Si può educare senza punire? Questa domanda ha riassunto in una sola espressione uno dei quesiti più dibattuti in campo processuale. Compito del diritto, infatti, è non solo quello di poter porre dei limiti ma anche educare. Espressione più chiara sarebbe – come espresso dalla nostra Costituzione – rieducare.
La rieducazione è stata il tema principale del convegno organizzato dall’Università di Bari, che ha trattato il Decreto Caivano (convertito in legge il 15 novembre 2023) alla luce di riflessioni giuridiche e sociali.
Nell’aula Starace del palazzo di Giurisprudenza ha introdotto il dibattito il prof. Andrea Lovato, direttore del dipartimento. Segue la dott.ssa Susanna Marietti, curatrice del rapporto sulla giustizia minorile dell’associazione Antigone, prof.ssa Marilena Colamussi, docente di diritto processuale minorile presso l’ateneo di Bari, dott. Nicola Petruzzelli, direttore dell’istituto penale per i minorenni di Bari, dott. Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone.
Cosa tratta il decreto Caivano? Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile. Ad illustrare i dati statistici sul sovraffollamento carcerario, l’associazione Antigone.
“L’associazione Antigone nasce nel 1991. Si occupa di garanzie per i diritti umani nell’ambito della giustizia minorile. Siamo stati autorizzati a visitare le carceri per il nostro rapporto sulla giustizia minorile. Attualmente vi sono 190 carceri per adulti e 17 per i minori” – ha affermato la dott.ssa Marietti.
L’obiettivo è individuare la ratio del Decreto Caivano, mettendo in luce un interrogativo: il Decreto ha un ruolo significativo in tema di sovraffollamento di minori in carcere?
Secondo la dottoressa si. Le statistiche hanno dimostrato che ad un maggior sovraffollamento nelle carceri minorili non corrispondesse necessariamente un aumento dei reati. Il decreto Caivano giocherebbe quindi un ruolo cruciale.
La riforma ha toccato dei nodi fondamentali. Primo tra tutti quello in ambito cautelare. La maggior parte degli ingressi di minori in carcere è a fine cautelare. Il secondo ha modificato i trasferimenti nelle carceri per adulti. La presenza nelle carceri minorili è costituita dalla fascia di età 14 – 18. In presenza di una pena detentiva più lunga era possibile trattenere la persona detenuta fino all’età di 25 anni, per non interrompere bruscamente un percorso di rieducazione.
Oggi il decreto ha affidato più autorità ai direttori delle carceri, facilitando le condizioni per un trasferimento.
La professoressa Colamussi ha illustrato l’aspetto più processuale e tecnico della legge. Il decreto è composto da 25 articoli e 124 commi, suddivisi in 4 capi. Il primo capo tratta delle disposizioni nel comune di Caivano, alla luce del triste fatto dell’estate 2023 nell’omonimo comune campano. Gli altri tre capi recano misure per il contrasto alla criminalità giovanile. Tra queste, l’allargamento del daspo urbano per i minori di età compresa tra 14 e 18 anni, con la conseguente estensione dell’avviso orale del questore contenuto all’interno dell’art.2 del codice Antimafia. Adesso infatti, il questore potrà imporre ai soggetti coinvolti il divieto di possedere alcuni beni, tra cui telefoni cellulari, apparati di comunicazione radiotrasmittente, ecc…
Saldo l’intervento di Nicola Petruzzelli, direttore dell’IPM (Istituto penale minorenni) di Bari. Primo problema è chiedersi l’impatto finanziario della misura. “Chi emana una legge deve interrogarsi sull’impatto finanziario che provoca” – ha affermato Petruzzelli. Un altro aspetto importante riguarda la discrezionalità del giudice. Ha sostenuto infatti: “I minori non entrano in carcere. Vanno in comunità o vengono accompagnati a casa, c’è l’udienza di convalida del fermo e poi vanno direttamente in comunità educativa. Il giudice ha adesso la possibilità di revocare la misura, o aggravarla senza avere un limite e rapportando l’aggravamento in base alla gravità dei comportamenti”.
Non è mancata una riflessione in ambito sociologico. “Io sono contrario al carcere. Non è sicuramente con l’inasprimento delle pene che otteniamo qualcosa. È il dialogo a risolvere le problematiche. Detenuto non è un sostantivo. È un participio passato oppure un aggettivo. Non sono detenuti. Sono persone detenute”.
A chiudere il convegno la parola di Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone. “Il diritto penale deve essere previdente, essere in grado di vedere prima”. Gonnella parla di rieducazione e di tutti quei principi cardine esposti in “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria. L’aspetto più importante nella visita di un istituto penitenziario minorile è quello delle celle. Queste, più che altre stanze, rappresentano la quotidianità della vita delle persone detenute.
Abbiamo rivolto una domanda volutamente provocatoria al dott. Petruzzelli: “Secondo lei il decreto Caivano è un passo in avanti o indietro sul piano legislativo?” – È il naturale flusso di un pendolo che oscilla tra un sistema forcaiolo e uno ipergarantista. È l’Italia.”