Dopo la condanna di alcune testate per il caso Vendola molti oggi “l’avevano detto”
Che il garantismo, principio costituzionale, oltre che morale!, identificabile nel precetto contenuto nell’ art. 27 C. “…L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva” (si badi bene: si parla di imputato non di indagato!), sia spesso soggetto a improbabili interpretazioni che passano dalle larghe maglie dei propri filtri culturali, è un dato ormai acquisito.
Siamo ormai abituati a repentini cambi di valutazione in funzione degli interessi di parte. Si è garantisti a fasi alterne o con intensità diversa, quando garantisti invece lo si è, sempre e senza gradualità.
In questi giorni assistiamo ad una forma nuova di garantismo quella ” a posteriori”. L’occasione è data dalla condanna di alcune testate giornalistiche che avrebbero strumentalizzato una intercettazione dell’allora governatore di Puglia Nichi Vendola.
Senza generalizzare ovviamente; c’è chi, soprattutto colleghi di partito, lo ha sempre difeso. Ma c’è anche chi scopre solo oggi di essere stato sempre convinto del più che limpido comportamento di Vendola. Le sentenze, si sa, non si commentano, e se le testate sono state condannate evidentemente la verità giudiziale dice che c’è stata strumentalizzazione. Ma si tratta di sentenze che giudicano il reato di diffamazione perché si era impropriamente collegato la risata di Vendola alle morti di cancro. Oggettivamente difficile da credere. La risata era invece certamente riferita al modo con cui il responsabile delle relazioni esterne di Riva, con “scatto felino”, aveva sottratto il microfono ad un collega che provava a fare una domanda. Ognuno è libero di ridere di ciò che vuole come ognuno è libero di formarsi delle opinioni e anche di esprimere valutazioni di natura morale.
Siamo convinti che in futuro si ripeteranno casi analoghi. In particolare per il processo “Ambiente Svenduto” potrebbero ripetersi simili circostanze. A carico di alcuni, allora solo indagati, si è scatenata come sempre la gogna mediatica.
C’è chi ha pagato duramente provvedimenti particolarmente “severi”; chi si è visto stroncare la carriera politica. Abbiamo motivo di credere che alla fine la conclusione del processo riserverà più di qualche sorpresa.
Allora più che segnalare oggi il proprio “io ho sempre pensato che..” sarebbe più utile mantenere sempre un comportamento più sereno; i giornalisti sono giustamente sottoposti ad una rigida disciplina, ad un codice deontologico e a norme stringenti. Ma molto spesso rispondono, che sia giusto o meno, alle attese dell’opinione pubblica, quella per intenderci che riempie le pagine dei social in totale e troppo spesso impunita libertà.