Dibattito al Meeting di Comunione e Liberazione sul tema “Il ruolo dei partiti oggi“. Dibattito tra i leader dei partiti di oggi. Alla fine ognuno ha detto la sua su argomenti di ogni genere, dall’ Afghanistan all’emigrazione, dal caso Durigon a quello del ministro Lamorgese.
Ma cosa sono diventati oggi i partiti? ma ci sono ancora i partiti come li abbiamo conosciuti dal dopoguerra fino ai primi anni 90?
La nostra Costituzione che sostiene in modo chiaro gli enti intermedi ( es. art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale), ai partiti dedica l’art. 49 Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
Nel tempo si è discusso sul significato di “con metodo democratico“. L’interpretazione letterale farebbe intendere che tale metodo sia da riferirsi al solo momento della competizione elettorale. I costituenti potrebbero aver ritenuto pleonastico però specificare che i partiti, in quanto tali, debbano anche essere organizzati “con metodo democratico”; del resto l’ Art. 1 dice chiaramente che “L’Italia è una Repubblica democratica….”; nessuna forma organizzativa può esimersi dall’uniformarsi a questo primo fondamentale postulato.
I partiti della cosiddetta “Prima Repubblica“, almeno formalmente, erano strutturati con modelli democratici; e soprattutto erano strutturati!
Come classico esempio di formazione sociale intermedia, in un sistema di democrazia rappresentativa, i partiti rappresentavano il momento di collegamento tra la popolazione e le istituzioni.
Nei partiti si formava la classe dirigente; già si formava! I circoli, le sezioni, erano la sede deputata al confronto di idee, al dibattito da cui emergeva la sintesi, si definivano le linee politiche.
I candidati per le varie competizioni erano “uomini e donne di partito” formati nelle sezioni.
C’erano una volta i congressi, quelli veri, dove si confrontavano le varie mozioni. Si eleggevano i segretari.
Sappiamo bene come non tutto era proprio ispirato al reale confronto libero e incondizionato; quale fosse il rapporto tra le tante “correnti interne“; nessuna difesa a oltranza di quel sistema, che, piaccia o non piaccia, giusto o non giusto, la storia ha di fatto bocciato. Non certo però per le modalità con cui erano organizzati i partiti ma per la condotta di gran parte del loro “management“.
Venne “Mani Pulite“, su cui gli storici avranno molto da studiare e far riflettere, e nacquero i partiti personali. Oggi possiamo affermare che tutti i grandi movimenti politici sono legati ad un leader, nel 99% dei casi NON ELETTO.
L’ultimo baluardo, forse più formale che sostanziale, era rappresentato dal PD, dalle sue primarie, pur tanto discusse, che con la cooptazione di fatto di Enrico Letta ha attraversato il Rubicone. In ogni caso i circoli, le sezioni, sono solo un vecchio ricordo sbiadito.
La politica oggi è social, è comunicazione. Comunicazione asincrona! il “consenso” si misura con i like, e , in ogni caso, si forma sui singoli individui. Soprattutto a livello locale si nota come il frequente cambio di casacca, sempre “sofferto“, e “alla ricerca di nuove motivazioni” di un singolo personaggio sposti tutto il suo elettorato.
Non è più richiesto formarsi, né sul piano strettamente culturale, né su quello della conoscenza specifica del sistema politico ed istituzionale. Le elezioni politiche del 2018 rappresentano il paradigma di come oggi si intenda la “partecipazione“; chi ha vinto le elezioni ha formato le liste con qualche click, con l’idea di sostituire la classe politica “professionista” con il semplice “cittadino“, quello dell'”uno vale uno“.
I mezzi utilizzati, o meglio le modalità con cui vengono utilizzati, possono differenziarsi ma il metodo è lo stesso per tutti ormai. Non si fa più affidamento sulle scuole di politica ma piuttosto sulle agenzie di comunicazione. Più sulla SEO (Search Engine Optimization) e sull’ “engagement” misurato su Instagram.
La conseguenza è che non c’è più una reale attività di partito. Non è solo questione di logistica, di sedi chiuse, di confronto online. Gli eletti ( intesi come rappresentanza istituzionale) con il loro potere di veto (pardon di voto!) sono i veri protagonisti della vita politica e incidono ( soprattutto a livello locale) sulle varie posizioni assunte nell’ambito delle diverse amministrazioni.
E ciò dipende proprio dal “reclutamento” in fase di composizione del liste. Prima, come si è detto, le liste nascevano dai partiti attraverso un’attenta selezione tra soggetti formati e preparati. Oggi si rincorre il personaggio di turno, quello che al momento può “portare voti”, a prescindere da ogni altra valutazione. E così capita che l’ “eletto” (sempre inteso come candidato vincitore!), detti legge e, laddove non siano soddisfatti i suoi interessi, o del gruppo che rappresenta, vada alla ricerca di “nuovi stimoli”
Sicuramente questa analisi potrebbe non essere condivisa da chi oggi è protagonista dell’agone politico; e, sia chiaro, non c’è l’intento di generalizzare. Ma che il sistema politico vada attenzionato al fine di ricondurre la rappresentanza ai veri valori costituzionali, è un fatto acclarato. Si può discutere sul come ma non sulla necessità che ciò avvenga.