Una riflessione di P. Ambrosios, sacerdote ortodosso
È POSSIBILE PARLARE DI ETERNITÀ’ E DI GLORIA IN TEMPI DI CORONAVIRUS?
Il momentaneo, anche se prolungato, tempo di sofferenza e di dolore provocato da questo Coronavirus, ci permette pause di riflessione di ascolto della Parola di Dio nella lettura personale, di preghiera intensa e magari solitaria. Ritornano spesso, nella mia mente, le parole dell’Apostolo Paolo che scriveva ai cristiani di Roma: «Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,18). Il fine ultimo dell’uomo, di ogni tempo, di ogni fede e di ogni latitudine, è la ricerca continua delle felicità, come bene ultimo cui protende il suo cuore. Tutte le forze, sia fisiche che mentali, sono indirizzate al soddisfacimento di questo desiderio. Il cristiano, tuttavia, comprende che tutto ciò potrà realizzarsi in un orizzonte di eternità, di “gloria futura”. Questo tempo che ci è dato per grazia di trascorrere su questa terra, fatto di gioie, di dolori, di momenti felici ma anche di sofferenze, non è che il preludio o la preparazione a questa “gloria futura”.

Allora ciascuno di noi è chiamato a vivere questi giorni di fatica, di pericolo, di morte, con la consapevolezza che non tutto finisce “qui e ora”, ma – continua Paolo nella stessa lettera – «La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,19-21). È questa attesa di speranza, di verità, di rivelazione che fa grande l’uomo come creatura voluta da Dio, salva e gloriosa. Saremo liberati dalla corruzione della nostra carne, dalla caducità del nostro essere, per ritornare “deificati” nella Gloria. Ora a noi il compito di attendere con fiducia nella preghiera, cosi come noi ortodossi, in questo tempo di Digiuno, preghiamo con il grande e sublime Inno Akathistos alla Madre di Dio: «Grande e inclita Madre, Genitrice del sommo fra i Santi, Santissimo Verbo, degnati ora di accogliere il canto! Preservaci da ogni sventura, tutti! Dal castigo che incombe Tu libera noi che gridiamo: Alleluia!». Il cristiano vive la certezza, già in questa vita, dell’anticipazione della “gloria” nella Divina Eucaristia; vive la vicinanza di Dio, che è con noi sempre, come Logos incarnato, che si è fatto amico dell’uomo, medico delle anime e dei corpi. L’uomo d’oggi, assorbito dalla scienza e dalla tecnica, forse è ricaduto nel peccato d’origine dei progenitori, di fare da sé, senza Dio. Questo tempo, invece, ci ricordi la nostra fragilità, la nostra incapacità di sostenerci da soli senza la grazia di Dio, di agire etsi Deus non daretur, di ergersi con superbia costruendo torri di Babele. Riconoscendo in umiltà la nostra vera natura, fragile e caduca, potremo allora accogliere la mano del Signore che si protende verso di noi e ci risolleva. Allora anche noi, con Lui, potremo gioire nella Pasqua eterna e cantare, come i nostri Padri, alla Madre di Dio: «O Madre ci Dio, o invitta protettrice, noi, tua città, salvati da terribili sciagure eleviamo a Te inni di vittoria e di ringraziamento Tu, che possiedi potenza invincibile, liberaci da tutti i mali e noi grideremo a Te: “Rallegrati Vergine Sposa!”
P. Ambrosios, ieromonaco Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta
Foto: P.Ambrosios con il Priore del Prioratus Templi Hierosolimitani Mikaelis, organizzazione neo templare, il dott. Raffaele Sepe