sollevarci c’è sempre. Chiedete aiuto, vi sarà sempre dato.
Mi raccomando… ricordatevi gli esercizi per conoscervi, sono fondamentali.
Onorato di avervi serviti ragazzi e ragazze del Maria Pia
Dott. Egidio Francesco Cipriano
Fotografie scattate dallo studente Samuele Avitabile 3bsC fornite per la pubblicazione dai referenti del progetto