Carrabba: “Le imprese agricole hanno aderito, ma la burocrazia rende tutto incredibilmente lento”
«Siamo alla vigilia delle grandi campagne di raccolta, ma il decreto emersione per agevolare la regolarità dei rapporti lavorativi in agricoltura è stato un fallimento. C’è un’atavica lentezza nel disbrigo delle pratiche da parte delle Prefetture e degli uffici dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro. In questo modo non si aiutano né gli imprenditori agricoli né i lavoratori».
Con l’arrivo della stagione dei raccolti, come ha evidenziato il presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia Raffaele Carrabba, si fa più pressante la necessità di meccanismi agili e di procedure efficienti che agevolino il corretto ed efficiente rapporto tra l’offerta e la domanda di lavoro.
La questione riguarda soprattutto i lavoratori stranieri, ma non solo.
Secondo una ricerca dell’Osservatorio Conti Pubblici dell’Università Sacro Cuore, le misure in favore dell’emersione attivate nel decreto Rilancio di un anno fa non sono riuscite a raggiungere tutta la platea dei potenziali beneficiari. Alla fine, le domande pervenute al Ministero dell’Interno ammontano complessivamente, e per tutta Italia, a 207mila, di cui soltanto 30.694 per il settore agricoltura.
«È dall’occupazione che occorre ricominciare, altrimenti gli effetti degli investimenti da realizzare con il Recovery saranno grandemente depotenziati – ha aggiunto Carrabba – Si prenda l’agricoltura: siamo il comparto che dà più lavoro a giovani, donne e immigrati, ma non veniamo messi nelle condizioni ottimali per assumere e creare nuova occupazione».
Secondo lo studio realizzato dall’Osservatorio dell’Università Sacro Cuore, “la ragione per cui non si è raggiunta l’intera platea di beneficiari va probabilmente rintracciata nella mancanza di adeguati incentivi economici rispetto al solo rilascio del permesso di soggiorno, che interessa solo i lavoratori extracomunitari che non lo abbiano già ottenuto, e nella previsione di requisiti amministrativi stringenti”.
Il bicchiere, insomma, è da vedersi mezzo vuoto, «anche se – ha aggiunto Raffaele Carrabba, presidente di CIA Puglia – l’adesione delle imprese agricole è stata abbastanza alta, con domande che fanno emergere e regolarizzano poco meno del 70% delle situazioni in qualche modo da sanare. In questo come in altri casi è la burocrazia che non aiuta e limita gli effetti positivi di una misura che pure riconosciamo come utile. Occorre che sia a livello nazionale che regionale la politica operi una riflessione libera da pregiudizi sul lavoro in agricoltura. Il comparto primario è la prima industria della Puglia. Le imprese agricole danno lavoro stabile a 112.890 lavoratrici e lavoratori, vale a dire al 12% del totale degli occupati nelle aziende pugliesi di ogni settore iscritte alle Camere di Commercio. Se ce ne danno le possibilità, se liberano e sostengono le nostre capacità produttive, quei numeri possono essere anche notevolmente incrementati e con buona occupazione. Per fare questo, è fondamentale che le istituzioni, ad ogni livello, s’impegnino con noi per superare i meccanismi perversi che troppo spesso schiacciano il comparto, determinando prezzi iniqui, erodendo il reddito e umiliando la funzione e il lavoro sia degli imprenditori agricoli sia dei lavoratori».
La stragrande maggioranza delle 77.207 imprese agricole pugliesi produce lavoro rispettando le regole, i contratti e i sacrosanti diritti di donne e uomini che lavorano fianco a fianco con gli imprenditori. L’agricoltura non è il settore del caporalato, ma il comparto all’interno del quale si realizza quell’integrazione dei nuovi italiani sulla quale andrebbero spese meno parole e concretizzati più fatti da parte della politica”, ha affermato il presidente di CIA Puglia.