Perché può essere sciolto un Comune e da chi proviene la decisione? L’articolo 143 del testo unico degli enti locali indica la fattispecie da osservare.
Tra chi sostiene che il caso Decaro sia solo politico – quindi originatosi da una volontà del centrodestra di affossare l’amministrazione di centrosinistra prima delle europee – e chi osserva la procedura in maniera asettica, quindi libera da qualsivoglia volontà politica, occorre far chiarezza partendo dalla base, la norma che permette di sciogliere un Comune.
Separiamo la vicenda in due blocchi distinti. A livello locale interviene la legge penale, che con le indagini in atto ha il compito di valutare se possano sussistere, da parte dei soggetti coinvolti, eventuali ipotesi di reato. Questa è una prima fase che opera su singoli individui, al di là delle cariche che ricoprono. Una seconda fase, disciplinata dall’art. 143 TUEL (Testo unico degli enti locali), opera a livello solo preventivo e non sanzionatorio, per valutare se nel Comune possano sussistere elementi tali da ipotizzare l’esistenza di una infiltrazione di tipo mafioso o tale da non permettere la prosecuzione delle attività politiche.
Queste due legislazioni possono operare insieme, ma sono distinte. Tanto è vero, che benché si speculi politicamente sulla vicenda, elementi probatori hanno condotto – ben prima che si originasse il caos – a due arresti e un ammontare di circa 130 indagati. Da lì l’apertura di una Commissione d’accesso per valutare l’ipotesi di scioglimento del Comune.
Ab origine la norma ha subito un primo controllo dalla Corte Costituzionale, che ne ha decretato la piena legittimità. Lo scioglimento causato dall’esito dell’indagine è una extrema ratio volta proprio a permettere di salvaguardare la funzionalità dell’amministrazione pubblica. Si vuole quindi interrompere un rapporto di convivenza con eventuali clan mafiosi.
Ma come funziona lo scioglimento? È intanto disposto da D.P.R (Decreto del Presidente della Repubblica), su proposta del Ministro dell’Interno e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Questo accade al termine dell’accertamento del Prefetto sul territorio, incaricato di valutare se possano sussistere le condizioni precedentemente riportate.
Condizione dello scioglimento è l’esistenza di elementi «concreti, univoci e rilevanti» su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori locali (sindaci, anche metropolitani, presidenti delle province, consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, presidenti, consiglieri e assessori delle comunità montane, etc.) o su «forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali».
Quando siamo in presenza di situazioni particolarmente urgenti, ben prima dello scioglimento il prefetto può sospendere temporaneamente (non oltre i 60 giorni) gli organi dalla carica ricoperta, nominando dei commissari per assicurare la gestione dell’ente.
Tra gli effetti dello scioglimento, nuove elezioni e incandidabilità temporanea, oltre che la cessazione dalla carica di tutti i detentori di ruoli elettivi e di governo, nonché la risoluzione di tutti gli incarichi dirigenziali a contratto, salvo il rinnovo degli stessi da parte della commissione straordinaria.
Sul controllo di legittimità, merita un cenno la giurisprudenza della Cassazione, che ha ritenuto palesemente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione all’art. 143, che si configura come misura interdittiva temporanea volta a «rimediare al rischio che quanti abbiano cagionato il grave dissesto possano aspirare a ricoprire cariche identiche o simili a quelle rivestite e, in tal modo, potenzialmente perpetuare l’ingerenza inquinante nella vita delle amministrazioni democratiche locali», oltreché ad «evitare il ricrearsi delle situazioni che la misura dissolutoria ha inteso ovviare, e a salvaguardare così beni primari dell’intera collettività nazionale» (Cass. civ. n. 1747 del 2015).
Cosa comporta quindi l’applicazione della procedura di scioglimento? La nomina di una commissione straordinaria per la gestione dell’ente, “composta di tre membri scelti tra funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza.”