Freud compreso da Jung ?
Durante lo sviluppo dei test associativi, Jung possedeva una certa familiarità solo con alcuni scritti di Freud e da questi ne ricavò talune considerazioni da integrare con le sue pratiche, si parla qui di “Studi sull’Isteria”, “L’interpretazione dei Sogni”, e “Psicopatologia della vita quotidiana”, solo nel 1906 ricevette gli “Scritti Brevi sulla teoria delle Nevrosi”, alla cui luce dei contenuti appaiono sempre più evidenti le differenze dei particolari punti di vista dei due studiosi. Comparando i concetti di Freud con quelli di Jung, è chiaro ed evidente che quest’ultimo fa continui riferimenti a Janet e alla sua cornice teorica per la comprensione dell’isteria; Freud al contrario si allontana quasi da subito da Janet, seguendolo solo inizialmente di concerto con Breur sino al 1892 e attaccandolo apertamente nel suo articolo “L’ereditarietà e l’etiologia delle nevrosi” dove dissente dal concetto Janetiano d’isteria come fenomeno di degenerazione di condizioni preesistenti. Per Freud l’essenza dell’isteria scaturisce principalmente dal difendersi da rappresentazioni insopportabili, anche se non abbandona completamente la teoria a cui anche Breur aderiva, delle condizioni ipnotiche, per cui le nevrosi traumatiche continuavano a permanere come entità autonome. Riguardo le rappresentazioni, v’è da chiedersi il motivo della loro insopportabilità e in che modo venivano evitate, e con quale risultato ?
Insopportabile rappresentazione
Nel periodo in esame, Freud rispose solo alla prima domanda, affermando che una rappresentazione era insopportabile in quanto riferita ad una situazione già insopportabile di fatto semplicemente spostando il problema. Negli scritti “La neuropsicosi da difesa” (1894) e “Studi sull’isteria” (1895), Freud delineò le deviazioni per cui un meccanismo di difesa riuscisse a neutralizzare una rappresentazione dolorosa; proprio qui appare la teoria degli affetti, per cui una rappresentazione dolorosa porta con se una certa carica affettiva, con l’implicazione che solo rimuovendo o rilocando la carica si poteva ottenere una neutralizzazione convertendo anche l’affetto in una condizione somatica. La conseguenza di questa conversione era l’isteria. L’affetto poteva essere anche spostato su altre, meno indesiderabili rappresentazioni provocando ossessioni e fobie. Nello scritto “Studi sull’isteria”, utilizzando numerosi casi, Freud vuole dimostrare come i sintomi possano riferirsi alle originali rappresentazioni che erano in seguito neutralizzate. Ideò quindi il metodo della “pressione” per rintracciare e ripristinare l’affetto nel giusta posizione, solo in seguito l’affetto avrebbe potuto essere scaricato o lasciato fluire seguendo la correttezza del pensiero associativo.
Doppia funzione?
Freud scoprì durante la sua pratica psicoanalitica che i sintomi presentano una doppia natura, quello del nascondere così come del rappresentare una o più rappresentazioni cariche affettivamente. Per spiegare questa dualità, Freud sviluppò la teoria del affetti, che risultava essere per lui intrinsecamente connessa con i meccanismi di difesa, come da lui è chiaramente esposto alla fine dello scritto “Neuropsicosi della difesa”:
"Vorrei, infine, soffermarmi per un momento sull'ipotesi di lavoro di cui ho fatto uso di in questa esposizione delle nevrosi di difesa. Mi riferisco al concetto che nelle funzioni mentali qualcosa deve essere distinto -. una quota di affetto o somma di eccitazione - che possiede tutte le caratteristiche di una quantità (anche se non abbiamo mezzi per misurarlo), che è capace d'incremento, diminuzione, spostamento e scarica, e che si sviluppa su le tracce mnestiche delle idee un po' come un carica elettrica si propaga sulla superficie di un corpo "
Qui viene esposto un approccio agli affetti totalmente differente da quello di Jung o Bleuler, in quanto per loro l’affetto era una reazione generalizzata dell’organismo, la loro considerazione sull’affetto lo dipingeva come una forza dinamica connessa con le rappresentazioni sciolte che permetteva la combinazione e la loro correlazione, creando entità di ordine maggiore e in definitiva la suprema unità conosciuta come ego. Nel pensiero di Jung si Sostanzia l’insegnamento, anche indiretto, di uno dei suoi primi maestri Theodor Ziehen, che definiva la trasferenza come uno straripare della carica delle rappresentazioni nei gruppi correlati. Jung sviluppò la sua teoria degli affetti, per spiegarsi come l’unità della psiche venisse originata come risultante delle singole
rappresentazioni. L’affetto in questo contesto viene considerato la forza legante dell’organismo psichico. Il suo approccio risulta essere fondamentalmente diverso da quello di Freud che ha utilizzato l’affetto come una rappresentazione ausiliaria onde poter concettualizzare il fenomeno della difesa che si esplica nella neutralizzazione ed isolamento di taluni rappresentazioni all’interno dell’intera psiche. Risulta quindi chiaro, che per Jung integrare il concetto di difesa nel suo schema concettuale, fosse in qualche modo una reale forzatura, in quanto lo stesso concetto che l’affetto si potesse staccare da una rappresentazione minava le fondamenta delle sue conoscenze.
Difesa, repressione e sogni
Parlare di difesa e repressione, per Jung, significava utilizzare un linguaggio figurativo per indicare una deficienza come causa dell’esclusione di una rappresentazione dal campo psichico. V’è da sottolineare che inizialmente Jung era fermamente convinto di aver correttamente compreso le nozioni di repressione e difesa ,interpretandoli come delle “metafore dal punto di viste del conscio”. Visto che Jung basò probabilmente le sue interpretazioni sui soli testi di Freud sopra menzionati, in particolar modo su “Studi sull’isteria”, che trattava della censura, la sua mal comprensione è in qualche modo comprensibile, cosa non con condivisibile però con la pubblicazione dell’ “Interpretazione dei Sogni”; in quest’ultimo testo Freud costruisce le sue argomentazioni sul fatto che i sogni possono apparire come un’unità significativa se interpretati come sintomi. I sogni sembravano essere la realizzazione di desideri nascosti. La ragione per cui un desiderio doveva essere nascosto veniva rintracciata nella tendenza a scongiurare quel desiderio particolare. Questo spiega la censura applicata a quel desiderio e la rappresentazione distorta del suo contenuto nel sogno. A causa di questa distorsione, Freud concluse che i sogni erano il prodotto di due forze opposte. Da una parte, vi era la tendenza ad esprimere un desiderio attraverso il sogno, dall’altra la censura che impediva l’espressione palese di quel desiderio. Così la censura sembra essere una funzione che ha il privilegio di consentire o negare l’accesso alla coscienza. Freud definì questa consapevolezza in un modo molto particolare:
“Vediamo il processo di una cosa che diventa cosciente come un specifico atto psichico, distinto e indipendente dal processo di formazione di una presentazione o idea, e noi consideriamo la coscienza come un organo di senso che percepisce dei dati che emergono altrove.”
l divario tra Freud e Jung è qui molto evidente, qui la censura non può più essere intesa come un’attività intenzionale del complesso dell’Io che sopprime le categorie inutili ed inferiori delle associazioni, in quanto considerata come una delle due tendenze nella psiche che si troverebbero in opposizione l’una all’altra. Il ruolo direttivo della coscienza viene quindi ridimensionato ad un mero osservatore che potrebbe solo aggiungere un ulteriore aggiustamento al eccanismo base di auto-regolamentazione dei due sistemi in conflitto secondo il principio del dispiacere
L’inconscio spartiacque
Jung e Freud avevano anche una concezione differente dell’inconscio, per il primo, l’inconscio consiste di un gioco sfrenato di associazioni che affiorano non appena l’influenza contenitrice del complesso egoico si attenua; per il secondo l’inconscio è la conseguenza della repressione, difatti nel suo testo “Studi sull’Isteria”, Freud affermava che una rappresentazione repressa doveva originariamente essere conscia, poiché solo una rappresentazione conscia potrebbe essere insopportabile per la coscienza, causando un conflitto. Il fatto che una rappresentazione diventi inconscia è quindi la diretta conseguenza della soluzione del problema, sostanziatasi nella neutralizzazione della carica affettiva contenuta nella rappresentazione insopportabile per mezzo dello spostamento o della conversione. La soluzione non è però realmente definitiva, in quanto il sintomo prende il posto del conflitto, mentre il conflitto si trasferisce nel campo dell’inconscio, non diminuendo d’intensità. A riguardo l’obbiettivo di Freud era quello di riportare l’inconscio nella coscienza. Solo allora il conflitto potrebbe realisticamente essere risolto. Per Freud quindi era importantissimo distinguere tra conscio e inconscio. Un importante aspetto di questa distinzione riguarda la costante attività dell’inconscio che continua anche a lavorare su vecchie tracce mnestiche
Differenze
In definitiva, in questo periodo le differenze tra Freud e Jung si esplicano in un quadro dove, da una parte Freud parte dal fatto che il sintomo e il sogno si riferiscono a qualcosa d’indesiderabile anche celatamente, che viene da Freud interpretato come una conseguenza di un conflitto tra un desiderio e un corpo che lo vincola e contiene. Il sogno e il sintomo si realizzano come un compromesso. La loro funzione è quella di catturare la carica affettiva che è stata dragata dalla rappresentazione insopportabile. Si tratta, in sostanza, di un meccanismo di difesa che viene concepito come un modello energetico di investimento e disinvestimento. Jung vedeva le cose in modo differente; in condizioni normali, la carica affettiva che era relazionata con ogni rappresentazione, si sforza di comunicare con le altre rappresentazioni, così da poter originare l’unità della psiche con il complesso dell’ego che ne occupa la parte centrale. Comunque, quando un gruppo di rappresentazioni diventa eccessivamente carico dal punto di vista affettivo, questo assume le caratteristiche di un complesso autonomo in competizione con il complesso egoico. Da questo processo si origina la dissociazione.
Prodromi della rottura
Le diverse modalità e punti di vista teorici determineranno le loro future discussioni e rotture. Più tardi le riflessioni sul perché della presenza dei fenomeni di difesa e della censura, portarono Freud al tema della proibizione con l’elaborazione o scoperta del complesso Edipico. La riflessione di Jung sul perché una carica operasse in alcuni casi in modo associativo ed in altri dissociativo , non lo portò molto lontano dal concetto di disposizione. Dal punto di vista Freudiano, l’inconscio era una conseguenza di una tendenza a nascondere. Per Jung tuttavia, l’inconscio proveniva da una decomposizione dell’ego, una sorta di regressione in una forma non organizzata. La sua ulteriore preoccupazione era quella di studiare come l’ego emergesse o riemergesse da questo regno dell’inconscio. Osservando superficialmente i punti di vista dei due studiosi può a volte apparire che avessero le stesse opinioni: contenuti carichi affettivamente formavano il nocciolo della neuropsicosi e l’inconscio possedeva il suo proprio linguaggio di vaghi paragoni e metafore. Cosa rende però chiara la distinzione tra i due è l’attitudine di Jung verso il fenomeno dello spostamento. Mentre per Freud rimaneva essenziale la distinzione tra isteria e la nevrosi ossessivo compulsiva, il problema non toccava minimamente Jung, tranne che per una breve menzione in “Psicoanalisi ed esperimento associativo”. Ancora nell’ “Interpretazione dei Sogni” Freud sottolineava spesso l’importanza dello spostamento, ritirandosi dalla sola interpretazione simbolica. Il sognatore deve esprimere ed articolare le sue associazioni; in questo modo, si potrebbe verificare
come il sogno si unisca sia al materiale recente che a quello in definitiva indifferente. Per Freud non esiste una chiave universale d’interpretazione dei sogni11, solo quando il filo delle associazioni non portava da nessuna parte, Freud concedeva lo spazio per l’interpretazione simbolica. Jung al contrario, sosteneva che i sogni dimostravano che l’inconscio era saturo di simbolismi, come un regno di pensiero inferiore che opera con analogie vaghe. Vi sono in questo periodo diversi temi del lavoro di Freud che Jung non ha mai citato e a cui non si è mai riferito; da prima c’è da considerare la connessione che Freud stabilì con l’infanzia, evidenziano il ruolo importante della sessualità di questi anni.
Il tema della sessualità infantile
Ulteriori elementi sul complesso di Edipo possono essere già rintracciati nella “Interpretazione dei Sogni”, dove si evidenzia la sub-struttura psicologica che Freud sviluppa nel settimo capitolo, di cui Jung sembra essere poco partecipe e poco influenzato. Riguardo la sub-struttura teorica, lo stesso Jung affermava che la sua teoria dei complessi fosse molto più ampia rispetto la visione di Freud. Il soprassedere di Jung sulla tematica della sessualità espressa da Freud, risulta più che comprensibile, in quanto seppur citata frequentemente in “Studi sull’Isteria” e nell’ “Interpretazione dei Sogni”, la sessualità infantile occuperà il pieno pensiero di Freud solo molto dopo nei “Tre saggi sulla teoria sessuale” e negli “Scritti brevi sulla teoria della nevrosi” Quando Jung divenne cosciente di questi concetti nel 1906, dimostro notevoli difficoltà ad accettarli, anche se lui stesso scrisse in “Ricerche sperimentali sulle associazioni di individui normali”, che:
"la maggior parte dei complessi operativi negli esperimenti associativi erano in relazione con la sessualità diretta o trasposta”
oltre alla nota in cui affermava
"la stragrande maggioranza dei complessi che abbiamo scoperto nei nostri soggetti sono erotici. In considerazione del grande ruolo giocato dall’amore e dalla sessualità nella vita umana, questo non è sorprendente”
Quello che Jung realmente parve non comprendere fu che per Freud, era più che un frequente contenuto fattuale dell’inconscio. Le affermazioni più esplicite di Jung riguardo l’argomento furono scritte nel 1906, all’inizio della collaborazione con Freud, in “Psicologia della Dementia Praecox”:
,"io riconosco il complesso meccanismo dei sogni e dell’isteria, non vuol dire che attribuisco al trauma sessuale infantile la stessa esclusiva importanza che apparentemente Freud gli attribuisce. Ancor meno vuol dire che ponga la sessualità così prevalentemente in primo piano, o che le conceda l’universalità psicologica che Freud, pare, postulare alla vista dell’ammissibile enorme ruolo che la sessualità gioca nella psiche. Così come la terapia di Freud, non è necessariamente il meglio ma uno dei tanti possibili metodi, e forse non sempre offre in pratica quello che si aspetta dalla teoria. Tuttavia queste sono mere inezie rispetto ai principi psicologici la cui scoperta è il più grande merito di Freud; a loro i critici prestano troppa poca attenzione. Colui che vuole essere giusto con Freud dovrebbe prendere a cuore le parole di Erasmo: Unumquemque mossa lapidem, omnia experire, nihil intentatum relinque"
Dott. Egidio Francesco Cipriano
Psicologo Informatico
Foto di Egidio Francesco Cipriano
Bibliografia
- JUNG C.G., “I tempi di reazione nell’esperimento associativo”, in Opere, Bollati
Boringhieri, Torino 1987 - JUNG C.G., Simulazione di malattia mentale, Boringhieri ed., 1978.
- FREUD S., Neuropsicosi della difesa, in Progetto di una psicologia e altri scritti 1892-1899,
Torino, Bollati Boringhieri, 2002 - FREUD S., Interpretazione dei Sogni Edizione Integrale, Bollati Boringhieri, 2011
- P. JANET, L’automatisme psychologique (1889). L’Harmattan, Parigi, 2005.
- DOMHOFF , G. W. (2000), Similarities and Differences Between Freud and Jung