I Test Associativi e la Psicanalisi
In Jung il concetto d’isteria prendeva essenzialmente la forma di una dissociazione in due gruppi delle rappresentazioni intrapsichiche, adottando quindi uno schema tipico di Janet, dove l’affetto gioca un ruolo determinante, mentre il complesso egoico perde la sua funzione di controllo durante il processo delle associazioni. Le rappresentazioni emozionalmente cariche acquisiscono un certo grado di autonomia che causa un certo grado di scissione della coscienza, seppur non radicale, in due parti. Il complesso egoico viene associato con il corpo, una sorta di solido substrato, mentre il complesso autonomo e interferente, si comporta come una sorta di entità aliena che non recide mai completamente la connessione con il complesso egoico, rimane però indiretta, in quanto se fosse diretta irromperebbe sulla scena del conscio. Partendo da questo schema, Jung integrò quindi due nozioni Freudiane: la prima colta osservando i contenuti dei complessi autonomi che si esplicitavano spesso in una natura disturbante o a sfondo tipicamente sessuale; la seconda nell’adozione del simbolismo che Freud evidenziò nel suo “Interpretazione dei Sogni”. In questo contesto Jung era comunque principalmente concentrato sull’utilità dei suoi test associativi per rintracciare i contenuti dissociati nei pazienti isterici. L’approccio Psicoanalitico fu quindi introdotto al Burghölzli nelle sue prime forme, così come sarà poi possibile leggere nel testo “Osservazioni sperimentali sulla facoltà di memoria” (1905), dove Jung presenta i risultati di un test associativo somministrato ad un paziente che si era “sottoposto al trattamento psicoanalitico”. Il caso riguardava un musicista che era in qualche modo ossessionato dal pensiero e dalle paure di non essere in grado di eseguire dei pezzi musicali in qualità di solista. L’analisi mise in evidenza che un precedente fidanzamento rotto improvvisamente e una serie di eventi amorosi funesti avevano preceduto la comparse di tali pensieri. Nulla è più citato nel testo sul tipo di analisi, Jung si focalizza invece sui test associativi somministrati che fecero venire a galla del materiale sommerso permettendo al paziente d’individuare in autonomia alcune cause delle sue tribolazioni riguardo l’auto-invalidazione delle sue capacità di musicista solista, comunque in relazione con i fatti che riguardavano le sue relazioni amorose.
Idee represse
Nel 1906 Jung pubblicò un articolo “Psicoanalisi ed esperimento associativo”, dove descrisse un caso di nevrosi ossessivocompulsiva, che trattò nel Giugno del 1905. Anche qui diviene subito evidente la differenza tecnica e metodologia tra Freud e Jung: difatti quest’ultimo utilizzò da subito i test associativi nel tentativo non vano di rintracciare immediatamente e con efficacia i complessi repressi (si noti che qui Jung incomincia a scrivere comunque di repressione) e solo in seguito introdusse il processo psicoanalitico . L’analisi completa di questo caso durò solo tre settimane, per due ore al giorno. Risulta qui di estrema importanza comprendere il concetto di analisi da parte di Jung; al momento la sua metodologia mirava ad individuare da subito le “idee represse”, senza legarsi in modo anche fideistico ad una metodologia. Era disposto ad utilizzare le associazioni libere così come i suoi test associativi senza apparente preclusione di sorta, anche se continuava a costatare che i test associativi risultavano più veloci nella maggior parte dei casi
Sogni?
Un ulteriore articolo degno di nota “Associazione, sogno e sintomo isterico”, dove Jung scrive di un caso che riguardava una sua paziente ventiquattrenne che trattò dal primo Ottobre al ventuno Dicembre 1905. La paziente soffriva di una costante sensazione di caldo insopportabile, che la portava a rinfrescarsi in continuazione con acqua ghiacciata anche in presenza di una temperatura esterna di undici gradi centigradi; inoltre rifiutava d’ingerire carne così come pretendeva che la sua guarigione sarebbe stata possibile solo attraverso la perdita di sangue dal suo naso. Jung somministrò una serie di sei test associativi, dopo ogni somministrazione veniva chiesto alla paziente di raccontare cosa le fosse venuto in mente laddove dimostrava delle reazioni. Durante le sedute di analisi, Jung prestò notevole attenzione ai contenuti dei sogni della paziente. Nel caso particolare si verificò una convergenza dei risultati provenienti dai test associativi con quelli dell’analisi, mettendo in evidenza dei problemi di carattere sessuale. In definitiva si palesò che il disturbo si era stabilito durante l’età puberale, quando la paziente in uno stato d’intenso tono emozionale aveva letto su di una rivista molto popolare che i metodi migliori per imbrigliare il desiderio sessuale fosse quello di non mangiare carne e lavarsi in continuazione con acqua gelata. Per quest’ultimo episodio, Jung sembra sposare le tesi e la metodologia Freudiana, in special modo in una interpretazione dei sogni della paziente, dove si rifà pienamente al simbolismo di gatto, cani e topi che rappresenterebbero la passione. Vi è poi un estrema attenzione ai particolari, tipica di Freud, oltre che una citata trasposizione dal basso verso l’alto del corpo. Nonostante questo, Jung porta le teorie Freudiane all’interno della sua cornice teorica e non viceversa, risulta infatti qui ancora incapace d’integrare pienamente il senso e le implicazioni del principio Freudiano della repressione, intendendola come una sorta di conversione nel probabile tentativo d’integrare il pensiero di Freud e Janet con la sua cornice teorica. A riguardo è rilevante una nota a piè di pagina presente nell’articolo “I tempi di reazione nell’esperimento associativo” (1905):
“Il concetto di repressione, che ho usato in molte occasioni nelle mie analisi, richiede una breve spiegazione. Nei lavori di Freud questo concetto (che in ogni caso il senso della parole indica da se stessa) ha un carattere di funzione attiva, frequentemente una funzione della coscienza. Nell'isteria, comunque, si può avere l'impressione che la repressione equivale alla dimenticanza deliberata. Con soggetti normali può, comunque, essere più passiva "uno scivolamento sullo sfondo"; almeno qui la repressione sembra essere qualcosa d'inconscio, a cui si può solo indirettamente attribuire il carattere di qualcosa di voluto o qualcosa di desiderato. Se, tuttavia, parlo di reprimere, o meglio, cancellare, questo può essere preso come una metafora dalla psicologia del conscio. In sostanza si tratta della stessa cosa, perché obiettivamente non importa in un modo o nell'altro se un processo psichico è conscio o inconscio”
Differenze
Rileggendo questi testi in retrospettiva e alla luce degli ultimi lavori di Freud, risulta più che evidente che Freud e Jung sin da prima del loro incontro seguissero strade e vie tra loro diverse. Le Teorie di Freud si erano formate fondamentalmente alla luce del fenomeno della resistenza che incontrava nei sue pazienti, in “Studi sull’Isteria”, chiarisce che la sua esperienza con la resistenza lo aveva portato ad abbandonare qualsiasi credo in una disposizione patologica come spiegazione per l’isteria, individuando la repressione come la causa prima. Freud ponendosi la domanda sul perché del porsi in essere della repressione, trovò risposte coerenti con la coeva cultura, evidenziando elementi quali la proibizione e la tendenza alla perfezione; Jung non perse mai la sua fede nell’esistenza di una predisposizione patologica alla base dei fenomeni isterici, continuando a cercare risposte nelle deficienze della costituzione degli individui
continua …….
Dott. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo Informatico
Foto di Gordon Johnson da Pixabay
Bibliografia
- JUNG C.G., “I tempi di reazione nell’esperimento associativo”, in Opere, Bollati
Boringhieri, Torino 1987 - JUNG C.G., Simulazione di malattia mentale, Boringhieri ed., 1978.
- FREUD S., Neuropsicosi della difesa, in Progetto di una psicologia e altri scritti 1892-1899,
Torino, Bollati Boringhieri, 2002 - FREUD S., Interpretazione dei Sogni Edizione Integrale, Bollati Boringhieri, 2011
- P. JANET, L’automatisme psychologique (1889). L’Harmattan, Parigi, 2005.
- DOMHOFF , G. W. (2000), Similarities and Differences Between Freud and Jung