Tecnologie informatiche come ausilii comunicativi e alla vita (prima parte)
Le nuove tecnologie, se ben utilizzate, rendono sempre più efficaci i servizi e le attività di riabilitazione e di vita indipendente delle persone diversamente abili. Queste rimangono trasversali e di supporto per un’innumerevole insieme di attività e applicazioni: dalla progettazione di nuovi e più efficienti ausili dediti al movimento indipendente alla teleriabilitazione, così come alla socializzazione e risocializzazione ed empowering della persona con diversa abilità. La diversa abilità o disabilità, come più comunemente definita, si riveste però di una connotazione culturale che varia localizzandosi nel tempo e nello spazio all’interno di culture nazionali e subculture locali.
Disabilità
La stessa parola disabilità è entrata nell’uso comune solo di recente, basti consultare un dizionario dei tardi anni ’80, come ad esempio la diciottesima edizione del “Dizionario della Lingua Italiana” a cura di G. Devoto e G.C. Oli, per scoprire la totale assenza del lemma disabilità o dell’aggettivo disabile, a favore della presenza dell’aggettivo di derivazione anglosassone “handicappato” con una definizione di appena settanta caratteri. In effetti, comprendere ed assimilare in una cultura il concetto di divers’abilità non è stato e non è un facile compito. Nell’attuale società dell’informazione, uno dei punti di riferimento che crea nuova cultura, in modo condivisibile o meno, è la rete, con la sua massa d’informazioni proteiforme che ha una delle sue caratteristiche espressioni in Wikipedia, l’enciclopedia libera e collaborativa, che non aspira ad un ruolo scientifico e normativo, ma a quello di espressione democratica della “percezione comune delle cose”; nella versione Italiana alla voce “disabilità” si può leggere che “La disabilità è la condizione personale di chi, in seguito ad una o più menomazioni, ha una ridotta capacità d’interazione con l’ambiente rispetto a ciò che è considerata la norma, pertanto è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale (handicap). Non esiste attualmente, a livello internazionale, un’univoca definizione del termine, anche se il concetto di disabilità è stato dibattuto in occasione della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, redigendo un documento finale approvato dall’Assemblea Generale il 25 agosto 2006.”

La storia
Nel corso dei secoli, nelle varie culture occidentali che si sono avvicendate, il concetto e l’immagine, della disabilità e della persona disabile sono stati definiti e hanno in parte definito e dato vita a degli atteggiamenti mentali ben precisi. Il cammino e l’evoluzione del concetto è stato lento, e per molti versi non ancora completo, su di un percorso che ha lasciato spesso molte vittime sulla strada che porta all’abilità diversa ma efficace. Da Platone che nella sua “città ideale” proponeva di accettare solo i figli di uomini e donne migliori e di rinchiudere i bambini malformati in un luogo oscuro e separato con la chiara intenzione di farli morire al più presto; passando per le legittimazione dell’infanticidio dei figli minorati di Aristotele e non dimenticando il “monstrum” di Cicerone che doveva essere immediatamente ucciso in quanto non umano (“conta formam umani generis” dal diritto Romano). D’altro canto in alcune epoche storiche ha prevalso nei confronti delle persone disabili un atteggiamento sacralizzante: queste persone “anormali” erano a volte considerate mediatrici tra l’uomo “normale” e le forze soprannaturali. Nel medioevo, con un andamento tipico del tempo, il più delle volte i bambini disabili venivano soppressi alla nascita e quando sopravvivevano conducevano un’esistenza che non aveva nulla di umano.
Il primo controverso seme della futura accettazione culturale della persona diversamente abile all’interno del tessuto sociale viene piantato con l’avvento dell’industrializzazione, che porta però palesemente con se la concettualizzazione dell’eliminazione delle vite considerate non degne di essere vissute; nei primi anni del ventesimo secolo inizia ad essere sostenuta con argomentazioni quali la sofferenza che le persone con gravi disabilità provocano ai parenti e il danno economico che il prendersi cura di loro comporta per gli Stati. Così tra Eugenetica Nazista con il programma eutanasiaco Aktion T4 e le progettate sterilizzazioni di massa negli USA degli ultimi anni ’40 si riesce comunque ad individuare l’altro, diverso ma esistente, sinanche da eliminare e privo di qualsiasi titolarità di diritti o doveri, ma pur esistente. Questi passi dolorosi e indegni, sicuramente evitabili , seppur di difficile se non rimossa memoria, rimangono di recente cronologia.
Dott. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo Informatico
Bibliografia
- Lifton Robert J. (2003) I medici nazisti. La psicologia del genocidio. Milano: BUR – Biblioteca
Universale Rizzoli. - Gitta Sereny (1974). Into that Darkness. From Mercy Killings to Mass Murder. Pimlico. Ristampato
(1983) come Into That Darkness: An Examination of Conscience. New York: Vintage - Abraham H J. (1982) Freedom and the Court. Civil rights and liberties in the United States of
America. New York-Oxford: Oxford University Press
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