L’approssimazione arrogante. Il dilettantismo amministrativo. Per precise responsabilità del sindaco, Rinaldo Melucci. Non esiste alcuna strategia, progetto, visione nel governo della cosa pubblica.
La seconda città pugliese è, di fatto, allo sbando. In balia di eventi, consorterie amicali, gelosie caratteriali. L’attuale amministrazione somma fallimenti su fallimenti, dopo soli 11 mesi dal suo insediamento. Continuando di questo passo, non osiamo immaginare cosa ne sarà di Taranto al termine di questa legislatura qualora – e speriamo vivamente di no per tutti i tarantini – dovesse espletarsi per intero. Queste sono le conseguenze quando la sola gestione del potere diviene l’orizzonte ideale di una classe dirigente che avrebbe difficoltà serie se si cimentasse con l’amministrazione di un condominio, figuriamoci poi con una città di 200 mila abitanti. Grande e complessa, linea di discrimine tra una certa idea di futuro e la vischiosa conservazione del presente.
L’ultima trovata di Melucci ha poi dell’incredibile, qualcosa che sovverte il normale – e fisiologico – procedere dei sistemi democratici, cosi come sono andati sviluppandosi nell’Occidente liberale e pluralista. Chiamare dei militari, così come si sente dire in giro, alla testa delle municipalizzate è qualcosa che ci porta indietro nel tempo, a periodi poco edificanti della nostra storia contemporanea. La moralità pubblica, la scelte etiche da caldeggiare sempre e comunque, non hanno bisogno di gesti estremi. Dei tutori del momento. Di modalità che ammettano, in maniera esplicita, come più di qualcosa non vada per il verso giusto nella vita pubblica di questa città.
Quando i buoi sono scappati dalla stalla ha poco senso chiudere i cancelli della stessa. Chiamare un guardiano perché vigili su ciò che è sfuggito al controllo da diverso tempo ormai. Lo spettacolo poco brillante nella gestione di Kyma Ambiente ha come unici responsabili il sindaco di Taranto e gli amministratori di quella società, tutti saldamente al proprio posto nonostante i disastri emersi in questi ultimi mesi.
Quando i fallimenti sono politici è la politica, solo la politica, che deve trovare le risposte giuste, le contromisure tempestive, gli accorgimenti concreti per autoriformarsi. Altro che militari e altre stupidaggini del genere spacciate per chissà quale trovata geniale. Siamo seri, per favore. Stiamo facendo ridere di noi l’intero Paese. Melucci, e il suo cerchio magico, prima vanno a casa e meglio è per tutti noi. L’attuale fase storica merita ben altro, molto più, che una bulimica occupazione delle poltrone. La cuginanza elevata a dottrina politica.
Pierfilippo Marcoleoni
Coordinatore cittadino “Noi con l’Italia-Noi moderati”